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Energia Europa

Perché il gas libanese può essere un’opportunità per Eni, Snam e altre aziende italiane

Lo sfruttamento del gas libanese potrebbe essere un'occasione per Eni o Snam

Un eventuale successo dello sfruttamento del gas libanese sarebbe un’opportunità anche per l’Italia, innanzitutto perché le nostre aziende, non mi riferisco solo ai colossi Eni o Snam ma a tutte le Pmi che nel tempo si sono sviluppate attorno a loro, potrebbero vedersi commissionare quei lavori che in Italia ora sono negati. Ma anche perché il nostro Paese potrebbe ritagliarsi un ruolo centrale nel processo della ‘diplomazia del gas’.

Su quest’ultimo punto abbiamo precedenti importanti e illustri: l’attività di peacekeeping e l’impegno diplomatico dell’Italia sono stati elementi di primo piano nel tentativo di ‘normalizzare’ la situazione. E i volti legati a quell’impegno continuano a essere nella nostra memoria, da quello rassicurante degli anni 80 del generale Franco Angioni, a quelli di Romano Prodi che da presidente del consiglio ed ex presidente della commissione europea usò il proprio prestigio per fare sì che l’Ue fosse in prima fila nella missione di pace. E poi Massimo d’Alema, che scatenò polemiche per una passeggiata che fece a Beirut in compagnia di Hussein Hajj Hassan, deputato libanese espressione degli Hezbollah: dissolte le polemiche quella camminata contribuì al cessate il fuoco e a trovare nuovi equilibri di pace.

Un’Italia che voglia essere protagonista della geopolitica internazionale grazie alla diplomazia del gas, quando avrà un governo all’altezza ovviamente, potrà partire proprio dal Libano. Del resto, la posizione del Libano nel Mediterraneo orientale, come la storia dei Fenici insegna, con un buon accesso costiero e terrestre gli conferisce un vantaggio naturale per le esportazioni di gas.

Il confine con Israele è chiuso per vecchi e nuovi contenziosi ma il Libano ha altre opzioni per esportare il proprio gas. Le eventuali strategie dipenderanno ovviamente dalle dimensioni delle riserve, dalla domanda interna ed estera, dagli obiettivi che si porrà il governo, dal costo della produzione del gas nonché dalla disponibilità di finanziamenti per oleodotti o strutture Gnl per trasportare il gas verso i mercati più redditizi. La condivisione delle strutture di esportazione del GNL con l’Egitto, o potenzialmente Cipro, offrirebbe notevoli risparmi se si superassero gli ostacoli tecnici, commerciali e politici.

Lo sviluppo delle riserve di idrocarburi consentirebbe al Libano di ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio che nel 2012 costituivano oltre il 97% dell’approvvigionamento energetico primario totale. Nel 2013 le importazioni del Libano di petrolio e suoi derivati ammontavano a 5,11 miliardi di euro, pari all’11,4% del PIL. Permetterebbe, inoltre, di ridurre il debito statale stimato, nel 2014, al 146% del PIL. Il governo intende diversificare il mix energetico per rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento e sostenere i consumi interni ma la produzione di gas non è destinata ad iniziare prima della metà degli anni 2020.

Il gas naturale del Libano dovrebbe essere utilizzato inizialmente per soddisfare la domanda interna sostituendo l’olio combustibile nella produzione di energia. Se si scoprono quantità sufficienti a consentirne l’esportazione, questa potrebbe, in primo luogo, avvenire verso la Giordania e l’Egitto attraverso il gasdotto arabo (AGP) che in precedenza trasportava il gas egiziano in Giordania e Libano, mentre oggi potrebbe essere utilizzato per i flussi inversi in direzione di entrambi i mercati.

La strada che porterà il Libano a essere un Paese produttore di gas è comunque ancora lunga e serviranno molte decisioni complesse e difficili. Intanto il ministero dell’Energia ha promesso ‘piena trasparenza’ nella valutazione delle offerte di licenza e nell’aggiudicazione degli appalti che dovranno necessariamente favorire il Local Content. Ma non basta: Il Libano dovrà rivedere le normative in materia di appalti, la regolamentazione per l’ottenimento dei permessi, nonché delle pratiche doganali e adeguare le procedure ambientali e di sicurezza.

Ma l’obiettivo vale lo sforzo: lo sfruttamento delle riserve di gas potrebbe, in linea di principio, contribuire a far fronte alla domanda interna regionale e all’export offrendo una possibilità concreta di sviluppo economico e una conseguente stabilità che è sfuggita così a lungo non solo al Libano ma al Medio Oriente. Su questa linea è allineata anche la comunità internazionale, soprattutto l’Unione Europea, che è sempre alla ricerca di differenziare l’approvvigionamento energetico: L’Ue ha un forte interesse a garantire che la potenziale ricchezza di idrocarburi del Libano porti benefici al Paese e alla regione, perché sarebbe un elemento importante per ridurre le fonti di tensione. Insomma, il successo dello sviluppo dell’industria petrolifera e del gas oltre a portare benefici economici ad un Paese, più mercante che imprenditore, porterebbe anche benefici sociali e forse porterebbe a superare quelle divisioni tribali, religiose ed amministrazione debole che l’hanno caratterizzato nel passato.

Le sfide hanno appena iniziato a prendere forma e la difficile strada di Beirut per entrare a far parte del “club dei produttori di petrolio” è appena cominciata. I passi successivi saranno ovviamente seguiti da House of gas con molta attenzione…

(seconda puntata; la prima puntata si può leggere qui)

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