Il conglomerato emiratino International Holding Company, controllato dalla famiglia reale di Abu Dhabi, potrebbe acquisire gli impianti all’estero di Lukoil, la seconda compagnia petrolifera più grande in Russia verso cui gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni il mese scorso.
E L’ACCORDO CON GUNVOR?
In realtà, a fine ottobre Lukoil aveva già accettato l’offerta di acquisto presentata da Gunvor, società svizzera di commercio di materie prime. L’accordo, come accennato, riguardava le proprietà di Lukoil al di fuori della Russia, tra cui le raffinerie in Bulgaria e in Romania, le stazioni di servizio in Europa e negli Stati Uniti e i siti di estrazione degli idrocarburi in Iraq e negli Emirati Arabi Uniti.
Gunvor, però, si è tirata indietro a seguito dell’opposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, che ha accusato la società di essere un “burattino del Cremlino”: questo perché Gunvor è stata fondata da Gennady Timchenko, una figura vicinissima al presidente russo Vladimir Putin.
Per molto tempo, Gunvor è stata effettivamente la maggiore rivenditrice sui mercati del petrolio russo. Ma una decina d’anni fa – più precisamente dall’occupazione russa della Crimea ucraina, nel 2014 – ha avviato un processo di distanziamento da Mosca che ha portato, tra le altre cose, all’uscita di Timchenko dal capitale sociale: Timchenko vendette la sua quota del 43,5 per cento all’altro cofondatore, il miliardario svedese Torbjörn Törnqvist Törnqvist, che attualmente possiede l’84,8 per cento della compagnia. Non ci sono investitori esterni, dato che la quota restante (15,2 per cento) è detenuta dai dipendenti.
L’INTERESSE DI IHC PER GLI IMPIANTI DI LUKOIL
International Holding Company (Ihc) ha dichiarato di stare “esaminando gli asset esteri di Lukoil e stiamo discutendo con l’Ufficio di controllo dei beni stranieri” degli Stati Uniti: l’eventuale acquisizione, infatti, richiederà l’approvazione delle autorità americane.
Gli Stati Uniti hanno recentemente concesso l’autorizzazione a Microsoft a rivendere i ricercatissimi processori di Nvidia – fondamentali per lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale – negli Emirati Arabi Uniti. Rispetto alla precedente amministrazione di Joe Biden, che temeva di consegnare alle autocrazie mediorientali un vantaggio nello sviluppo tecnologico, Donald Trump è invece favorevole alla vendita di microchip avanzati ai paesi del Golfo in un’ottica di espansione dell’influenza dell’America sulla regione a danno della penetrazione cinese.
Alla guida di Ihc c’è Tahnoon bin Zayed al Nahyan, consigliere per la Sicurezza nazionale degli Emirati Arabi Uniti e fratello del presidente Mohamed bin Zayed al Nahyan, nonché sceicco di Abu Dhabi. Nei piani della holding c’è il raddoppio del valore degli asset sotto il suo controllo, portandolo a a 125 miliardi di dollari, entro i prossimi cinque anni.
GLI ALTRI INVESTITORI INTERESSATI: CARLYLE…
Ihc, però, non è l’unico soggetto interessato alle proprietà estere di Lukoil, dal valore stimato sui 22 miliardi di dollari: anche la società americana di private equity Carlyle e la compagnia petrolifera Chevron stanno pensando di presentare delle offerte di acquisizione.
I piani di Ihc potrebbero entrare in contrasto con quelli di Carlyle, in particolare, che gestisce asset per 474 miliardi di dollari.
… E LA BIG OIL CHEVRON
Quanto a Chevron, secondo il Financial Times potrebbe decidere di rilevare la quota di Lukoil (5 per cento) nel campo petrolifero Tengiz in Kazakistan: la Big Oil americana già ne possiede il 50 per cento. Lukoil, tuttavia, preferirebbe cedere tutte le sue proprietà a un unico acquirente.






