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Keystone Xl

Perché Biden ha rottamato l’oleodotto Keystone con il Canada

Uno dei primi provvedimenti di Joe Biden presidente è stata la cancellazione dell’oleodotto Keystone XL. Un’opera fondamentale per il Canada.

Joe Biden, che mercoledì ha giurato come nuovo presidente degli Stati Uniti, ha fermato i lavori per la costruzione dell’oleodotto Keystone XL nel suo primo giorno di mandato.

La notizia era già stata anticipata dai giornali americani, mettendo immediatamente in allarme il Canada. E in particolare la provincia dell’Alberta, dove si concentrano i giacimenti e l’industria petrolifera del paese, che vede – vedeva, a questo punto – nel Keystone XL un progetto fondamentale per lo sviluppo del proprio settore energetico.

CHE COS’È IL KEYSTONE XL

Il Keystone XL è un oleodotto lungo 1900 chilometri e dalla capacità di trasporto di 830mila barili di petrolio al giorno, per un costo stimato inizialmente in 8 miliardi di dollari. Avrebbe dovuto collegare la città di Hardisty nell’Alberta fino a Steele City in Nebraska, passando attraverso gli stati di Montana e South Dakota. Da Steele City la condotta si sarebbe allacciata alle tubature già esistenti, permettendo così il trasporto del greggio canadese fino alle raffinerie americane sulla costa del golfo del Messico, progettate apposta per lavorare qualità di quel tipo.

Il Keystone XL ha ricevuto l’approvazione delle autorità di regolazione canadesi nel 2010. Tuttavia, nel 2015 l’allora presidente Barack Obama bloccò il progetto, sostenendo che avrebbe contribuito a minare la leadership americana nella transizione verso fonti energetiche più sostenibili. La decisione venne ribaltata nel 2017 da Donald Trump, che diede dunque il via libera ai lavori, definendoli positivi per l’occupazione e per il benessere delle economie locali.

Nonostante l’appoggio dell’amministrazione Trump, la realizzazione del Keystone XL ha comunque incontrato ritardi e forme di opposizione popolare e giuridiche.

Adesso Biden ha capovolto nuovamente la situazione e cancellato il progetto, dando motivazioni simili a quelle di Obama: il Keystone XL – si legge nell’ordine esecutivo – è contrario all’interesse nazionale americano, non è utile alla sicurezza energetica e mina la credibilità di Washington nella lotta al riscaldamento globale.

Non è una scelta che giunge inattesa: durante la campagna elettorale lo aveva promesso, oltre ad aver detto di volere una più generale “transizione dall’industria petrolifera”. A colpire, più che la decisione in sé, sono le tempistiche: Biden ha scelto di procedere immediatamente, già dal primo giorno, senza lasciare tempo a discussioni approfondite con il governo canadese.

PERCHÉ IL CANADA SOSTIENE IL KEYSTONE XL

Il primo ministro canadese Justin Trudeau, sebbene insista molto sulla necessità di contrastare i cambiamenti climatici, sostiene il Keystone XL. C’entra la necessità politica di non scontentare gli abitanti della provincia dell’Alberta – che rigettano l’agenda del suo Partito liberale – e di supportare l’industria petrolifera nazionale che proprio qui si concentra: le riserve dell’Alberta sono le terze più grandi al mondo e fanno del Canada il quarto maggiore produttore di greggio del pianeta.

Il settore estrattivo (petrolio, gas e minerali) vale l’8 per cento del PIL canadese, ma il 27 per cento di quello dell’Alberta.

Per la provincia, dunque, il Keystone XL è fondamentale, perché ne rafforzerebbe l’accesso al mercato statunitense – dal quale dipende per la quasi totalità – e le permetterebbe di risolvere il problema di sotto-capacità delle proprie condotte. La rete di oleodotti di cui dispone è infatti inadeguata ai volumi di produzione e non permette alle esportazioni di esprimersi pienamente, con ripercussioni negative sui prezzi.

Ad esprimersi con particolare foga sulla cancellazione del Keystone XL è stato innanzitutto il premier dell’Alberta Jason Kenney, conservatore, che ha chiesto a Biden di mostrare rispetto al Canada e discutere insieme delle sorti del progetto. Kenney ha insistito in particolare sul valore dell’oleodotto per i rapporti tra i due paesi, che ha definito “partner nella prosperità, […] nella lotta al cambiamento climatico, […] nella sicurezza energetica”. Tra Stati Uniti e Canada ci sono forti legami economici, politici e strategici.

Il Keystone XL è così importante per gli interessi dell’Alberta che, per garantirne la realizzazione, il governo della provincia ha investito direttamente 1,1 miliardi di dollari nel progetto. Soldi che sembra siano andati persi.

PERCHÉ BIDEN SI OPPONE AL KEYSTONE XL

Biden si oppone al Keystone XL principalmente per due motivi, ben sintetizzati dal New York Times: perché l’oleodotto trasporterebbe l’inquinante petrolio delle oil sands, e perché l’opera incarna la ritrosia degli Stati Uniti a distanziarsi dalle fonti fossili. Mentre Biden è rientrato negli accordi di Parigi sul clima, ha detto di voler azzerare le emissioni nette americane entro il 2050 e vuole che l’America riacquisti la leadership climatica. Cancellare il Keystone XL è una mossa semplice ma dal grande valore simbolico, che ribadisce gli impegni climatici della nuova amministrazione e lo “stacco” da quella precedente.

Il petrolio prelevato dai giacimenti dell’Alberta, chiamati oil sands o sabbie bituminose, è appunto un bitume denso e viscoso. Il processo di estrazione è complicato e richiede il consumo di molta energia: si stima che un barile di bitume delle sands produca il 30 per cento di emissioni di gas serra in più rispetto ad un barile di petrolio convenzionale. Il governo canadese ricorda tuttavia che l’impatto ambientale del bitume è diminuito grazie all’innovazione tecnologica, che ha permesso lo sviluppo di metodi estrattivi più efficienti dal punto di vista energetico.

IL KEYSTONE XL CONVIENE O NO?

Qualche analista si è chiesto se, a prescindere dalle motivazioni delle due parti, il Keystone XL abbia “senso” da un punto di vista economico. Bisogna innanzitutto tenere conto della transizione in corso verso le fonti rinnovabili: non significa che i combustibili fossili spariranno, ma il loro impiego andrà sicuramente a ridursi. Gli investitori stanno poi abbandonando i progetti estrattivi più inquinanti, come appunto quelli nelle oil sands, per concentrarsi su altro: sulle rinnovabili, spesso. L’ultimo caso è quello di Equinor, ieri.

Non è solo un fatto di pressioni dell’opinione pubblica, ma anche di convenienza economica. Produrre bitume dalle sabbie canadesi garantisce buoni profitti solo quando il petrolio si vende ad un prezzo superiore ai 60-65 dollari al barile. Ma l’anno costo i prezzi globali sono prima crollati per poi attestarsi su una media di circa 40 dollari, e le previsioni dicono che rimarranno sotto i 50 dollari fino al 2022.

TRA FINANZIAMENTI ANTI-BIDEN E ANNUNCI GREEN

Domenica scorsa TC Energy, l’azienda canadese che possiede il progetto, ha annunciato che entro il 2023 tutte le operazioni legate al Keystone XL saranno a zero emissioni nette. E che entro il 2030 l’oleodotto sarà alimentato esclusivamente da fonti rinnovabili. Ma lo sforzo green non è bastato a salvare la condotta.

TC Energy aveva anche giocato d’anticipo, finanziando le campagne elettorali dei candidati del Partito repubblicano ai ballottaggi in Georgia per il Senato – Kelly Loeffler e David Perdue – con l’obiettivo di ostacolare la realizzazione dell’agenda climatica di Biden. Non ha funzionato.

E ADESSO?

In un comunicato diffuso domenica scorsa, Kenney ha dichiarato che avrebbe collaborato con TC Energy e fatto ricorso a “tutte le vie legali disponibili per proteggere” gli interessi dell’Alberta nel Keystone XL.

Il vecchio accordo di libero scambio tra Canada, Stati Uniti e Messico – il NAFTA, poi sostituito dall’USMCA – prevedeva la possibilità per le aziende di fare causa ai tre governi se ritenevano di essere state danneggiate da leggi o regolamenti vari. Con il passaggio all’USMCA, però, il meccanismo che regolava le dispute tra stati e imprese, contenuto nel capitolo 11 del vecchio NAFTA, verrà eliminato per quanto riguarda i rapporti tra Stati Uniti e Canada. Ma non subito.

Teoricamente, quindi, TC Energy potrebbe fare causa al governo americano per aver cancellato i permessi di costruzione del Keystone XL entro il 1° luglio del 2023.

Procedere in questo modo significherebbe però rovinare fin da subito i rapporti tra il Canada e la nuova amministrazione di Biden. Ottawa invece punta molto sulla ripresa dei contatti con Washington dopo quattro anni di presidenza Trump, che ha danneggiato praticamente ogni punto dell’agenda internazionale di Trudeau. Tra il primo ministro canadese e il nuovo presidente americano, invece, l’allineamento sarà certamente maggiore.

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