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Draghi Bernabé

Perché Draghi razionerà l’energia. Parola di Bernabé (ex Eni)

Gas e non solo: cosa farà l’Italia secondo Bernabé (ex Eni). L’articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Per l’Italia, le ricadute della guerra in Ucraina sono tutte negative. Il problema maggiore è quello delle forniture di gas. Rimpiazzare quello russo, che vale 30 miliardi di metri cubi l’anno e copre più del 40 per cento del nostro fabbisogno è diventata la missione numero uno del governo. Per questo, Mario Draghi è volato ad Algeri per firmare un accordo storico, che dovrebbe fare dell’Algeria il primo fornitore di gas dell’Italia al posto della Russia, anche se non nell’immediato. L’accordo, preparato dall’Eni e dal ministero degli Esteri, prevede una maggiore fornitura annua di gas algerino tra 9 e 11 miliardi di metri cubi, passando così da 20 a 30 miliardi di metri cubi l’anno. Un buon inizio per l’azione intrapresa in solitaria dal governo italiano, vista l’inconcludenza in materia dei vertici europei, dove le divisioni hanno reso difficile perfino l’embargo del carbone russo, che vale appena il 3,5% del fabbisogno europeo di energia, rinviando al futuro ogni decisione su petrolio e gas.

Draghi ha annunciato che dopo Pasqua si recherà in altri paesi produttori di gas e petrolio in Africa: Congo, Mozambico e Angola. Dal buon esito dei rapporti con questi Stati, insieme a Nigeria, Qatar, Egitto, Azerbaigian e Indonesia, dipenderanno le forniture necessarie per coprire l’eventuale azzeramento della fornitura di gas russo. Una prospettiva che gli esperti del settore giudicano impossibile da realizzare nel breve periodo su iniziativa Ue.

Tra gli esperti che nutrono scetticismo sulle decisioni di Bruxelles, Franco Bernabé, in passato numero uno di Eni e Telecom, oggi a capo dell’acciaio di Stato, nel suo ultimo intervento a Otto e mezzo (tv la7), ha spiegato: «Rinunciare al gas russo è abbastanza complicato. L’Ue ha affrontato il problema con molto ottimismo, e nel documento Repower Ue prevede di ridurre di quasi 100 miliardi di metri cubi l’anno l’import di gas russo entro il 2022. A me sembra francamente poco realistico. È impossibile non solo per Germania e Italia, ma in generale, poiché le forniture di gas dipendono da impianti che richiedono investimenti di lunghissimo periodo. E nel mondo non ci sono né gasdotti, né impianti per il Gnl (Gas naturale liquefatto) in grado di dirottare in Europa le quantità necessarie per sostituire il gas russo».

A fronte delle contraddizioni Ue, che nei documenti prevede con ottimismo di poter sostituire il gas russo in qualche anno, ma poi non riesce a decidere nulla per i contrasti tra gli stati membri, Bernabé ricorda che in Europa la pace, durata 75 anni, è finita con la guerra di Putin in Ucraina: «Il presidente Usa, Joe Biden, in un incontro con gli industriali, ha detto che questo è un tornante della storia, che obbliga l’Occidente a stringersi intorno ai propri valori di libertà e democrazia. Ciò significa che ora viviamo in un mondo molto cambiato, nel quale dobbiamo difenderci. E per difenderci dobbiamo restituire poteri allo Stato e capacità di pianificazione».

In altre parole, la guerra in Ucraina sta sovvertendo anche la dottrina economica in auge finora nell’Occidente (“meno Stato, più mercato”), e spinge verso l’opposto: “più Stato, meno mercato”. In fondo, assicurare le forniture di gas al proprio paese è un compito che solo il governo può assolvere, non certo le imprese private. I riflessi di questa tendenza si sono già visti nel campo della sicurezza e della difesa. A Bruxelles con il varo della Bussola strategica e del primo contingente militare Ue di pronto intervento, con 5mila soldati. A Roma con l’invio di armi a Kiev. Ma altre conseguenze sono in arrivo per famiglie e imprese, già colpite dagli aumenti delle bollette. «L’Italia è l’anello debole dell’Occidente in questo frangente», sostiene Bernabé. «Dipendiamo quasi per intero dalle importazioni. Da qui l’urgenza di più poteri allo Stato, di più programmazione».

Per fare cosa? Vi è l’ipotesi che la Russia possa chiudere il rubinetto del gas. Ma Bernabé sostiene che Putin non ha alcun interesse a farlo: «Il prezzo del gas è oggi dieci volte quello di pochi anni fa, e questo dipende da un errore dell’Europa, che lo ha fatto dipendere dal mercato spot, cioè dalla speculazione. Grazie a questo errore Ue, Mosca sta incassando miliardi, e se Putin chiudesse il gas sarebbe lui ad avere problemi di risorse».

Più probabile, tra qualche mese, che si arrivi al razionamento, «provvedimento complesso da attuare, tipico dei periodi di guerra». Ufficialmente, il governo lo esclude, e assicura che i depositi di gas sono in grado di fare fronte al prossimo inverno. Ma l’accenno di Draghi all’ipotesi di dover spegnere i condizionatori, per Bernabé «è un messaggio soft, per non spaventare, che però indica possibili razionamenti». Con quali conseguenze? L’Ue prevede entro l’anno un minore consumo di gas per 38 miliardi di metri cubi con la semplice riduzione di un grado del riscaldamento in case e uffici. Misura «aleatoria e inefficace», commenta Bernabé, poiché la riduzione di un grado del riscaldamento dovrebbe essere attuato da centinaia di milioni di famiglie in Europa, e non è detto che tutte lo facciano. Il razionamento avrebbe invece conseguenze molto gravi per le industrie più energivore di gas (carta, vetro, ceramica, siderurgia elettrica), e danni per l’intero settore industriale. Per quanto tempo? Nessuno lo sa. Di certo, l’Italia si prepara a diventare più povera.

 

Articolo pubblicato su italiaoggi.it

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