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Trasparenza

Il piano Ue sugli stoccaggi del gas favorisce la Germania?

Il 19 maggio il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo per un regolamento comune sul tema degli stoccaggi di gas.  L’approfondimento di Sergio Giraldo

 

La fucina di norme situata a Bruxelles fa i doppi turni e non smette di produrre mostri degni di un libro di H.P. Lovecraft. Il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo per un regolamento comune sul tema degli stoccaggi di gas. Il regolamento sancisce alcuni obblighi relativi al riempimento minimo, alla cosiddetta “solidarietà” e alla certificazione dei soggetti che operano nel settore.

Il regolamento è stato proposto dalla Commissione europea il 23 marzo scorso. Il 19 maggio, completando il trilogo, Consiglio e Parlamento hanno trovato un compromesso su un testo che ora sarà sottoposto alla approvazione del Comitato dei Rappresentanti Permanenti in seno al Consiglio. Il regolamento sarà poi adottato in prima lettura dal Parlamento europeo e infine dal Consiglio.

Il regolamento fissa nell’80% il riempimento minimo degli stoccaggi di gas per questo anno termico (aprile 2022-marzo 2023), e nel 90% a partire dall’anno prossimo, secondo una certa traiettoria mensile. L’obbligo di riempimento non è una novità per l’Italia. Già il decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, ha fissato nel 90% il quantitativo minimo di riempimento per gli stoccaggi italiani. Molto prima, oltre vent’anni fa, il d.lgs n.164/2000, all’art. 12 comma 11-ter aveva già stabilito che una quota di stoccaggio dovesse obbligatoriamente essere riservata alla riserva strategica, pari a un certo volume calcolato di anno in anno a cura del MiTE. Per il corrente anno termico, il quantitativo di gas in stoccaggio strategico è stato fissato, con comunicato del MiTE il 10 gennaio scorso, in 4,62 miliardi di metri cubi. Il decreto legislativo n. 164/2000 fissa altresì alcuni parametri relativi all’esercizio del servizio di stoccaggio, come l’obbligo di contrarre, tali da renderlo prudente e controllato.

Il regolamento europeo arriva con molto ritardo rispetto alla legislazione vigente in Italia, più avanzata. Non si può dire lo stesso della Germania, anzi questa stretta sugli stoccaggi arriva proprio perché la Germania si è comportata in maniera imprudente, penalizzando tutta l’Europa. Circa 10 miliardi di metri cubi di stoccaggio in Germania erano infatti in concessione ad Astora, una società del gruppo Gazprom. Nel corso dell’estate 2021 Astora non ha provveduto al nuovo riempimento in vista dell’inverno, ritenendo di non farlo e non avendo obbligo di contrarre con altri eventualmente intenzionati, perché la legge tedesca non lo prevede. All’inizio dell’inverno 21-22 in Germania mancavano quindi non meno di 7 miliardi di metri cubi dagli stoccaggi Astora. Questa è stata certamente una delle concause dell’innalzamento vertiginoso dei prezzi del gas nel mese di dicembre 2021. In seguito all’invasione dell’Ucraina, la Germania ha nazionalizzato gli asset di Astora, ed ora il riempimento di questi stoccaggi è stato affidato a compagnie nazionali. Ma il ritardo accumulato è grave.

In merito alla solidarietà, poiché non tutti gli Stati membri dispongono di strutture di stoccaggio sul proprio territorio, secondo il nuovo regolamento a questi dovrà essere consentito, tramite un accordo, di avere accesso alle riserve stoccate in altri Stati membri fisicamente connessi. Gli Stati membri senza impianti di stoccaggio utilizzeranno una capacità pari al 15% del loro consumo annuo di gas negli ultimi cinque anni, sostenendone il costo.

Se guardiamo all’Italia, gli Stati membri connessi fisicamente che non hanno impianti di stoccaggio sono la Slovenia e la Grecia, i quali hanno consumi annui di circa 1 mld e 5 mld di metri cubi rispettivamente. Applicando il parametro del 15% del consumo come indicato nel regolamento, risulta che circa 900 milioni di metri cubi di gas negli stoccaggi italiani dovrebbero essere riservati a Slovenia e Grecia. Si tratta di poco più del 5% degli stoccaggi totali italiani. Gli accordi tra stati dovranno stabilire anche la remunerazione del servizio di stoccaggio prestato e il costo del gas eventualmente fornito.

Ad oggi l’Italia ha riempito i propri stoccaggi commerciali per soli 3,2 miliardi di metri cubi, pari a circa il 25% del volume disponibile, in ampio ritardo rispetto agli anni precedenti, come abbiamo già evidenziato nelle scorse settimane. Se consideriamo anche la riserva strategica, il riempimento è pari a 7,7 mld di mc, cioè poco più del 45% dello spazio disponibile. In altre parole, dobbiamo correre.

Consiglio e Parlamento hanno infine introdotto una certificazione obbligatoria per tutti i gestori dei sistemi di stoccaggio, onde evitare rischi di influenze esterne sulle infrastrutture di stoccaggio critiche, nell’ottica di mantenere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici. Evidentemente il caso Astora ha lasciato il segno. Gli operatori non certificati dovranno rinunciare alla proprietà o al controllo degli impianti di stoccaggio, mentre gli operatori certificati non potranno chiudere gli stoccaggi senza autorizzazione dello stato.

Nulla di nuovo, quindi, nel modus operandi dell’Unione. Se per una volta ci troviamo meglio piazzati di altri, ecco che arriva Bruxelles e ci sottrae una parte degli stoccaggi. Per non parlare dell’ipocrisia per cui, all’improvviso, per evitare “influenze esterne” diventano importanti le frontiere e diventa importante sapere chi facciamo entrare entro i nostri confini.

(Articolo pubblicato sul quotidiano La Verità)

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