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Europa Gas

Addio gas russo? Basta prezzi di mercato e razionare l’elettricità. L’analisi di Tabarelli (Nomisma Energia)

"Siamo in una condizione di guerra, il prezzo del gas non possiamo lasciarlo determinare dai mercati. Se vogliamo colpire la Russia, dobbiamo spegnere il riscaldamento in Italia e pensare a razionare l’elettricità nei prossimi mesi perché dobbiamo risparmiare gas per il prossimo inverno". L'analisi dell'economista Davide Tabarelli (Nomisma Energia)

 

Il conflitto in Ucraina sta per riverberarsi in maniera pesante anche sul nostro paese. Le pretese territoriali della Russia stanno per entrare nelle case degli europei, e degli italiani, anche attraverso un enorme rialzo del costo dell’energia (ancora più alto di quello già vissuto) o, in alternativa, attraverso un razionamento delle risorse energetiche. Quest’ultima opzione la indica Davide Tabarelli, professore di economia all’Università di Bologna e presidente di Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente.

Italia: i numeri di una dipendenza

In Italia il consumo totale di gas naturale ammonta a 71,5 miliardi di Smc (metri cubi standard). La domanda di gas naturale è soddisfatta per circa il 5 per cento dalla produzione nazionale e per la parte restante dalle importazioni. I principali esportatori di gas verso l’Italia sono: Russia con 33,4 miliardi Smc (pari al 46 per cento), Algeria con 13,4 miliardi Smc (pari al 18,8 per cento), Qatar con 6,5 miliardi Smc (pari al 9,2 per cento), Norvegia con 6,1 Smc (pari all’8,7 per cento) e infine la Libia da cui importiamo 5,7 miliardi Smc (pari all’8 per cento). Nel 2019 sono stati importati in totale 71 miliardi di Smc di gas, utilizzati in parte per soddisfare i consumi e per il resto accantonati nei siti di stoccaggio. Il 13 per cento delle importazioni totali è dato dal gas naturale liquefatto (Gnl).

Italia in affanno: a rischio shock petrolifero. L’analisi di Tabarelli

“L’Italia è in affanno, se non disperata. Trovare tutto questo volume di gas da sostituire e di petrolio, perché se si fa l’embargo sul gas si fa anche sul petrolio, è molto difficile – ha detto martedì 8 marzo Davide Tabarelli nel corso della trasmissione Omnibus su La 7 -. Impossibile da sostituire senza un razionamento pesante. Noi importiamo il 40% del gas che consumiamo dalla Russia e circa il 30% di petrolio. Il prezzo del petrolio schizzerebbe a livello mondiale. Ora è salito ma è nulla rispetto a quello che potrebbe accadere. Il prezzo del gasolio stamattina è arrivato a 2 euro, record storico, la benzina continua a salire. Poi c’è il gas. Stamattina ha aperto a 270, l’anno scorso era a 17, capiamo che cataclisma c’è”.

Chiudere i mercati, un’ipotesi plausibile

A tempi straordinari corrispondono misure straordinarie. La prima di queste che propone l’economista Tabarelli è la chiusura dei mercati sui quali si crea il prezzo dei beni energetici. “L’Europa si è mossa in maniera un po’ impacciata perché i mercati vanno chiusi in questo momento – ha auspicato il presidente di Nomisma -. Siamo in una condizione di guerra. Il nostro principale fornitore ci manda il gas stamattina, il prezzo non possiamo lasciarlo determinare dai mercati, in condizione normale”.

Il rischio razionamento secondo Tabarelli

La seconda misura drastica di cui parla il professor Tabarelli è il razionamento, vera misura di tempi di guerra. “Se vogliamo fare le sanzioni ed essere coerenti con quello che diciamo e che abbiamo fatto in passato per cose meno gravi, come in Iran per 50 anni, alle sanzioni seguirà un razionamento – ha spiegato l’economista -. Se vogliamo colpire la Russia da stamattina dobbiamo spegnere il riscaldamento. Pensare a razionare l’elettricità nei prossimi mesi perché dobbiamo risparmiare gas per il prossimo inverno, perché abbiamo bisogno di scorte. E questo si fa tagliando la domanda gas. Noi ora paghiamo una bolletta di 46 centesimi al kilowattora, tra qualche mese sarà a 80 centesimi e l’inflazione che ora viaggia al 6,7% tra un po’ ce la troveremo al 14%. Certo non è il dramma della guerra e delle bombe che cadono sulla testa degli ucraini però anche noi, in Italia e in Europa, stiamo sentendo il peso della crisi. E anche gli americani, che hanno visto salire il prezzo della benzina, si arrabbieranno con il presidente.”

Imporre un tetto ai prezzi

Il premier Mario Draghi e il ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani hanno proposto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di porre un tetto ai prezzi del gas. “I mercati vanno chiusi, oggi il prezzo del gas negli Usa è a 14 euro a megawattora, in Europa ha aperto a 280, se rimane così le bollette triplicheranno – ha rimarcato Tabarelli -. Questa è una sudditanza nei confronti della finanza che bisogna riconoscere, dominano loro. In questa condizione mi sembra assurdo non chiudere i mercati. Vedo completamente calpestata la politica davanti alla finanza. Stiamo cercando gas dappertutto, sta arrivando dagli USA, e lo paghiamo a caro prezzo”. Le economie occidentali si stanno interfacciando con l’impossibilità di trovare un sostituto affidabile alla Russia nella fornitura di gas e petrolio. “Il legame fisico con il gas via tubo impedisce qualsiasi compensazione, se non marginale, via nave, con un ammanco verso l’Europa da 150 miliardi di metri cubi che non è nemmeno concepibile – ha scritto Tabarelli sul Sole 24 ore -. Gas e petrolio sono accumunati dal fatto che nelle loro industrie attualmente non c’è capacità produttiva inutilizzata, perché di investimenti non ne sono stati fatti negli ultimi anni, un po’ per il fatto che i prezzi erano bassi, un po’ per la pressione della finanza e della politica che vuole, spera e sogna, la fine veloce dei fossili”.

La contrarietà della Germania a nuove sanzioni alla Russia

La Germania, attraverso il suo cancelliere Scholz, si è espressa chiaramente contro nuove sanzioni che pesino sull’energia, l’Italia non è su questa posizione. “Oscillo anche io. Da una parte imporrei delle sanzioni pesanti e escluderei l’importazione di gas dalla Russia, in questo momento, è bene ricordarlo, i flussi sono regolari anche se a prezzi sono altissimi – aggiunge Davide Tabarelli -. D’altra parte è necessario che sia molto chiaro a tutti gli europei che se vogliamo imporre sanzioni, dure e coerenti, dobbiamo rimanere al freddo e senza luce. Perciò dobbiamo prenderla tutti insieme questa decisione e in ogni caso, al di là di quello che faremo nella contingenza delle prossime settimane, c’è un problema dei prossimi anni, perché questa transizione energetica che abbiamo rivitalizzato negli ultimi anni l’Europa, la Germania e l’Italia la fanno da sempre. Io ricordo l’autarchia del fascismo o le auto a metano degli anni ’70, non ce la facciamo senza i fossili. Noi senza Russia faremo una grande fatica in futuro, il nostro interesse è che torni la pace prima possibile. Quindi, confermiamo le sanzioni ma prepariamoci al. freddo”.

Embargo alla Russia: una mossa suicida

Con l’attuale crisi dei prezzi, infatti, sarebbe a dir poco suicida imporre l’embargo alle forniture del primo esportatore di gas in Europa. “Se Europa e Usa devono smettere di comprare circa 4 mbg di petrolio russo e rimpiazzarlo con acquisti da altri produttori sarà impossibile, perché di capacità inutilizzata per tale ammontare al mondo non ce n’è – ha continuato Tabarelli sul Sole 24 ore -. Già nei mesi scorsi si lamentava carenza perché la domanda stava tornando sopra i livelli pre-pandemia (appunto di 100 mbg), in presenza di scarsità di capacità produttiva inutilizzata, scesa verso i 2,5 mbg, tutti concentrati in Medio Oriente, in particolare in Arabia Saudita”.

Shock petrolifero: un rischio per l’economia statunitense

Gli shock petroliferi degli anni ‘70 impattarono su tutte le economie mondiali, anche sugli Usa. “Un blocco delle esportazioni della Russia di 7 mbg (le seconde al mondo dopo quelle dell’Arabia Saudita), determinerebbe uno shock dei prezzi simile a quello degli anni ’70 e ciò porterebbe il barile dai valori già alti di oggi (intorno ai 120 $) verso la soglia dei 200 – aggiunge il prof. Tabarelli -. Certo, maggiori volumi di petrolio russo potrebbero andare verso l’India e la Cina, che smetterebbero di comprare dal Medio Oriente, liberando così volumi per l’Europa. Non è però tutto così semplice, perché le esportazioni di greggio e prodotti russi sono principalmente dal Mar Nero, ora bloccato, e dal Baltico, e reindirizzare le navi verso l’Asia non sarà facile. Poi, gli alti prezzi di questi giorni spingerebbero i produttori di petrolio americani, un po’ risentiti con Biden per i divieti ambientali, a riprendere a perforare a pieno ritmo, e ciò aiuterebbe maggiori esportazioni dagli Usa, anche verso l’Europa. Però, per Biden è troppo pericoloso l’embargo. Possibile che non si ricordi di quanto può fargli male un barile a 200 dollari? Vorrebbe dire un prezzo della benzina, il prodotto più importante per gli americani, a 6 dollari per gallone. Già in questi giorni la media nazionale ha toccato i 4 dollari, pari a 1 € per litro, soglia psicologica che fa arricciare il naso agli elettori, drogati di benzina con i loro giganteschi pickup con cilindrata intorno ai 6 mila centimetri cubi, che con un litro fanno 5 chilometri. Il loro prezzo è da confrontare col nostro di 2,1 € per litro in questi giorni, differenza interamente dovuta al fatto che loro applicano una tassazione modesta e che, anzi, in questi giorni, stanno dibattendo se eliminare. Per noi le tasse contano per più della metà del prezzo, circa 1 € per litro”.

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