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Eni Gazprom

Perché Eni romperà con Gazprom

Eni vuole cedere la sua quota in Blue Stream, la joint venture con Gazprom sul gasdotto verso la Turchia. Non è la sola società energetica a essersi distaccata dalla Russia dopo l'attacco all'Ucraina: ecco cosa fanno ExxonMobil, Bp, Total, Shell Equinor e Orsted.

 

Ieri Eni ha fatto sapere di voler vendere la sua quota nel gasdotto Blue Stream, che trasporta gas naturale dalla Russia alla Turchia, sotto il mar Nero. È stato realizzato da Blue Stream Pipeline B.V., la joint venture paritaria (al 50 per cento) tra Eni e la società gasifera statale russa Gazprom, che si occupa anche della vendita del gas russo sul mercato turco.

L’infrastruttura possiede una capacità di trasporto di 16 miliardi di metri cubi all’anno.

ENI: PRESENZA “MARGINALE” IN RUSSIA

Eni ha ricordato che le sue joint venture con Rosneft, azienda petrolifera russa, sono state congelate a seguito delle sanzioni internazionali imposte verso Mosca nel 2014, anno dell’annessione della Crimea ucraina. “L’attuale presenza di Eni in Russia è marginale”, ha fatto sapere la società a Reuters.

COSA FA ENI IN RUSSIA

Eni opera in Russia dagli anni Sessanta, ed è attualmente attiva nel mercato al dettaglio e all’ingrosso di lubrificanti attraverso la consociata Eni Nefto, che dispone di una stazione di servizio a Mosca.

Eni, inoltre, detiene dei contratti a lungo termine di fornitura di gas russo: nel 2020 ne ha acquistati 22,49 miliardi di metri cubi.

LE ALTRE SOCIETÀ ENERGETICHE CHE SI DISTACCANO DALLA RUSSIA

Eni non è l’unica società energetica ad essersi distaccata dalla Russia dopo l’imposizione di sanzioni per l’invasione dell’Ucraina.

La francese TotalEnergies, per esempio, ha detto che non finanzierà più nuovi progetti nel paese.

La britannica BP ha rinunciato alla sua quota del 19,7 per cento in Rosneft.

La nederlandese Shell ha annunciato l’uscita da tutte le sue operazioni in Russia, incluso l’impianto per il gas liquefatto Sakhalin 2 LNG, di proprietà di Gazprom; Shell ha una quota del 27,5 per cento.

La norvegese Equinor avvierà il processo di distacco dalle sue joint venture in Russia: solo l’anno scorso aveva raggiunto un accordo di cooperazione strategica con Rosneft.

La danese Orsted ha annullato gli acquisti di carbone e biomasse dalla Russia, che utilizza come combustibile nelle sue centrali elettriche. Continuerà però a rifornirsi di gas naturale, come previsto dal contratto di lungo termine siglato con Gazprom (2 miliardi di metri cubi all’anno), ma ha specificato che non firmerà nuovi accordi con aziende russe o che si appoggiano a fornitori russi.

La statunitense ExxonMobil, infine, si ritirerà dalle operazioni sugli idrocarburi in Russia (per un valore superiore a 4 miliardi di dollari: particolarmente importante sono gli impianti di Sakhalin) e bloccherà i nuovi investimenti.

L’ITALIA SI DISTACCA DA ARCTIC LNG 2

In risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Italia ha sospeso la sua quota di finanziamenti per il progetto sul gas liquefatto Arctic LNG 2, sviluppato dall’azienda gasiera russa Novatek. Assicurato da SACE (l’agenzia di credito all’esportazione del gruppo Cassa depositi e prestiti), il prestito ammonta a 500 milioni di euro.

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