La guerra tra Israele e Hamas colpisce anche il mercato del gas. In particolare nello Stato ebraico.
LA SOSPENSIONE DI TAMAR
In seguito agli attacchi di Hamas, il 9 ottobre il ministero israeliano dell’Energia ha ordinato alla Chevron, l’operatore della piattaforma Tamar a 25 chilometri a nord-ovest di Gaza, che soddisfaceva principalmente il fabbisogno interno, di cessare temporaneamente la produzione.
Il 10 ottobre, il governo israeliano ha inoltre dato istruzioni alla Chevron di sospendere temporaneamente i flussi attraverso il gasdotto più importante che collega Israele ed Egitto, il gasdotto East Mediterranean Gas (EMG), che collega Ashkelon, una città israeliana 13 km a nord di Gaza, ad Arish nel nord Sinai, Egitto.
QUANTO GAS PRODUCE ISRAELE?
Nel 2022, Israele ha prodotto 21,9 miliardi di metri cubi (Bcm) di gas , 11,4 Bcm da Leviathan e 10,2 Bcm da Tamar. Di questi, 12,7 miliardi di metri cubi sono stati consumati a livello nazionale, mentre 5,8 miliardi di metri cubi sono stati esportati in Egitto e 3,4 miliardi di metri cubi in Giordania. Si prevedeva un ulteriore aumento delle esportazioni nel 2023, sostenuto dall’avvio della produzione del giacimento di Karish (dati Bruegel).
LA SITUAZIONE IN EGITTO E GIORDANIA
Il rischio disruption delle forniture di gas a Egitto e Giordania, oltre che di una crisi energetica a Gaza, può complicare gli scenari economici regionali. Inoltre sarà un importante test per l’Europa.
Fino a pochi mesi fa si pensava che l’asse Israele-Egitto potesse aprire alla saldatura tra Leviathan-Tamar e Zohr, il maxi-giacimento offshore egiziano scoperto da Eni e aprire un consolidamento delle esportazioni verso l’Europa. Il combinato disposto tra il raddoppio di Leviathan, le nuove scoperte e l’aumento delle capacità di esportazione dello Stato ebraico può portare, direttamente o meno, Tel Aviv a fornire un decimo del gas garantito all’Europa oggi dalla Russia negli anni a venire. Valorizzando l’interesse italiano. Obiettivi ora divenuti più aleatori per motivi securitari così come la stabilizzazione col Libano trainata proprio dall’energia.