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Extinction Rebellion

Le ultime mattane Extinction Rebellion

Il corsivo di Giuseppe Gagliano   Il primo aprile a Torino gli attivisti di Extinction Rebellion hanno posto in essere un agit-prop secondo modalità ampiamente conosciute e attuate da Greenpeace per dire basta ai continui investimenti in combustibili fossili da parte del settore finanziario. Davanti alle entrate di alcune filiali di Intesa Sanpaolo e Unicredit sono…

 

Il primo aprile a Torino gli attivisti di Extinction Rebellion hanno posto in essere un agit-prop secondo modalità ampiamente conosciute e attuate da Greenpeace per dire basta ai continui investimenti in combustibili fossili da parte del settore finanziario.

Davanti alle entrate di alcune filiali di Intesa Sanpaolo e Unicredit sono comparsi adesivi, manifesti e scritte che recitano “Questa banca usa i tuoi soldi per finanziare il collasso climatico”.

Ma cosa chiedono gli attivisti?

Siamo spaesate, siamo spaventate. Il mondo intorno a noi negli ultimi due anni si è totalmente capovolto. Gli scienziati ci dicono che per evitare una catastrofe climatica ed ecologica è necessario un cambio di passo, un cambiamento radicale di paradigma. Le emissioni globali di CO2 devono essere dimezzate entro il 2030 ed azzerate entro il 2050, tenendo conto del principio di equità. La distruzione degli ecosistemi, che è la causa prima della diffusione di nuovi virus emergenti e della crisi sanitaria che ha stravolto le nostre vite, deve finire. Sappiamo che scelte radicali sono necessarie e che se non verranno fatte ora, non tra qualche anno, ora, il futuro della nostra società sarà drammatico. Il settore finanziario è complice nella costruzione di queste crisi. L’85% delle emissioni prodotte dalle banche e dagli investitori italiani deriva dai finanziamenti al settore del petrolio e del gas, ad aziende come Eni, Gazprom e Shell e ad aziende come la tedesca RWE e la finlandese Fortum, ancora attive nell’estrazione del carbone. Intesa Sanpaolo, assieme a Unicredit, è la banca italiana maggiormente coinvolta. Il settore bancario continua a mantenere una posizione di grande irresponsabilità di fronte alla crisi climatica e ad utilizzare i nostri soldi per finanziare e fare profitti da una crisi planetaria di cui noi tutti, oggi, stiamo pagando le conseguenze. Questa consapevolezza ci terrorizza ma non ci paralizza, anzi. Ci spinge ad agire con determinazione. Vogliamo un futuro prospero e sereno per i nostri figli, bambini e adolescenti che subiscono le conseguenze delle scelte delle generazioni che li hanno preceduti. Vogliamo che i tanti giovani che stanno urlando al mondo che bisogna agire ora, possano avere una vita ricca di opportunità e soddisfazioni come la abbiamo avuta noi, e che non siano costretti a vivere in un mondo instabile e in conflitto perenne per le poche terre abitabili e le poche risorse rimaste”.

Di questo movimento ci eravamo già occupati su queste pagine e quindi non ritorneremo sulla stessa tematica.

Sia solo sufficiente sottolineare che l’estensione di questo movimento a livello globale ha giustamente indotto l’intelligence inglese e francese a monitorare con attenzione sia i progetti che le modalità di azione di questo ennesimo movimento di protesta che costituisce una sorta di prosecuzione del movimento no global anche se affronta tematiche più specifiche.

Per dare al lettore una idea delle problematiche affrontate dalla sezione italiana si rinvia a questo link il cui contenuto ha una credibilità che non merita commenti.

Superfluo osservare, infine, come alcuni ministeri italiani — anche a causa del pesantissimo condizionamento determinato dal movimento sessantottino e dalla capillare politicizzazione e sindacalizzazione — danno credibilità a questo genere di protesta.

Gli unici commenti adeguati credo siamo quelli formulati da Ernesto Galli Della Loggia.

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