Guerra ed energia, binomio inscindibile da sempre. Qui una mappa del Medio Oriente, più alcune cosette da mettere in fila per comprendere meglio quanto avviene davanti ai nostri occhi.
Tre fatti notevoli degli ultimi giorni.
- Gli Stati Uniti hanno mandato in Israele una batteria del sistema antiaereo Thaad, con 100 militari (per montarlo, tipo Ikea): è il miglior sistema di cui dispone l’esercito americano, intercetta un missile a 3000km di distanza.
Perché proprio adesso? Perché Netanyahu e l’IDF (mentre completano l’annientamento di Gaza e distruggono il Libano meridionale + Beirut) stanno meditando sulla ritorsione da scatenare sull’Iran per i 180 missili lanciati su Israele – che a loro volta erano la ritorsione per aver attaccato il Libano, ecc. Solo obiettivi militari, o anche depositi e raffinerie petrolifere in Iran? E l’Iran, come risponderà a sua volta? - Vladimir Putin è entrato personalmente nella contesa mediorientale, incontrando il nuovo presidente iraniano Pezeshkian in Turkmenistan. Putin ha incolpato Israele, USA e Europa della crisi. Pezeshkian venderà altri droni alla Russia da usare in Ucraina.
- La Cina ha condotto una gigantesca “esercitazione militare” intorno a Taiwan, simulando un blocco totale intorno alle acque dell’isola ribelle. La logica del “blocco” fa proseliti.
Detto questo.
Mancano 20 giorni alle elezioni USA. Un particolare da notare, qui: l’attivismo dell’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), che secondo i calcoli di alcuni giornalisti investigativi è stato il più grande finanziatore esterno alle primarie Democratiche in questo ciclo. Attivismo che ha già permesso di sconfiggere due dei pochi membri del Congresso che si oppongono alle guerre di Israele. Vincono invece i pro-israeliani. Sapremo presto in cambio di cosa l’AIPAC li ha finanziati.
La battaglia dentro al Partito Democratico sulla posizione da tenere rispetto alla guerra in Medio Oriente è un aspetto cruciale della politica americana (e della stessa guerra, soprattutto se verrà eletta un’amministrazione Dem). E questo è uno dei modi in cui viene combattuta.
Israele bombarderà l’Iran. Come, dove lo farà, è importante. E quale sarà la risposta di Teheran, è importante.
Una potrebbe essere mirare alle raffinerie e agli oleodotti sauditi. L’Arabia Saudita, lo sappiamo, è il primo produttore mondiale di petrolio. E al momento alleato di ferro di Israele e degli Stati Uniti. Gli effetti sui prezzi si vedrebbero immediatamente, con l’Europa a pagare più di tutti, così come sulle casse del regno saudita. Oppure, l’Iran potrebbe decidere di chiudere lo Stretto di Hormuz – una delle tre strozzature evidenziate sulla mappa. Da lì passa il 20% del petrolio mondiale. Un quarto di questo petrolio va verso il Mediterraneo attraverso Bab el-Mandeb e Suez.
L’Iran non ha l’atomica, ma l’arma del blocco (come hanno dimostrato gli Houthi che con quattro droni hanno fermato il commercio mondiale che appunto passava dal Mar Rosso) può fare davvero molto male: Iraq, Qatar, Bahrein e Kuwait non potrebbero più esportare: sarebbero chiuse dentro. I sauditi e gli emiratini potrebbero farlo molto meno, costretti a usare il porto di Gedda sul Mar Rosso. E lì ci sono appunto gli Houthi a disturbare. Senza quel petrolio, potremmo tirare una bella riga sull’economia europea. Anche la Cina ne sarebbe danneggiata.
Attenzione anche al gas.
Le riserve europee sono – a caro prezzo – tornate piene. La stabilità non è scontata però. I rifornimenti del Qatar, come detto, possono essere bloccati. I gasdotti che attraversano l’Ucraina e ancora riforniscono l’Europa non sono stati toccati dalla guerra – finora. Ma Putin, si sa (al contrario della mafia) attacca sempre d’inverno. E un inverno freddo potrebbe aumentare la domanda. Intanto, la Russia ha chiuso un accordo per cui fornirà gas ai suoi amici in Ungheria attraverso il gasdotto russo-turco Turkstream.
Gli USA hanno proposto alla Grecia (che ha rifiutato) di trasformare le sue coste in una costellazione di rigassificatori che assicurerebbero una nuova fornitura all’Europa. Sì perché proprio lì davanti, nell’angolo sud-orientale del Mediterraneo, ci sono enormi quantità di gas. Ancora non collegate via gasdotto all’Europa: e dunque da portare via nave, e rigassificare.
Sono tanti, questi fili da tenere insieme. Veramente attorcigliati. Ve lo dice uno che ha sempre odiato anche solo allacciarsi le scarpe.
Chiudiamo così: due grandi sacche di gas si trovano, forse per caso, una davanti a Gaza. E l’altra davanti al Libano. Israele considera entrambi i giacimenti di sua proprietà. Per chi ci mette le mani, visto il contesto, sarà una risorsa strategica fondamentale.