L’azienda norvegese Norsk Hydro ha annunciato la chiusura di cinque impianti di estrusione, un processo di lavorazione dell’alluminio, in Europa entro il 2026: tra questi c’è anche lo stabilimento di Feltre, in Veneto, che conta centoquindici dipendenti.
La società ha motivato la decisione – che interessa altri quattro siti tra Germania, Paesi Bassi e Regno Unito, per circa settecentotrenta lavoratori in tutto – con “la realtà del mercato europeo”, che a detta dell’amministratore delegato Eivind Kallevik richiede “un’azione decisiva” di ristrutturazione e contenimento dei costi.
LA SITUAZIONE DELL’INDUSTRIA EUROPEA DELL’ALLUMINIO
L’industria europea dell’alluminio, in effetti, è in difficoltà. C’entrano anche i dazi imposti dagli Stati Uniti, che hanno provocato un riorientamento dei flussi commerciali, ma il contesto è critico innanzitutto per altre due ragioni: per il deficit di rottami, che impedisce agli impianti di riciclo di lavorare a piena capacità; e poi per la generale difficoltà delle fonderie europee a sostenere la concorrenza con gli stabilimenti statunitensi e cinesi, dato che questi ultimi hanno costi di produzione più bassi, legati principalmente ai prezzi dell’energia inferiori.
I NUMERI DI NORSK HYDRO DOPO LA RISTRUTTURAZIONE
Una volta chiusi i cinque siti, Norsk Hydro avrà ancora ventotto impianti di estrusione e cinque strutture di riciclo in Europa, ai quali lavorano settemila persone.
L’IMPIANTO DI FELTRE (E NON SOLO)
Costruito nel 1941, durante la Seconda guerra mondiale, l’impianto di Norsk Hydro a Feltre conta oggi centoquindici dipendenti: ospita una fonderia, due presse di estrusione e un reparto dedicato alle lavorazioni meccaniche, realizzando soprattutto profilati estrusi (fino a 20 chili al metro) a partire dai disegni dei clienti. La capacità produttiva del sito ammonta a 20.000 tonnellate all’anno.
In Italia, Norsk Hydro è presente anche a Varese, con un ufficio dedicato alla vendita di laminati in alluminio e di billette per l’estrusione, e a Ornago, dove realizza profilati estrusi per il settore automobilistico (il sito non possiede una fonderia, però).
LA SITUAZIONE A FELTRE
Da stamattina le assemblee dei lavoratori di Feltre hanno organizzato un presidio permanente davanti ai cancelli dell’impianto, per impedire l’ingresso e l’uscita dei mezzi come forma di protesta per la chiusura. Lo sciopero durerà fino a venerdì 28 novembre.
“Per dimensioni dell’azienda e dell’operazione, con le norme italiane (in particolare la cosiddetta legge anti-delocalizzazione, la 234 del 2021) sono previsti passaggi di fatto obbligati e i doveri della proprietà”, ha scritto il Corriere del Veneto. “Tra questi la presentazione di un piano per difendere, entro un anno, i livelli occupazionali anche con la riconversione del sito produttivo. Si inizierà a discuterne il 3 dicembre”.
Il quotidiano ha anche fatto notare che Norsk Hydro, prima di annunciare la chiusura del sito, aveva già trasferito a Ornago le matrici per l’estrusione utilizzate a Feltre.
“La smania di vendere a investitori stranieri i nostri asset industriali ha sancito l’inizio della fine della nostra industria. Vale per Feltre ma vale anche per Taranto“, ha detto Gianclaudio Torlizzi, analista e fondatore di T-Commodity.






