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Litio

Litio in Italia, dove si nasconde la materia prima della mobilità elettrica del futuro

Il contesto geologico del nostro Paese non è dei più favorevoli per i giacimenti di litio convenzionali (pegmatiti e salars), ma secondo un nuovo studio alcune situazioni in Sardegna, Calabria e nell’arco alpino meriterebbero un approfondimento e c’è già chi scava in Italia alla ricerca dei minerali essenziali per le auto elettriche L’Europa, è ben…

L’Europa, è ben noto a tutti, intesa come aggregazione politica, è povera di materie prime, siano esse minerali preziosi o fonti energetiche. Non ha giacimenti di oro, d’argento, di petrolio, di gas e la nostra dipendenza da Paesi extracomunitari si è trasformata in un problema proprio quest’anno, quando la guerra in Ucraina ha reso necessaria l’emancipazione dalle condutture di Vladimir Putin. Ma con la transizione in atto e la nostra attenzione rivolta a nuovi tipi di beni che richiedono per essere sviluppati altre risorse, forse qualcosa potrebbe cambiare, a iniziare dalla possibile presenza, in Italia, del litio, metallo cruciale per il processo di transizione energetica che ci condurrà alla carbon neutrality nel 2050.

Uno studio recente, portato avanti da un team di ricercatori dell’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg) del Cnr definisce il potenziale per il ritrovamento di giacimenti di litio nel territorio italiano. Il contesto geologico italiano non è dei più favorevoli per i giacimenti di litio convenzionali (pegmatiti e salars), anche se alcune situazioni in Sardegna, Calabria e nell’arco alpino, si legge, meriterebbero un approfondimento. È peraltro presente un alto potenziale per risorse litinifere non convenzionali in fluidi profondi utilizzabili in modo sostenibile e con basso impatto ambientale.

LITIO IN ITALIA: DOVE CERCARE?

Un’accurata revisione dei dati geologici, mineralogici e geochimici disponibili sul territorio nazionale ha permesso di individuare due aree principali ad alto potenziale: la fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania) dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 mg/l e la fascia al fronte della catena appeninica (da Alessandria fino a Pescara) dove sono presenti manifestazioni termali, con contenuti in litio fino a 370 mg/l, associati spazialmente a giacimenti di idrocarburi. Questi valori sono tra i più alti riscontrati nei fluidi profondi del pianeta e permetterebbero l’estrazione del metallo con la tecnica conosciuta come Direct Lithium Extraction.

Resta da capire l’origine del litio e da definire – si legge sempre nello studio – un modello concettuale geologico-petrologico-geochimico che permetta di indirizzare l’esplorazione industriale di questa nuova risorsa non convenzionale. Altri paesi come Francia, Germania, Regno Unito e USA stanno già valutando georisorse simili nell’ambito delle rispettive strategie nazionali per la transizione energetica. È auspicabile che anche in Italia si inneschi una sinergia tra enti di ricerca, università e industria per conoscere questa georisorsa, per valutarne il potenziale industriale e per affinare le tecniche di estrazione del metallo dal fluido.

CHI SCAVA IN ITALIA ALLA RICERCA DI LITIO (E DOVE)

Sono numerose le compagnie che hanno iniziato a sondare il nostro sottosuolo. Di Vulcan Energy, con sede a Perth, in Australia, Start Magazine ne aveva già parlato. La compagnia ha ottenuto un permesso di ricerca per esplorare, nel Lazio, un pozzo scoperto da Enel nel 1974 a circa 1.390 metri di profondità. Certo è che si tratta di una regione di 11,5 chilometri quadrati a Cesano, a 20 chilometri da Roma, geologicamente molto promettente per via dell’attività del sottosuolo, visto che risiede all’interno della regione vulcanica dei Monti Sabatini, proprio al confine meridionale della caldera di Baccano.

Negli ultimi mesi si è aggiunta anche Altamin che, scrive Il Sole 24 Ore, ha chiesto due licenze esplorative in Italia per estrarre il litio da salamoie geotermiche. “La concessione Campagnano, 1.200 ettari attorno alla frazione Baccano, comprende un pozzo di prova e confina con la concessione Cesano già data alla Vulcan. Un’altra concessione vicina, chiamata Galeria, circa 2.040 ettari, si estende a sud di Cesano e comprende un pozzo geotermico e due di prova”, si legge sul quotidiano di Confindustria. Altamin è già presente in Italia nelle antiche miniere bergamasche di Gorno, zinco e piombo.

COME MAI TANTO INTERESSE PER QUELL’AREA?

Da quanto si apprende, le analisi preliminari hanno individuato nel 1975 campioni di “salamoia calda” con un elevato contenuto di litio, stimato tra 350 e 380 milligrammi per litro. Una vera e propria miniera d’oro nel sottosuolo laziale, dato che per produrre le auto del futuro serviranno immense quantità di litio.

La stessa Vulcan, dopo aver esaminato i risultati storici, sostiene che potremmo trovarci per le mani (o meglio, sotto i piedi), uno dei gradi di litio più elevati a livello mondiale mai registrati in un ambiente geotermico con falda acquifera confinata. E sarebbe stata proprio l’attività geotermica nel sottosuolo di Cesano a permettere una produzione in grande quantità di litio, proprio alle porte di Roma. Tant’è che Vulcan parla già di risultati “molto incoraggianti” anche per le condizioni favorevoli del luogo che permetterebbero il recupero del minerale “senza alcun trattamento preventivo” e a “velocità di recupero molto elevate”.

QUANTE MINIERE SERVONO PER LE AUTO ELETTRICHE NEL MONDO?

Del resto, se vogliamo continuare a percorrere la strada di conversione dei motori endotermici a quelli elettrici, per azzerare le emissioni del traffico, è meglio sapere che serviranno quasi 400 nuove miniere, che non potranno nemmeno essere spalmate su tutta la superficie terrestre, dato che dovranno concentrarsi solo nei siti più ricchi. Non è naturalmente il solo effetto collaterale della transizione ecologica dei mezzi, ma il rischio di trasformare il pianeta in una groviera è presente.

Lo sostiene l’ultimo studio della società di ricerche londinese Benchmark Mineral Intelligence, nota anche come Benchmark Minerals, fondata da Simon Moores nel 2014. Si tratta un’agenzia di reportistica sui prezzi regolamentata IOSCO che effettua studi sulla filiera delle batterie agli ioni di litio per la catena di fornitura dei veicoli elettrici. Secondo il report, per soddisfare una domanda crescente di batterie per veicoli EV, sospinta dalle norme che potrebbero essere varate in Europa e negli USA per bandire le motorizzazioni endotermiche, serviranno quasi 400 nuovi siti minerari.

LA CORSA USA PER RENDERSI INDIPENDENTE

Proseguendo col report, viene stimato che serviranno 74 nuove miniere di litio da 45 mila tonnellate ciascuna, ma con l’aumento del riciclo ne potrebbero bastare 59. Per il nickel, invece, sono stimati altri 72 nuovi scavi da 42.500 tonnellate. Il riciclo avrà, infine, il maggior impatto sull’estrazione di cobalto: una estremità della forbice parla di 62 nuovi siti da 5 mila tonnellate ciascuna, l’altra di 38.

Il recupero di materiali rari e finiti giocherà insomma un ruolo fondamentale nell’industria automobilistica di domani. Soprattutto per tamponare l’emergenza ambientale. Basti pensare a quanto accaduto nel sud della California, nella Mojave National Preserve, dove ha sede una delle principali miniere di terre rare degli Stati Uniti d’America. Lì l’attività mineraria ha sversato circa 2.300 litri di acque reflue radioattive e altri rifiuti pericolosi nel suolo desertico della regione, comportando una contaminazione da torio, elemento radioattivo che viene rilasciato durante l’estrazione e che può avere effetti molto dannosi sull’ambiente circostante. Nonostante sia stata comminata una multa da 1.3 milioni di dollari, l’azienda nel 2019 ha comunque ottenuto, tra le proteste degli ambientalisti, un’altra concessione trentennale.

Del resto, circa l’80% delle terre rare usate usate nell’industria hi-tech e auto degli USA è importata dalla Cina, che vanta una produzione di 120mila tonnellate (dati 2018), una delle più elevate al mondo davanti ad Australia (20mila tonnellate) e Stati Uniti, appunto (15mila tonnellate). L’amministrazione Biden intende però rendersi sempre più indipendente dal Dragone, anche perché l’attuale scenario geopolitico sembra portare a scenari in cui Cina e USA saranno su fronti contrapposti, forse non solo a livello commerciale. Ma a quale prezzo per l’ambiente? E quale sarà l’apporto europeo e, in particolar modo italiano, nel venturo mercato dei metalli per la mobilità elettrica?

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