La dibattuta legge europea per il ripristino degli ecosistemi (Nature Restoration Law), che vuole mitigare il cambiamento climatico e gli effetti dei disastri naturali, ha incassato al Consiglio dell’Ue 20 voti a favore, 6 contrari – tra cui quello dell’Italia – e un astenuto. Il risultato segna un successo per la tenuta del Green Deal, ma scontenta gli europarlamentari nostrani appartenenti alla maggioranza di governo.
Non appena il regolamento sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entrerà in vigore e diventerà applicabile in tutti gli Stati membri.
FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI
Già un anno fa il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) si era detto contrario a una legge europea per il ripristino degli ecosistemi “inapplicabile e non sostenibile” per alcune categorie.
Al voto di oggi l’Italia ha ribadito il suo parere, insieme a Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia, ma a nulla è valso di fronte al blocco compatto di tutti gli altri Paesi, a esclusione del Belgio che si è astenuto. A cambiare, invece, gli equilibri in Consiglio è stata l’Austria che ha modificato la sua posizione, originariamente negativa. Come riporta infatti Internazionale, il ministro austriaco dell’ambiente, Leonore Gewessler, dei Verdi, “ha votato a favore, sfidando il cancelliere conservatore Karl Nehammer, che ha reagito definendo il gesto illegale e minacciando di presentare ricorso”.
La posizione italiana è stata espressa dal viceministro per l’Ambiente, la leghista Vannia Gava: “L’ultimo colpo di coda di questa legislatura ideologica è l’approvazione del Regolamento sul ripristino della natura. Il voto favorevole dell’Austria, che arriva spaccata al suo interno, fa raggiungere la maggioranza in Consiglio Ambiente. L’Italia sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi e ha lavorato a proposte migliorative per garantire il giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica”.
“Il regolamento, così com’è – ha aggiunto -, impatta negativamente sul settore agricolo dell’Unione, accrescendone gli oneri economici e amministrativi. Non possiamo ignorarlo e non possiamo votare a favore. Occorre più tempo”.
LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA NON HANNO GRADITO
Si schierano con la posizione espressa da Gava anche le associazioni di categoria. Per Coldiretti “la legge sul ripristino della natura resta un provvedimento ideologico anche se sono state eliminate le misure che avrebbero tagliato la produzione agricola made in Italy, aumentando le importazioni di cibi da paesi extra-Ue coltivati con pesticidi che da noi sono vietati da decenni. Il tutto con effetti devastanti anche sull’assetto idrogeologico del territorio, più esposto al rischio dissesto”.
“La legge sul ripristino della natura appena approvata a maggioranza risicata dall’ultimo Consiglio Ue Ambiente, danneggia gli ecosistemi agricoli perché non risponde alla oggettiva necessità di assicurare l’equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale, essenziale per l’attuazione del Green Deal Ue”. È il commento del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, il quale ha aggiunto che “adesso serve davvero un Piano nazionale di buon senso nella definizione delle misure attuative, perché non è pensabile ripristinare almeno il 20% delle aree terresti e marittime Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050, senza tener conto di quanto gli agricoltori stiano, ulteriormente, affrontando per preservare biodiversità e paesaggio da cambiamenti climatici ed erosione, come l’impegno per garantire a tutti cibo sano e di qualità, nonostante la fase di profonda instabilità geopolitica ed economica”.
Critico su tempi e modalità di voto Carlo Piccinini, presidente di Confcooperative Fedagripesca: “Una proposta di legge lungamente osteggiata da molti governi nazionali chiude oggi il suo iter travagliato grazie ad un solo voto decisivo, quello dell’Austria. È così che i ministri dell’Ambiente della Ue hanno dato il via libera alla norma sul ripristino della natura, con una maggioranza risicata e peraltro maturata solo a poche ore dal voto. Troviamo poi sicuramente discutibile che a questo voto decisivo si sia giunti con le istituzioni comunitarie di fatto ai titoli di coda della legislatura, senza che sia stata invece considerata l’ipotesi di rimandarne la discussione, come accaduto per altri dossier, dopo l’insediamento delle nuova governance dell’Ue”.
GLI OBIETTIVI IN NUMERI
L’obiettivo della legge europea per il ripristino degli ecosistemi – la prima del genere – è ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Stabilisce obiettivi e obblighi giuridicamente vincolanti specifici per il ripristino della natura in una serie di ecosistemi terrestri, costieri e di acqua dolce, compresi zone umide, formazione erbose, foreste, fiumi e laghi, nonché ecosistemi marini, compresi praterie marine, banchi di spugne e banchi coralliferi. Impone, inoltre, agli Stati membri di mettere in atto, entro il 2030, misure volte a ripristinare almeno il 30% dei tipi di habitat inseriti nell’elenco che si trovano in cattive condizioni. Fino al 2030 gli Stati membri devono dare priorità ai siti “Natura 2000” nell’attuazione delle misure di ripristino stabilite nel regolamento.
Sugli habitat ritenuti in cattive condizioni, come elencati nel regolamento, gli Stati membri adotteranno misure per ripristinare almeno il 30% entro il 2030; almeno il 60% entro il 2040; e almeno il 90% entro il 2050. È stata prevista ulteriore flessibilità per gli habitat molto comuni e diffusi.
Tra gli obblighi anche quello di impedire un deterioramento significativo delle zone soggette a ripristino che abbiano raggiunto un buono stato e delle zone in cui si trovano gli habitat terrestri e marini. I colegislatori hanno convenuto di rendere tale obbligo basato sugli sforzi. L’obbligo sarà misurato a livello di tipo di habitat.
LA TABELLA DI MARCIA DEI DOVERI DEGLI STATI
Gli Stati membri dovranno presentare periodicamente alla Commissione piani nazionali di ripristino indicanti le modalità con cui intendono conseguire gli obiettivi. Prima presenteranno i piani nazionali di ripristino per il periodo fino a giugno 2032, con una panoramica strategica per il periodo successivo. Poi entro giugno 2032 i piani di ripristino per i dieci anni successivi (fino al 2042), con una panoramica strategica fino al 2050, ed entro giugno 2042 i piani per il restante periodo fino al 2050. Gli Stati potranno tenere conto dei loro diversi requisiti sociali, economici e culturali, nonché delle caratteristiche regionali e locali e della densità della popolazione, compresa la situazione specifica delle regioni ultraperiferiche.
Entro il 2033 la Commissione deve riesaminare e valutare l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi. C’è la possibilità di sospendere l’attuazione delle disposizioni del regolamento relative agli ecosistemi agricoli per un periodo massimo di un anno mediante un atto di esecuzione, in caso di eventi imprevedibili ed eccezionali al di fuori del controllo della Ue e con gravi conseguenze per la sicurezza alimentare.
CONTRASTARE IL DECLINO DELLE POPOLAZIONI DI IMPOLLINATORI
La legge prevede poi obblighi specifici che impongono agli Stati membri di stabilire misure intese a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori al più tardi entro il 2030. Sulla base degli atti delegati adottati dalla Commissione per stabilire un metodo scientifico volto a monitorare le popolazioni e la diversità degli impollinatori, gli Stati membri dovranno monitorare i progressi compiuti al riguardo almeno ogni sei anni dopo il 2030.
ECOSISTEMI AGRICOLI, FORESTALI E AVIFAUNA
Per gli ecosistemi agricoli, gli Stati dovranno mettere in atto misure volte a far sì che almeno due dei seguenti tre indicatori registrino una tendenza all’aumento: indice delle farfalle comuni; percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità; stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati.
Fissa inoltre obiettivi con scadenze ben precise per aumentare l’indice dell’avifauna comune in habitat agricolo a livello nazionale.
Per quanto riguarda, invece, gli ecosistemi forestali gli Stati membri dovranno contribuire a piantare almeno 3 miliardi di nuovi alberi entro il 2030. Per quanto riguarda gli ecosistemi urbani, dovranno aumentare le zone verdi urbane fino al raggiungimento di un livello soddisfacente; non si dovrà registrare alcuna perdita netta di spazi verdi urbani e di copertura arborea urbana tra l’entrata in vigore del regolamento e la fine del 2030, a meno che la quota di spazio verde negli ecosistemi urbani non superi già il 45%. Dovranno essere rimosse le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali, al fine di convertire almeno 25.000 km di fiumi in fiumi a scorrimento libero entro il 2030 e di mantenere la connettività naturale dei fiumi ripristinata.
FLESSIBILITÀ SULLA RIUMIDIFICAZIONE
Ci sarà, infine, flessibilità sulla riumidificazione delle torbiere. Il testo fissa obiettivi per ripristinare il 30% delle torbiere drenate per uso agricolo entro il 2030, il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050, anche se gli Stati membri su cui tali obiettivi incidono notevolmente potranno applicare una percentuale inferiore. Le misure di ripristino comprendono la riumidificazione dei suoli organici che sono torbiere drenate, che contribuisce ad aumentare la biodiversità e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. I colegislatori hanno inoltre convenuto che il conseguimento degli obiettivi di riumidificazione non comporta un obbligo per gli agricoltori e i proprietari terrieri privati.