Germania switch-off nucleare
Come conseguenza del disastro di Fukushima, il cancelliere Angela Merkel si è impegnata a disattivare tutta l’energia nucleare entro il 2022 e colmare il divario con le energie rinnovabili, un processo noto come Energiewende (transizione energetica). La spinta della Germania per le energie rinnovabili nasce delle proteste anti-nucleari degli anni ‘80 e attualmente più di un quarto (26%) della sua elettricità proviene da energia eolica, solare e da altre fonti rinnovabili, come la biomassa, mentre il 44% proviene da carbone. Il governo tedesco intende aumentare la quota di energie rinnovabili tra il 40% e il 45% entro il 2025.
Un costo enorme
Nessun altro paese delle dimensioni della Germania ha tentato un cambiamento così radicale della sua politica energetica in un così breve lasso di tempo. Un cambio di rotta paragonabile solo alla ricostruzione avvenuta in seguito alla riunificazione tra est e ovest: il costo stimato è di 1 trilione di euro nel corso dei prossimi due decenni. L’Energiewende in realtà è piuttosto controversa, non da ultimo proprio a causa del costo crescente dei sussidi pagati dagli utenti, che ha innescato le proteste delle famiglie più povere che stanno sovvenzionando i pannelli solari sui tetti delle persone più abbienti. La BDI (l’omologa della Confindustria in Germania) non si oppone, ma solleva alcune questioni preoccupanti per le ripercussioni sulle imprese. “Esiste un ampio consenso nella società sugli obiettivi politici, per ridurre la CO2 e aumentare l’efficienza energetica e la quota di energie rinnovabili”, ha dichiarato Carsten Rolle, responsabile della BDI per le politiche energetiche e climatiche. “Vediamo la questione principale nella gestione dell’Energiewende.”
BDI vs Verdi
La transizione energetica da un lato ha sicuramente favorito lo sviluppo dell’industria delle energie rinnovabili, dove oggi lavorano 370.000 tedeschi, ma d’altro canto sta penalizzando la stragrande maggioranza delle Mittelstand (le piccole e medie imprese) che, a differenza dei grandi gruppi industriali, sono costrette a pagare in bolletta un’ulteriore quota per il prelievo di energia da fonti rinnovabili. Le piccole e medie imprese avrebbero perso circa 15 miliardi di euro del valore delle esportazioni nel 2013 a causa dei costi elevati di energia elettrica. Il timore da parte della BDI è che questo generi un problema di competitività: molte aziende potrebbero rinunciare ad investire in nuovi impianti e macchinari. Per contrastare questa perdita percepita della competitività, il gruppo di ricerca IHS ha sostenuto che la Germania dovrebbe rallentare la diffusione di fonti rinnovabili e appoggiarsi più pesantemente sul gas naturale per tagliare i costi della sua transizione energetica. Al contrario, i Verdi sostengono che l’Energiewende sia un’occasione di crescita ed innovazione impareggiabile in grado di stimolare proprio le Mittelstand verso una maggiore efficienza energetica, rendendole molto più competitive in chiave futura.