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Scholz

Ecco la mossetta di Scholz anti Putin sul Nord Stream 2

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato la sospensione del processo autorizzativo del gasdotto Nord Stream 2 dopo che la Russia ha inviato truppe nell'Ucraina orientale. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

Arriva da Olaf Scholz la prima, concreta reazione all’escalation di Mosca nel conflitto con l’Ucraina: il governo di Berlino ha interrotto il processo di approvazione di Nord Stream 2 fino a nuovo avviso. Il controverso gasdotto non entrerà dunque in funzione, almeno per il momento.

La sua autorizzazione era in mano all’agenzia delle reti tedesca, che attendeva una soluzione normativa della società in grado di soddisfare la normativa europea che impone una separazione fra fornitore e trasportatore di energia. Un cavillo burocratico che aveva tolto le castagne dal fuoco al governo tedesco, permettendo di tenere a mollo la questione in attesa che la diplomazia contribuisse a calmare le acque.

Ma le cose sono andate diversamente e l’annuncio di Vladimir Putin sul riconoscimento delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk ha fatto precipitare la situazione riaccendendo il conflitto sul fronte orientale.

“Una cesura storica per l’Europa”, l’ha definita l’Handelsblatt, puntuale sismografo dei sentimenti del mondo industriale che ha sempre sperato che il gasdotto entrasse in funzione al più presto per compensare il bisogno energetico della Germania, specie nella complessa fase della transizione energetica. Ma la mossa di Putin, accompagnata dall’invio di truppe russe nelle due province di conflitto, ha mandato all’aria i tavoli della diplomazia e non ha lasciato spazio di manovra al cancelliere tedesco.

Scholz aveva provato a tenere il gasdotto fuori dalla lista delle sanzioni economiche da applicare alla Russia e non aveva mai citato esplicitamente l’ipotesi di bloccarne l’entrata in funzione. Ma nel suo recente viaggio a Washington, nel colloquio a quattr’occhi con Joe Biden, aveva capito che, in caso di fallimento delle trattative con Putin, lo stop al gasdotto sarebbe stato inevitabile. Così, a poche ore dal drammatico discorso televisivo di Putin, Scholz si è presentato davanti alle telecamere e ha annunciato di aver chiesto al ministero dell’Economia di prendere le misure amministrative necessarie affinché il gasdotto non potesse essere per il momento certificato. Questo è il passaggio tecnico senza il quale Nord Stream 2 non può entrare in funzione.

In attesa di conoscere le ulteriori sanzioni che gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono in procinto di adottare, la Germania si è tolta dal fuoco amico dei risentimenti per la sua posizione ritenuta troppo comprensiva verso Mosca. Scholz in conferenza stampa ha calcato i toni: “La decisione di riconoscere le autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk viola il diritto internazionale e l’accordo di Minsk”, ha detto, “Putin non ha alcun supporto per le sue azioni e sta infrangendo la Carta delle Nazioni Unite e tutti gli accordi internazionali che il suo paese ha stipulato negli ultimi 50 anni”. Il cancelliere ha aggiunto che l’integrità e la sovranità di ogni paese e l’inamovibilità dei confini devono essere rispettate e che la Russia “non ha alcun sostegno dalla comunità mondiale” per le sue azioni.

Quale potrà essere l’impatto delle sanzioni sull’economia russa è questione al momento appesa alla propaganda dei due campi contrapposti. Putin si è mostrato finora sicuro che le nuove misure non incrineranno il benessere dei russi, anzi rafforzeranno l’economia. Posizioni non condivise dagli economisti tedeschi che ritengono invece che le misure punitive aggraveranno una condizione non proprio rosea.

“Quel che è chiaro è che l’economia russa è cresciuta a malapena da quando sono state imposte le sanzioni per l’inizio dell’aggressione russa contro l’Ucraina nel 2014”, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung. In quel periodo l’economia “precipitò in una grave crisi, non solo a causa delle misure punitive, ma anche per il brusco calo del prezzo del petrolio”. Nel 2018, il Pil “ha iniziato lentamente a riprendersi ed è cresciuto del 2,8%, ma anche questo è stato un risultato insufficiente per un paese emergente con il potenziale e la ricchezza di materie prime in Russia”. Secondo gli esperti, la corruzione e il settore statale in continua espansione sono i principali ostacoli alla crescita. E le sanzioni occidentali non verranno compensate dal probabile ulteriore aumento dei prezzi di gas e petrolio. Questi ultimi però peseranno sicuramente sui bilanci occidentali.

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