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Perché il socio Norges farà piangere Saras

La decisione del fondo sovrano norvegese Norges di vendere quote di Saras nuoce in Borsa al titolo dell'azienda della famiglia Moratti. Tutti i dettagli

A marzo c’era state le prime avvisaglie: il fondo sovrano norvegese, il più grande del mondo, dopo anni di tira e molla aveva deciso di avviare il piano per disinvestire dal settore petrolifero. Malgrado le intenzioni originarie fossero state decisamente annacquate (con la decisione di uscire solo dalle società che operano esclusivamente nel settore E&P), a distanza di sette mesi si cominciano a vedere gli effetti della decisione di Oslo, anche in Italia.

NORGES BANK DA’ L’ADDIO A SARAS

A farne le spese è Saras, l’azienda della famiglia Moratti che opera nella raffinazione e non nel settore estrazione. “Norges Bank ha ricevuto l’ok per poter vendere l’equivalente di 6 miliardi di dollari di azioni (5,4 miliardi di euro) del comparto petrolifero. Il fondo sovrano della Norvegia ha appena avuto l’autorizzazione dal governo di Olso per far uscire dal suo portafoglio 95 compagnie petrolifere”, ha scritto Milano Finanza citando una nota.

COME NASCE LA DECISIONE DEL MINISTERO DELLE FINANZE NORVEGESE

A prendere la decisione che Norges Bank renderà operativa è stato il ministero delle Finanze, come riferisce una nota del dicastero che spiega come siano state escluse, di fatto, dalla lista le major come Royal Dutch Shell, Bp e Total. “La decisione del ministero delle Finanze sulla definizione di società petrolifere e del gas è in linea con il parere della Norges Bank diffuso in una lettera dell’11 settembre 2019. Al momento della deliberazione del Parlamento sul libro bianco sulle scorte energetiche nel marzo di quest’anno, le società petrolifere e del gas upstream sono state definite come società classificate nel sottosettore ‘Esplorazione e produzione’. Da allora, il fornitore dell’indice ha rivisto le sue regole di classificazione. Ciò ha comportato, tra le altre modifiche, che le società precedentemente classificate nel sottosettore ‘Esplorazione e produzione’ venivano ridistribuite principalmente in due nuovi sottosettori: ‘Petrolio: produttori di greggio’ (Oil: Crude Producers, ndr) e ‘Raffinazione e marketing del petrolio’ (Oil Refining and Marketing, ndr)”.

SONO 95 LE AZIENDE CLASSIFICATE PRODUTTRICI DI GREGGIO

“A metà settembre in totale 95 società sono state classificate come ‘Oil: Crude Producers’ nel benchmark del Fondo. Queste costituivano circa lo 0,8 per cento del benchmark azionario corrispondenti a circa 54 miliardi di corone norvegesi”, cioè appunto 5,4 miliardi di euro ha evidenziato il dicastero di Oslo.

AD AGOSTO NORGES AVEVA RIDOTTO LA PARTECIPAZIONE AZIONARIA IN SARAS AL 2,82%

Dalle comunicazioni periodiche diffuse dalla Consob il 16 agosto scorso Norges Bank aveva ridotto la partecipazione detenuta nel capitale di Saras, portandola dal 3,01% al 2,82%. Naturalmente la notizia ha scosso il titolo in borsa.

IL COMMENTO DEGLI ANALISTI

“E’ un fatto negativo per Saras dal momento che Norges bank ha una quota del 2,8% della società italiana che potrebbe essere venduta”, ha spiegato Fidentiis aggiungendo che sul titolo l’istituto “ha comunque confermato un rating buy con un prezzo obiettivo compreso tra 1,8 e 1,9 euro”. Il broker ha poi ricordato che “a partire dal secondo semestre di quest’anno la società è teoricamente in grado di sfruttare le opportunità offerte dalla nuova normativa IMO-Marpol VI che dovrebbe portare a un aumento dei differenziali di crack diesel/gasolio, che rappresenta circa il 50% del rendimento dello yield”.

LA NORVEGIA E GLI IDROCARBURI: UNO DEI MAGGIORI PRODUTTORI MONDIALI

“La Norvegia – uno dei maggiori fornitori mondiali di combustibili fossili, con 1,9 milioni di barili al giorno di petrolio e 120 miliardi di metri cubi l’anno di gas – ribadisce inoltre di non aver alcuna intenzione di disinvestire dai giacimenti (in tutto ha interessi in 35 siti produttivi e 186 licenze), né prevede di ridurre la quota di controllo nella compagnia nazionale: Equinor – l’ex Statoil, che ha cambiato nome proprio per riflettere ambizioni ‘verd’ – è per il 67% di proprietà dello Stato, che nel 2019 si aspetta di ricevere 16,6 miliardi di corone di dividendi (1,7 miliardi di euro)”, si legge in un articolo del Sole 24 Ore.

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