La settimana scorsa l’amministrazione di Joe Biden ha annunciato lo stanziamento di 7 miliardi di dollari per la creazione di sette poli regionali dell’idrogeno in sedici stati degli Stati Uniti. L’idrogeno è un combustibile che non rilascia CO2 quando viene bruciato (bensì vapore acqueo) e che pertanto potrebbe permettere la decarbonizzazione delle industrie e dei trasporti pesanti che non si riesce ad alimentare con l’elettricità: acciaierie, cementifici e stabilimenti chimici da una parte; camion, navi e aerei dall’altra.
IDROGENO GRIGIO, BLU E VERDE
L’idrogeno meno impattante sul clima è quello cosiddetto “verde”, cioè prodotto dall’acqua tramite l’elettricità generata da fonti pulite, come l’eolico e il solare. Ad oggi, tuttavia, l’idrogeno verde praticamente non esiste: la variante utilizzata è quella “grigia”, ottenuta dal gas naturale attraverso un processo emissivo. Una soluzione intermedia è quella “blu”: si chiama così l’idrogeno ottenuto dal gas, ma catturando (anziché liberare nell’atmosfera) gran parte della CO2 emessa durante il processo con apposite tecnologie.
Le sovvenzioni offerte dall’amministrazione Biden, dunque, puntano a creare un nuovo settore da zero, o quasi.
DOVE SORGERANNO GLI HUB AMERICANI DELL’IDROGENO
Le sette regioni degli Stati Uniti che riceveranno le sovvenzioni federali sono le seguenti: costa del Golfo (Texas e Louisiana: già un importante centro petrolchimico); Medio Atlantico (Pennsylvania, Delaware, New Jersey); Appalachia (Pennsylvania, Virginia occidentale, Ohio); Medio Occidente (Illinois, Indiana, Michigan); Upper Midwest (Minnesota, Dakota del nord, Dakota del sud); Nord-ovest Pacifico (Washington, Oregon, Montana); California.
I due progetti più grandi, quelli che ruotano attorno al Texas e alla California, hanno ricevuto ciascuno 1,2 miliardi di dollari. A detta di Biden, i sette hub stimoleranno investimenti privati per oltre 40 miliardi di dollari e permetteranno la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro ben pagati e sindacalizzati.
IL RUOLO DELL’INFLATION REDUCTION ACT
Gli hub saranno contemporaneamente dei centri di produzione e di utilizzo dell’idrogeno. Il problema è che l’idrogeno verde ha un costo di produzione due volte superiore a quello dell’idrogeno grigio. Tuttavia, l’Inflation Reduction Act – la legge dell’agosto 2022 per la manifattura di tecnologie pulite negli Stati Uniti, dal valore di 369 miliardi – contiene un sussidio che pareggia i costi di produzione delle varianti grigia (2 dollari al chilo, in media) e verde (5 dollari al chilo), agevolando il passaggio dal primo al secondo per quegli stabilimenti che già utilizzano il combustibile.
Il dipartimento dell’Energia stima che entro il 2030 la produzione di idrogeno a basse emissioni arriverà a dieci milioni di tonnellate all’anno.
Gli hub dell’idrogeno sono dei centri industriali in potenza. Nel breve e medio termine, però, assomiglieranno a dei “laboratori” per la sperimentazione di tecnologie, infrastrutture e modelli di business.
LE DIFFERENZE DI APPROCCIO TRA GLI HUB
I sette hub si differenziano non solo per la posizione geografica, ma anche per l’approccio all’idrogeno.
Il polo californiano, ad esempio, vuole produrre l’idrogeno dall’elettricità rinnovabile e dalle biomasse, e utilizzarlo per alimentare i camion pesanti e le operazioni nei porti di Long Beach, Los Angeles e Oakland.
L’hub nel Midwest, invece, produrrà l’idrogeno dall’energia nucleare (una fonte a zero emissioni come l’eolico e il solare) e lo utilizzerà per alimentare le raffinerie, le centrali elettriche, gli aerei, le acciaierie e le vetrerie. Anche l’hub nel Medio Atlantico produrrà l’idrogeno sia dal nucleare che dalle fonti rinnovabili.
Il polo nell’Appalachia utilizzerà il gas naturale come materia prima, ma catturando le emissioni di CO2 e stoccandole sottoterra. Quello nell’Upper Midwest vuole destinare l’idrogeno alla decarbonizzazione dei fertilizzanti agricoli e alla generazione energetica.
Almeno tre degli hub produrranno idrogeno blu, ha scritto il New York Times. Il dipartimento dell’Energia stima però che due terzi dell’investimento complessivo andranno a progetti di idrogeno da rinnovabili.
LE AZIENDE COINVOLTE
L’hub texano, chiamato HyVelocity, è guidato da grandi nomi del settore energetico come le compagnie petrolifere statunitensi ExxonMobil e Chevron, la società chimica francese Air Liquide, la giapponese Mitsubishi, la danese Orsted, le americane AES e Sempra Infrastructure. Tra le aziende utilizzatrici dell’idrogeno prodotto figura invece Amazon.
Amazon, Air Liquide e Mitsubishi lavorano insieme anche nell’hub Nord-ovest Pacifico, assieme a Fortescue Future Industries e alle società elettriche locali Portland General Electric e Puget Sound Energy.