skip to Main Content

Pensioni

Pensioni, come va il sistema? Report Itinerari Previdenziali

Secondo parte del rapporto di Itinerari previdenziali sul sistema pensionistico

 

L’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate, curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, considera che gli scenari per gli anni a venire sono per solo in parte già definiti, lasciando dunque spiragli per un migliore sviluppo dell’Italia attraverso interventi che sappiano combinare evoluzione demografica, ripresa del mercato del lavoro, rilancio della produttività e dell’economia.

Se è infatti ad esempio vero che, secondo le ultime previsioni, l’Italia è destinata a una crescita della quota anziana a fronte di una riduzione della popolazione complessiva, lo è altrettanto che adeguate politiche familiari e di conciliazione vita-lavoro per favorire l’aumento della natalità, da un lato, e una gestione dei flussi migratori coerente con le esigenze economico-occupazionali del Paese, dall’altro, potrebbero contrastare le più pessimistiche prospettive di “declino demografico”.

«In particolare, c’è chi si preoccupa di come l’effetto combinato di riduzione e invecchiamento della popolazione possa incidere sull’andamento del mercato del lavoro ma – secondo Brambilla – l’ancora elevato tasso di disoccupazione dimostra come l’Italia sia comunque ben lontana dall’aver mobiliato tutti i soggetti in età di lavoro e può, anzi deve, contare, su un’ampia “riserva inutilizzata” di disoccupati, in prevalenza, giovani, donne e over 55, per rimpiazzare i lavoratori che accedono alla pensione. Ripensare l’organizzazione del lavoro, intervenire sulla distanza che separa il percorso formativo scolastico dalle esigenze del mercato, investire in attività di formazione specialistica e continua, impegnarsi nella messa a punto di misure di age management e favorire la flessibilità in uscita con strumenti poco onerosi per lo Stato come i fondi esubero e i fondi di solidarietà sono tra le strade da percorrere, secondo l’Osservatorio, per ridurre quella quota consistente di disoccupazione attribuibile, nel caso italiano, ad alcune debolezze strutturali – scarsa adattabilità ai cambiamenti e insufficiente livello di specializzazione – che allargano il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.


Secondo il Centro Studi e Ricerche, occorrerebbe dunque infine intervenire sul sistema degli incentivi all’occupazione privilegiando, sul modello di quanto già fatto per Industria 4.0, il maxi-ammortamento del costo del lavoro alla decontribuzione, che spesso finanzia attività di comodo o decotte creando occupazione instabile, e promuovendo investimenti pubblici e privati in ricerca e innovazione soprattutto nelle scienze biomediche, nella farmaceutica, nell’ICT.

«L’occupazione non si crea in forza di legge – ha concluso il Prof. Brambilla – ma stimolando produttività e sviluppo che, ormai da troppi anni, sono a dir poco modesti in Italia. Non si può fare una colpa alla Commissione europea o agli organismi internazionali se su questi temi le valutazioni sono negative: da oltre 20 anni, manca una vera politica industriale, cui si sommano infrastrutture obsolete, una burocrazia spesso farraginosa, una spesa pubblica troppo sbilanciata sulla sola spesa corrente e una classe politica alla ricerca del (facile) consenso elettorale da raggiungere con promesse di assistenza e sussidi più che con azioni concrete a favore delle giovani generazioni e del sistema tutto.

Le premesse per migliorare la situazione non mancano in verità, ma servono riforme concrete e mirate che rendano complessivamente più ottimistiche le proiezioni del PIL, permettendo così di gettare le basi per un rinnovato clima di fiducia e benessere».

Secondo parte del rapporto di Itinerari previdenziali sul sistema pensionistico Qui la prima 

Back To Top