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Come l’Europa si sta gasando con il Gnl Usa

Biden aveva promesso all'Europa 15 miliardi di metri cubi di Gnl entro la fine del 2022. La promessa era stata accolta con scetticismo, ma è stata già superata

Lo scorso marzo Joe Biden si impegnò con i leader europei a mettere loro a disposizione il Gnl Usa per consentire ai Paesi del Vecchio Continente di emanciparsi progressivamente dal gas russo.

L’impegno di Biden: più Gnl Usa per l’Europa

L’impegno preso allora dal capo della Casa Bianca fu di trasportare via nave almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl, con la prospettiva di arrivare a 50 miliardi entro il 2027.

La promessa di Biden era stata allora accolta con scetticismo, visto che gli impianti produttivi americani lavoravano già alla massima capacità e che gli ingenti quantitativi di Gnl da essi lavorato erano già vincolati da contratti in essere.

Adesso tuttavia una analisi esclusiva pubblicata da Reuters sui dati Refinitiv mostra non solo che le parole del Presidente Usa non furono vane ma che si è addirittura superata la soglia dei 15 miliardi di metri cubi promessa dallo stesso Biden.

Usa primi esportatori di Gnl

L’analisi dell’agenzia di stampa comincia col rilevare che gli Usa, secondo quanto recentemente reso noto dalla Energy Information Administration (EIA), sono diventati, nella prima metà del 2022, i principali esportatori di Gnl al mondo, con una crescita del 12% dei volumi di export registrata nei primi sei mesi del 2022 comparata ai dati del secondo semestre del 2021.

Hanno contribuito a questo incremento l’aumento delle capacità produttive degli impianti esistenti, gli alti prezzi e l’esplosione della domanda proveniente in particolare dall’Europa.

Promessa mantenuta: all’Europa il 68% del Gnl Usa

Fino al giugno di quest’anno, come mostrano i dati Refinitiv, gli Usa hanno esportato circa 57 miliardi di metri cubi di Gnl, il 68% dei quali, pari a 39 miliardi, diretti in Europa.

Questi numeri vanno raffrontati con quelli dell’intera annata precedente, quando i flussi diretti in Europa ammontarono ad appena 34 miliardi di metri cubi, pari al 35% di tutto l’export Usa.

Incremento record per l’Europa

“Questo significa”, scrive Reuters, “che gli Stati Uniti hanno già inviato nei primi sei mesi del 2022 più gas di quanto abbiano fatto in tutti i dodici mesi del 2021”.

Se l’attuale trend dovesse mantenersi anche nella seconda metà del 2002, l’incremento totale dei flussi diretti in Europa rispetto al 2021 ammonterebbe circa a 45 miliardi di metri cubi: più del triplo di quanto solennemente promesso da Biden.

Le incognite

Sui volumi di export del prossimo futuro gravano tuttavia alcune incognite, nella fattispecie l’incendio che ha determinato la chiusura degli impianti di Freeport LNG, che da soli forniscono circa il 20% di tutta la produzione Gnl Usa, e l’incombente stagione degli uragani.

Cionondimeno resta il fatto che le compagnie energetiche Usa hanno dimostrato di saper mantenere il passo della domanda, ottenendo risultati che pochi sarebbero stati in grado di prevedere.

Un repentino cambio di destinazione: le cause

L’aumento dei volumi produttivi quest’anno è andato di pari passo con il repentino cambiamento delle destinazioni che ha privilegiato l’Europa a scapito di altri Paesi.

Questa svolta, come osserva Reuters, è accaduta in quanto le compagnie che trasportano Gnl sono disposte a pagare le penalità dovute alla rescissione dei contratti n essere per dirigere il proprio export laddove i prezzi, come in Europa, sono più elevati.

Attualmente il benchmark dei prezzi del gas in Europa si è attestato su una media di 34,06 dollari per milioni di unità termiche britanniche (mmBtu) contro i 29,99 dell’Asia e i 6,12 degli Usa. Questi dati vanno comparati ai prezzi medi del 2021, che in Europa erano pari a 16,04 dollari, in Asia 18 e negli Usa 3,73.

Come ha commentato a Reuters Ed Hirs, esperto di energia dell’Università di Houston, “i cargo vanno laddove la domanda del mercato dice che devono andare”.

I dati dell’export nel dettaglio

Osservando nel dettaglio le differenze tra le destinazioni predilette del Gnl Usa del 2022, si nota chiaramente come i produttori americani stiano privilegiando i mercati europei rispetto ad altri. I flussi diretti in Belgio nella prima metà del 2022 sono stati superiori del 658% rispetto al primo semestre del 2021; per la Spagna il dato è pari al 333%, per la Grecia al 216%, per l’Italia al 206% e per la Francia al 189%.

In forte calo invece l’export diretto a Paesi come Messico (-76%), Pakistan (-72%), Cile (-69%), Bangladesh (-55%), Singapore (-51%) e India (-51%).

Un trend non sostenibile?

Non è chiaro tuttavia quanto possa durare questo trend: è prevedibile infatti un aumento dei prezzi del Gnl in Asia ed America Latina per attrarre i cargo, mentre chi si è visto rescindere i contratti in essere farà valere i propri diritti nei tribunali competenti.

Come ha sottolineato a Reuters Henning Gloystein, direttore per l’energia e il clima dell’Eurasia Group, “la dura e brutale realtà è che l’Europa sta battendo sui prezzi una larga parte dei mercati emergenti. Nel lungo termine questo non è sostenibile e sta già causando carenza di energia nell’Asia meridionale”.

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