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Il G20 è stato un successo sul clima? Commenti e analisi

Le conclusioni del G20 sul clima secondo Fabbri (Limes), Magri (Ispi) e l'ambasciatore Massolo

 

Il mondo a zero emissioni resta un sogno. O, per lo meno, non è un traguardo che raggiungeremo nel breve tempo. I leader delle 20 economie più sviluppate, riunitisi nel G20 romano, hanno prodotto un comunicato finale nel quale fissano a “metà secolo” l’obiettivo di ridurre a zero le “emissioni di gas a effetto serra o neutralità del carbonio”. I grandi della Terra hanno riconosciuto “la necessità di rafforzare sforzi globali per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi” e si sono impegnati, “in linea con gli ultimi sviluppi scientifici e con le circostanze nazionali”, a ridurre le emissioni e il ricorso a energia da fonti fossili. La palla  passata è alla COP26 di Glasgow, la conferenza organizzata dalle Nazioni Unite per contrastare l’emergenza del riscaldamento globale.

Paolo Magri (Ispi): “Il bicchiere è mezzo pieno”

L’esito di questo G20 è, dunque, una dichiarazione di intenti al cui rispetto gli Stati non sono obbligati pena sanzioni. “Ricorderemo questo summit come un successo dice Biden. È così? Ce lo chiediamo – ha detto Paolo Magri, vice presidente esecutivo dell’Ispi -. Se guardiamo da dove venivamo sicuramente sì, il bicchiere è mezzo pieno”. Uno dei meriti di questo G20 è il rilancio del multilateralismo: “Il clima al G20 ha dato il via al rilancio del multilateralismo – ha continuato Magri -. Se lo guardiamo rispetto a dove dobbiamo andare con urgenza quel bicchiere mezzo pieno ha qualche spazio vuoto e Draghi ha fatto bene a ricordarlo con una frase molto semplice: “Sono impegni non vincolanti, dobbiamo rispettare le promesse che abbiamo fatto”.

Dario Fabbri (Limes): “Clima usato dalle potenze le une contro le altre”

“Gli indiani quando mettono la firma su queste cose è perché non c’è granché dentro”. È più netta e disincantata la posizione di Dario Fabbri, analista di Limes. “Ciò che emerge, che è la cosa più grave, è che la questione climatica viene usata dalle potenze le une contro le altre. Gli americani l’hanno usata per molto tempo per colpire la crescita industriale di Cina e India, o almeno lo percepiscono in questo modo – ha continuato Fabbri nella sua analisi nel corso di Omnibus -. Loro reagiscono alla stessa maniera, si smarcano da ogni accordo. I russi ci ricordano che il cambiamento climatico è un tema importante ma loro non è che siano proprio terrorizzati dall’idea, ad esempio sognano una rotta artica che, con tutte le tragedie climatiche che potrebbe causare, per loro significherebbe un’opportunità di influenza in più verso l’estremo nord del mondo e questo al G20 è stato evidente, sotto gli occhi di tutti”.

Dal G20 solo promesse in assenza di penalità

Il comunicato finale del G20 altro non è che una promessa in attesa degli sviluppi della prossima COP26. “Non esiste una penalità per chi non rispetta questo tipo di promessa – ha aggiunto Fabbri -. Sono dei punti che si fissano in un universo la cui realizzazione viene lasciata alla buona volontà delle potenze”. Ora la palla passa alla COP26 di Glasgow che ha come tema proprio il rispetto dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici. “Quindi il G20 ha fatto da apertura alla prossima COP con i mezzi di cui dispone – ha concluso l’analista di Limes -. Potrebbe andare più avanti ma dubito che ci saranno impegni da parte delle potenze antagonistiche, quelle che non sono parte entusiastica del Washington consenus, e che ci saranno penalità. Che poi è la tragedia di tutti gli impegni sul clima, nessuno va a punire russi, cinesi o italiani qualora non li rispettassero”.

Giampiero Massolo (Ispi): ”Sancito uno sforzo collettivo”

Alcuni punti, però, sono stati fissati nel corso del summit romano. “È stato mantenuto vivo l’obiettivo di non fare innalzare la temperatura del mondo oltre un grado e mezzo. È stato mantenuto vivo il contributo del mondo sviluppato all’adattamento dei paesi meno favoriti, di quelli più poveri – ha sostenuto l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente Ispi -. Perché se sforzo collettivo deve essere non può essere senza che vengano aiutati i paesi più poveri ad adattarsi ai cambiamenti climatici”. Di assoluto rilievo è stata la decisione di non scaricare su altri paesi il costo ambientale delle proprie centrali a carbone. “È stato sancito che non si possano più finanziare, fuori dai confini nazionali, impianti a carbone e anche questo non è indifferente – conclude il presidente Massolo -. È vero che siamo andati sotto le aspettative ma è anche vero che questa rete di piccoli impegni che vincola i paesi sta continuando. Non avremo soluzioni rapide immediate e decisive ma avremo questo processo importantissimo che continua”.

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