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Ex Ilva

Perché l’ex Ilva con Arcelor Mittal è una questione nazionale

Che cosa hanno detto i sindacati in un’audizione parlamentare sull’ex Ilva di Taranto. L’intervento di Guglielmo Gambardella, coordinatore nazionale Uilm

Il governo ha corretto l’abolizione dello «scudo penale» per gli attuali gestori degli impianti dell’ex Ilva, stabilita il 20 giugno scorso con il Dl crescita, introducendo dei correttivi «a scadenza» per evitare che dal prossimo 6 settembre gli impianti di Taranto smettano di essere operativi, come paventato dall’attuale proprietà, ArcelorMittal Italia, che li ha rilevati dall’amministrazione straordinaria. La correzione è arrivata con il decreto legge sul lavoro, approvato ieri sera, salvo intese, dal Consiglio dei ministri. (Redazione Start Magazine)

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È stato un doppio appuntamento istituzionale quello di ieri nella sede del Parlamento italiano tra i sindacati nazionali di Fim-Cisl Fiom-Cgil e Uilm-Uil ed i componenti delle Commissioni X e XI della Camera dei Deputati.

Audizioni richieste dagli stessi sindacati metalmeccanici a causa del precipitare, in particolare nelle ultime settimane, della situazione del gruppo ex Ilva passato dal 1 novembre scorso alla gestione della multinazionale ArcelorMittal.

Il leader mondiale dell’acciaio, con una produzione consuntivata nel 2018 di circa 96 milioni di tonnellate, 200.000 mila dipendenti nel mondo, oltre 100 milioni di dollari di fatturato, sotto il controllo della famiglia Mittal che ha accettato la sfida del rilancio del più grande gruppo siderurgico italiano, in particolare della sua acciaieria di Taranto, la più grande d’Europa.

Una sfida raccolta mettendo sul tavolo oltre 2,4 miliardi di euro di investimenti industriali ed ambientali e l’impegno al riassorbimento della forza lavoro di tutti i 13.000 lavoratori dell’Ilva con la risalita produttiva a 8 milioni di tonnellate annue.

Nella mattinata si è tenuta la riunione con la Commissione X della Camera dei deputati (Attività produttive, commercio e turismo) presieduta da Barbara Saltamartini. Nel Pomeriggio si è svolta quella con i rappresentanti dell’ufficio di Presidenza della Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) presieduta da Andrea Giaccone.

Un grido d’allarme che i sindacati hanno voluto lanciare anche ai parlamentari della Camera, dopo l’audizione della scorsa settimana tenutasi al Senato, esternando la crescente preoccupazione sulle prospettive industriali ed occupazionali dell’ex Ilva a seguito della revoca da parte del Governo dello “scudo legale” al management italiano di ArcelorMittal, dell’ultimo provvedimento della magistratura che ha ordinato lo spegnimento di uno dei tre altoforno attualmente marcianti a Taranto, il tragico incidente del 10 luglio scorso che ha evidenziato la fragilità degli impianti per troppi anni trascurati dalla gestione commissariale ed infine la crisi del mercato dell’acciaio in Europa manifestatasi a partire dai primi mesi di quest’anno.

Una molteplicità di condizioni critiche che porterà inesorabilmente alla chiusura dello stabilimento di Taranto ed alla fermata degli altri siti se non subentreranno chiari interventi risolutivi e l’assunzione di mirate decisioni a sostegno della continuità produttiva da parte del Governo.

Del resto, lo stesso capo di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, ha dichiarato le scorse settimane che il 6 settembre prossimo, in mancanza di una soluzione alla questione dell’immunità penale, lo stabilimento potrebbe chiudere perché nessuno sarebbe in grado di gestire il sito di Taranto, sia per la produzione che per gli interventi di ambientalizzazione, senza subirne conseguenze.

Il sospetto che ormai aleggia in diversi ambienti è quello che i vertici della multinazionale dell’acciaio vogliano approfittare di questi elementi di criticità per abbandonare la partita del rilancio dell’ex Ilva, a fronte di un peggioramento del mercato siderurgico, rispetto a quando decisero di procedere all’acquisizione dell’ex gruppo della famiglia Riva , chiedendone però il “conto” allo Stato Italiano per il mancato ritorno economico su quanto già investito .

“Sono in pericolo 20.000 posti di lavoro fra occupazione diretta e quella dell’indotto che ruota attorno agli stabilimenti di Taranto, Genova, Novi Ligure e degli altri centri di servizio” ha dichiarato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, nel corso del suo intervento alle due audizioni nel palazzo di Montecitorio.

“È in pericolo il posizionamento della nostra industria manifatturiera che in mancanza dell’acciaio prodotto da Taranto dovrebbe approvvigionarsi da fornitori esteri che imporrebbero i loro prezzi determinando indirettamente il costo (fuori mercato) dei prodotti finiti del nostro made in Italy” ha aggiunto lo stesso leader dei metalmeccanici della UIL.

Lo stesso Guglielmo Epifani, nel suo intervento, ha confermato la strategicità dell’ex Ilva, sia per la siderurgia italiana che per l’intero sistema produttivo del nostro Paese, ricordando gli oltre dieci decreti legge prodotti nel corso delle ultime legislature per mantenere la continuità produttiva del sito di Taranto, nonostante le vicende giudiziarie, e consentire il completamento dei necessari interventi di ambientalizzazione di Taranto.

I sindacati hanno ribadito l’appello a tutte le forze politiche del Parlamento a farsi promotrici presso il Governo di iniziative per scongiurare una possibile catastrofe industriale, ambientale, occupazionale e sociale dei territori interessati.
Di certo, nella riunione, tutti i presenti alle suddette riunioni hanno convenuto su un aspetto di questa delicata ed importante vicenda: quella dell’ex Ilva non è una questione territoriale ma assume rilevanza nazionale e come tale deve essere affrontata nell’interesse del nostro Paese. Il Governo batta un colpo!

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