È in discussione alla Camera il documento per l’introduzione del piano “Transizione 5.0”, già approvato dalla commissione Bilancio. Si tratta di un investimento tra il 2024 e il 2025 da circa 6,4 miliardi di euro che, sotto forma di crediti d’imposta, andrà a stimolare la transizione digitale ed energetica delle imprese italiane: questi finanziamenti serviranno all’adozione di macchinari e sistemi automatizzati, per esempio, o agli interventi di efficientamento energetico.
Transizione 5.0 rientra nel programma europeo RePowerEU per l’accelerazione della transizione energetica a livello comunitario.
TROPPA BUROCRAZIA IN TRANSIZIONE 5.0? LE CRITICHE DI LITURRI (LA VERITÀ)
Su La Verità Giuseppe Liturri ha scritto che “è forte il sospetto che il diluvio di burocrazia richiesto da Bruxelles costituirà un fortissimo freno all’effettiva fruizione” dei 6,4 miliardi di Transizione 5.0. L’analista aggiunge che dopo la “‘scottatura’ della spesa fuori controllo del Superbonus […] è corretto che si sia stato introdotto il criterio del controllo preventivo della spesa, ma c’è il fondato timore che il governo abbia sconfinato nell’eccesso opposto”.
Liturri spiega inoltre che “la misura del credito d’imposta è crescente al crescere del risparmio energetico. Più energia si risparmia, maggiore è l’incentivo”: questa attenzione al consumo di energia si spiega con il fatto che – come ricordato – Transizione 5.0 rientra nel programma RePowerEU.
“L’obiettivo dichiarato”, prosegue Liturri, “è quello di raggiungere un risparmio energetico cumulato di 0,4 milioni di TEP (tonnellate di equivalente in petrolio). E già qui qualche perplessità si fa largo, perché nel 2022 la disponibilità energetica lorda del Paese si è attestata a 149 milioni di TEP, contro 156 milioni del 2021. Quei 0,4 milioni che si attendono da Transizione 5.0 sembrano una goccia nell’oceano, al limite dell’errore statistico. Per misurare questa microscopica variazione ma, soprattutto, per evitare brutte sorprese sul gettito (stile Superbonus) i tecnici ministeriali si sono inventati il triangolo delle Bermuda, ai cui vertici ci sono GSE (gestore dei servizi energetici), Mimit (ministero delle imprese e del made in Italy) e Agenzia delle Entrate”.
LA CRITICA DI CONFINDUSTRIA
Il rischio è che la complessità burocratica data dalla sequenza di numerosi soggetti e passaggi possa portare al blocco di molte procedure. Inoltre, la limitatezza temporale del provvedimento (al 2025) rischia di determinare “strozzature dal lato dell’offerta, per l’impossibilità dei fornitori di completare ordini concentrati in un lasso temporale ristretto”, secondo Confindustria.