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Cosa succede al petrolio dopo la mossa dell’Opec+

L'Opec+, su spinta dell'Arabia Saudita, ha deciso di aumentare la produzione di petrolio di 137mila barili al giorno nel mese di ottobre. L'aumento è più contenuto rispetto ai precedenti, anche perché le prospettive del mercato non sembrano troppo positive. Ecco numeri, dettagli e previsioni.

L’Opec+, il gruppo che riunisce alcuni dei principali paesi esportatori di petrolio, ha deciso di alzare i livelli produttivi di 137.000 barili al giorno nel mese di ottobre. La decisione, presa su spinta dell’Arabia Saudita – che guida di fatto l’organizzazione, assieme alla Russia, e che pare intenzionata a riguadagnare quote di mercato dopo un lungo periodo di tagli -, è arrivata un po’ a sorpresa dato che si prevede un periodo di fiacchezza della domanda nei mesi invernali. L’aumento concordato, in effetti, è decisamente inferiore rispetto ai precedenti: per agosto e settembre, ad esempio, l’output dell’Opec+ era stato incrementato di circa 550.000 barili al giorno, e di 411.000 barili per giugno e luglio.

DOMANDA E PREZZI DEL PETROLIO

Nel 2023 l’Opec+ ha messo in atto una politica di contenimento volontario della produzione volta a sostenere i prezzi del greggio che è proseguita fino allo scorso aprile, quando ha deciso di tornare ad aumentare gradualmente l’offerta. Una cosa, però, è produrre di più in estate, un periodo dell’anno generalmente caratterizzato da una domanda petrolifera più forte (negli Stati Uniti si parla di driving season, “stagione della guida”, che fa salire i consumi di carburante); un’altra cosa sarà sostenere un aumento dell’output in un periodo fiacco come il quarto trimestre dell’anno, stando almeno alle previsioni.

Nel 2025, finora, gli aumenti produttivi dell’Opec+ hanno causato una diminuzione dei prezzi del petrolio di circa il 15 per cento: le entrate delle compagnie petrolifere ne hanno risentito, mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che ha fatto pressioni sull’Opec per ottenere una crescita dell’offerta di greggio e una discesa dei prezzi della benzina per gli americani – ha potuto esibirlo come una vittoria personale. Ciononostante, i prezzi del petrolio non sono crollati e si sono mantenuti intorno ai 65 dollari al barile, anche per effetto delle sanzioni occidentali sulla Russia.

CHI CI GUADAGNA DAL NUOVO AUMENTO PRODUTTIVO

L’Opec+, quindi, sembra essere ottimista sui fondamentali del mercato petrolifero. Non tutti i suoi membri, comunque, beneficeranno allo stesso modo dell’accordo per aumentare l’offerta: ad eccezione dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, infatti, la maggior parte degli altri paesi sta già producendo petrolio su livelli vicini ai massimi e non dispongono di capacità residua.

D’altra parte, è vero che l’Arabia Saudita ha bassi costi di produzione, ma ha bisogno di alti prezzi di vendita del petrolio – sopra i 90 dollari al barile – per coprire la spesa pubblica e finanziare il costoso piano di trasformazione economica voluto dal principe ereditario Mohammed bin Salman. A novembre, peraltro, bin Salman dovrebbe recarsi in visita negli Stati Uniti e incontrare Trump.

COME VA E COME ANDRÀ IL PETROLIO

Oggi, lunedì 8 settembre, i prezzi del petrolio sono cresciuti di oltre l’1 per cento: la possibilità di nuove sanzioni sul greggio russo dopo gli ultimi bombardamenti in Ucraina sembra aver oscurato l’annuncio dell’Opec+ sull’aumento dell’offerta.

Il Brent, il contratto petrolifero basato sul mare del Nord, si scambia a 66,3 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate, il riferimento statunitense, a 62,6 dollari. I due benchmark erano calati del 2 per cento lo scorso venerdì dopo la pubblicazione degli ultimi dati sull’occupazione negli Stati Uniti che, non essendo buoni, hanno acceso i timori di un rallentamento economico e quindi di un calo dei consumi energetici.

Secondo la banca Goldman Sachs, nel 2026 il mercato petrolifero sarà caratterizzato da una situazione di surplus leggermente superiore a quella attuale. Quanto ai prezzi, si attesteranno su una media di 56-52 dollari al barile.

Stando invece all’Agenzia internazionale dell’energia, l’anno prossimo l’eccesso di offerta petrolifera sarà da record, dovuto dalla diminuzione della domanda della Cina, da un lato, e dall’altro dalla crescita della produzione nelle Americhe, in particolare negli Stati Uniti, in Canada, in Brasile e in Guyana.

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