Non solo la guerra è “sporca”, ma il riarmo peggiorerà la crisi climatica.
Il riarmo in corso nei Paesi della Nato potrebbe aumentare le emissioni globali di gas serra di quasi 200 milioni di tonnellate l’anno. È quanto sostiene lo studio dell’Osservatorio sull’ambiente e i conflitti (Ceobs) dal titolo “Soaring global military spending threatens global climate action”.
Il rapporto, pubblicato in esclusiva dal quotidiano britannico Guardian, lancia l’allarme sull’impatto ambientale delle spese militari record – 2.460 miliardi di dollari (oltre 2 miliardi di euro) nel 2023. Non solo, lo studio denuncia un pericoloso scollamento tra sicurezza a breve termine e crisi climatica a lungo termine.
Inoltre, se la spesa nel settore difesa è aumentata in tutte le regioni del mondo, la crescita è stata rapida in Europa e in Medio Oriente, conseguenza diretta delle guerre in Ucraina e a Gaza. La spesa militare in Europa (inclusa la Russia) è aumentata del 17% raggiungendo i 693 miliardi di dollari, dando il maggiore contributo all’incremento globale nel 2024, sottolineava il mese scorso l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri).
Nel frattempo, proprio questa settimana la Commissione europea ha annunciato che l’Ue è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi del 2030 di riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55%, un trampolino di lancio verso il raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. “È lecito chiedersi come queste due affermazioni possano coesistere; l’Ue sta analizzando i progressi sulla base dei Piani Nazionali per l’Energia e il Clima (PNEC), che in genere non includono il contributo delle forze armate alle emissioni: ancora non lo stiamo calcolando correttamente”, evidenzia il Ceobs.
Tutti i dettagli.
COS’È IL CEOBS
Il Conflict and Environment Observatory (Ceobs) è un’organizzazione non governativa con sede nel Regno Unito che si occupa di monitorare e analizzare gli impatti ambientali dei conflitti armati e delle attività militari.
Tra gli obiettivi principali del Ceobs figurano: documentare i danni ambientali causati dalla guerra e dalle esercitazioni militari, promuovere la trasparenza e l’accesso alle informazioni sull’ambiente in aree colpite da conflitti, fornire consulenza a governi, organizzazioni internazionali e Ong su come integrare la protezione ambientale nel diritto umanitario e nelle politiche di pace e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’interconnessione tra ambiente, sicurezza e diritti umani.
IL RIARMO PEGGIORERÀ LA CRISI CLIMATICA
Per ogni dollaro investito in nuovo equipaggiamento, non c’è solo un costo in termini di emissioni di carbonio, ma anche un costo opportunità per una potenziale azione climatica, afferma il recente studio del Ceobs. Secondo i dati, i conflitti armati sono ai massimi storici dal 1945. Se poche forze armate sono trasparenti sull’entità del loro utilizzo di combustibili fossili per gli apparati militari, i ricercatori stimano che collettivamente siano già responsabili del 5,5% delle emissioni globali di gas serra.
Si prevede che questa cifra aumenterà con l’intensificarsi delle tensioni in diverse regioni e con gli Stati Uniti, per decenni il maggiore investitore militare al mondo, che indicano di aspettarsi che i loro alleati della Nato dedichino risorse significativamente maggiori alla difesa.
Tra tutte le funzioni degli stati, le forze armate sono quasi unicamente ad alta intensità di carbonio, sottolinea il Guardian. “Innanzitutto, con le attrezzature che acquistano, che consistono principalmente in grandi quantità di acciaio e alluminio, la cui produzione richiede un’elevata intensità di carbonio”, ha affermato Lennard de Klerk, dell’Iniziativa sulla Contabilità dei Gas Serra della Guerra, altro coautore dello studio.
“In secondo luogo, durante le operazioni, gli eserciti sono molto mobili. E per spostarsi utilizzano combustibili fossili: gasolio per le operazioni a terra e cherosene per quelle aeree. Oppure, per le operazioni marittime, utilizzano principalmente gasolio, se non sono alimentate a energia nucleare”.
Dopodiché, De Klerk precisa che “Abbiamo scelto la Nato perché è la più trasparente in termini di spesa. Quindi non è che vogliamo concentrarci in modo particolare sulla Nato, ma semplicemente perché hanno più dati disponibili”.
AUMENTO DELLE EMISSIONI PER L’UE CON L’AUMENTO DELLE SPESA MILITARE
Prendendo a prestito la metodologia di un recente studio che sosteneva che ogni punto percentuale di aumento della quota del Pil destinata alla spesa militare avrebbe portato a un aumento delle emissioni nazionali compreso tra lo 0,9% e il 2%, i ricercatori del Ceobs hanno stimato che uno shock di spesa di due punti percentuali avrebbe portato a un aumento annuo, in tutta l’Unione, di 87-194 megatonnellate di anidride carbonica equivalente (CO₂e) all’anno, segnala ancora il Guardian.
Secondo i ricercatori non solo un aumento così significativo delle emissioni avrebbe sovralimentato il collasso climatico, ma l’aumento delle temperature globali avrebbe danneggiato l’economia.
I CAMBIAMENTI CLIMATICI DIETRO A NUOVI CONFLITTI
Infine, il rapporto evidenzia anche come i cambiamenti climatici alimentino indirettamente nuovi focolai di guerra, come dimostrano i casi del Darfur e dell’Artico.
“C’è una seria preoccupazione per il modo in cui stiamo dando priorità alla sicurezza a breve termine sacrificando quella a lungo termine”, ha dichiarato Ellie Kinney, ricercatrice e coautrice dello studio. “Con questo approccio poco informato, si investe nella sicurezza militare attuale, aumentando le emissioni globali e aggravando la crisi climatica nel lungo periodo”, ha concluso l’esperta del Ceobs.