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Invitalia Reithera

Perché Arcelor Mittal gode per l’ingresso di Invitalia (Mef) nell’ex Ilva

Con l'ingresso di Invitalia del Mef nell'ex Ilva, Arcelor Mittal scaricherà le passività allo Stato e continuerà a presidiare il mercato italiano dell'acciaio. Il commento di Gianclaudio Torlizzi, già caporedattore a Dow Jones, ora direttore generale di T-Commodity, società di consulenza finanziaria

 

«Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi».

La frase contenuta nel Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa fornisce probabilmente la chiave interpretativa migliore sulla questione dell’ex Ilva.

Già, perché alla fine l’accordo siglato tra Invitalia e ArcelorMittal, che prevede il ritorno di quella che era la prima acciaieria europea nella mani dello Stato, rischia non solo di non apportare alcun concreto miglioramento rispetto allo stallo maturato negli ultimi anni (nel corso del quale la produzione dell’impianto è franata da 6 a 3,5 milioni di tonnellate); ma di concludersi come l’ennesimo fallimento di politica industriale.

Le ragioni di tanto scetticismo trovano giustificazione in una sola parola contenuta nel comunicato emesso da ArcelorMittal: “Deconsolidamento”.

La multinazionale lussemburghese infatti scorporerà la newco creata con Invitalia dal suo bilancio consolidato.

Una decisione che tradisce l’intenzione di scaricare sulla newco le passività maturate.

Ma attenzione: anche se alla fine lo Stato riuscirà a portare avanti il piano di nazionalizzazione salendo dall’attuale 40% al 60%, non potrà prescindere dal supporto del gruppo siderurgico nella gestione ordinaria. Guidare uno stabilimento siderurgico infatti è materia complicata che solo un ingenuo può pensare di affidare a qualche boiardo di Stato.

La conclusione dunque è che Arcelor continuerà a mantenere la presa sul mercato italiano dell’acciaio (soggetto in questi mesi a una fortissima tensione anche per effetto del calo prodittivo dell’Ilva), scaricando però sullo Stato le passività.

Chapeau.

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