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Pil Germania

Perché i prezzi del gas sono alti e perché non è stato un successo il Consiglio Ue

Cosa non ha deciso l'Unione Europea sul tetto al prezzo del gas e cosa c'è da aspettarsi dal mese di novembre. L'analisi di Sergio Giraldo

 

“La settimana europea si è chiusa con il botto: al Consiglio europeo del 20-21 ottobre l’Italia ha strappato un clamoroso successo, avendo la meglio sui retrivi paesi del nord Europa. Il Consiglio ha infatti deciso di chiedere alla Commissione di elaborare una proposta sulla quale il Consiglio deciderà in merito alla creazione di un corridoio dinamico per il prezzo del gas, che è una vittoria di Mario Draghi perché ha già fatto abbassare le bollette degli italiani”.

Questa la fantasiosa sintesi della maggioranza dei giornali italiani dopo la chiusura del Consiglio europeo nel quale si è deciso, in realtà, nulla. Il celeberrimo tetto al prezzo del gas non c’è e se mai ci sarà, sarà inutile o, peggio, dannoso. La Germania porta a casa la solidarietà obbligatoria sui volumi di gas in casi estremi e gli acquisti comuni. Tutto il resto è aria fritta o poco più.

La verità è che l’Ue e i governi, non hanno alcuna soluzione credibile, tranne una. Tutti i marchingegni che l’Ue sta disperatamente cercando di raffazzonare sono palliativi, nel migliore dei casi, e autentiche sciocchezze nel peggiore. Quanto più il problema si va facendo complicato, tanto aumentano a Bruxelles i “nuovi” modi di affrontarlo, generando due problemi: da una parte si evita accuratamente di affrontare la radice del problema, dall’altra si gonfia la già pachidermica sovrastruttura europea con altri organismi, altri obblighi, altri “strumenti”, altri regolamenti. Per una istituzione che si vorrebbe liberale è la negazione di sé, ma soprattutto è la dimostrazione che di liberale in Ue non c’è proprio nulla. Al contrario, essa inizia a mostrare tutte le caratteristiche del Moloch burocratico, pianificatore e onnisciente, sul modello cinese.

L’unico modo concreto per far abbassare il prezzo del gas, l’unica soluzione, è creare un surplus di offerta, che generi una serie di posizioni lunghe tra produttori e fornitori, facendo scendere i prezzi. La realtà degli anni in cui il mercato europeo del gas funzionava regolarmente (tra il 2015 e il 2019, ad esempio) è stata proprio questa, tanto che il mercato europeo non ha risentito, all’epoca, del calo drastico dei flussi dalla Libia verso l’Italia, né si sono mai verificati picchi di prezzo in occasione delle normali fermate per manutenzione dei vari gasdotti. Questo perché c’erano flussi alternativi che potevano compensare, quelli russi in primis, ma anche LNG, che copriva il fabbisogno marginale in Europa. Si ricorda solo qualche giorno di turbativa in occasione dell’esplosione occorsa nel 2017 a Baumgarten, importante nodo gasiero austriaco, o in occasione del gelido Burian qualche anno fa. Per questo l’Italia fece, a suo tempo, una legge che istituiva la procedura di emergenza gas.

Nel corso dell’ultimo anno Vladimir Putin ci ha messo del suo, mettendo in difficoltà l’Europa intera diminuendo gradualmente i flussi di gas, ma non va dimenticato che è stata l’Unione europea a voler fare a meno del gas russo a partire dalla scorsa primavera. Ciò ha significato far scomparire 150 miliardi di metri cubi all’anno di offerta dal mercato. Come altro avrebbe potuto reagire il prezzo, se non alzandosi? Quell’offerta non può rivolgersi ad altre parti del mondo fuori dall’Europa, perché non ci sono le infrastrutture per deviarlo verso altre destinazioni, dunque il calo dell’offerta è diventato strutturale a livello mondiale e ha mantenuto alti i prezzi. Cosa ha fatto l’Europa per trovare questi 150 miliardi di metri cubi di gas che all’improvviso sono venuti a mancare? In ordine sparso, i singoli stati si sono mossi e hanno compensato con aumenti di import da gasdotto dalla Norvegia e dall’Algeria, e soprattutto con un aumentato import di LNG, segnatamente dagli USA. Poi sono andati in giro per il mondo a caccia di contratti, l’Italia con Eni in questo è stata più rapida di altri. Si tratta però di gas liquido che arriverà in Europa solo a partire dall’anno prossimo o addirittura dal 2024 e che richiede immediati e robusti investimenti in capacità di rigassificazione. Contando (per ingenuo calcolo) sul fatto che la Russia non avrebbe sospeso unilateralmente le forniture fintantoché il processo di cambiamento non fosse terminato, l’Europa ha iniziato a marzo a riempire gli stoccaggi a tappe forzate, spingendo la domanda verso l’alto e con questa i prezzi. Infatti il picco dei prezzi si è verificato a fine agosto, negli ultimi giorni di contrattazione dell’ultimo mese di gas “estivo” (settembre), che era quello marginale per riempire gli stoccaggi, e dopo che la Russia aveva bloccato il Nord Stream 1 per supposti problemi di manutenzione.

Data la decisione europea di rinunciare al gas russo, il surplus di offerta che servirebbe per far abbassare i prezzi oggi non si può creare agendo sul lato dell’offerta, su cui è stato fatto il possibile. Si può creare un surplus significativo che incida sui prezzi soltanto agendo sulla domanda, in particolare abbattendola di circa il 25% rispetto agli anni precedenti. Questo sanno benissimo a Bruxelles e questo infatti sta accadendo. La lunga discussione sui “rimedi” europei dura infatti da più di un anno e non ha portato nessun risultato concreto: i prezzi sono decollati da maggio ad agosto scorsi e questo ha scoraggiato l’industria dal consumare una materia prima che stava diventando un bene di lusso. L’infinito dibattito sul price cap è stato in fondo una manovra dilatoria per fare in modo che nel frattempo il mercato facesse pulizia delle aziende più fragili, piccole o grandi.

I prezzi del gas con consegne a breve termine oggi sono bassi perché la domanda langue (-22,5% la domanda industriale italiana a settembre rispetto allo stesso mese del 2021), gli stoccaggi sono ormai pieni e i riscaldamenti sono spenti, un po’ perché fa caldo e un po’ perché per legge devono restare spenti sino al 29 ottobre. Ma la curva dei prezzi forward non è scesa così tanto e, soprattutto, occorre vedere cosa succederà quando arriverà il freddo. Oggi il sistema gas europeo è in posizione lunga, perché il gas arriva ma la domanda è ferma. Dunque, le variabili da tenere sott’occhio dal mese prossimo sono le seguenti: temperatura, eventuali interruzioni o diminuzioni dei flussi di gas nei vari gasdotti, rispetto del piano Cingolani di abbassamento dei consumi e uso degli stoccaggi. Auguri a tutti, soprattutto al nuovo ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Ne avrà bisogno.

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