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Bassa Sassonia

Perché l’industria chimica tedesca teme di restare senza gas

Senza il gas e il petrolio che la Germania acquista dalla Russia, l'industria chimica rischia di interrompere le attività secondo il sindacato dei lavoratori tedeschi del settore. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino

 

Il ministro dell’Economia Robert Habeck ha oggi elevato il primo dei tre livelli di allerta che riguardano il piano di emergenza per i rifornimenti di gas. Questo primo livello non prevede ancora alcuna restrizione all’approvvigionamento statale, ma indica che il governo federale deve “aumentare le misure precauzionali per essere preparato in caso di escalation da parte della Russia”.

Se c’è un settore industriale che più di ogni altro tiene il respiro sospeso per il braccio di ferro con la Russia sul gas e per il rischio che lo scontro sui pagamenti in rubli porti a un immediato blocco delle esportazioni, quello è il settore chimico. Senza gas e petrolio, che la Germania importa in larga misura da Mosca, l’industria chimica tedesca è destinata a fermarsi.

Il grido di dolore arriva direttamente dal presidente del sindacato dei lavoratori chimici Ig-Bce, Michael Vassiliadis, secondo il quale se i rifornimenti di gas dovessero anche solo dimezzarsi rispetto a oggi sarebbe necessario chiudere lo stabilimento principale Basf di Ludwigshafen, dove sono impegnati 40.000 addetti. Vassiliadis, che conosce bene la struttura del colosso chimico essendo membro del consiglio di sorveglianza di Basf, ha spiegato che una riduzione degli approvvigionamenti non permetterebbe al complesso di Ludwigshafen di funzionare in maniera stabile e che il suo fermo ne sarebbe la logica conseguenza: “Per tutti i lavoratori si aprirebbero alternative drammatiche, o il passaggio ai turni ristretti (il lavoro breve) o il licenziamento”.

Quel che vale per Basf, vale per tutto il comparto, ha concluso Vassiliadis: se non ci fosse un compenso per il gas russo, l’impatto sull’ intera industria chimica tedesca sarebbe drammatico e l’interruzione “costerebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro in un periodo di tempo relativamente breve” e influenzerebbe le forniture.

È la prima volta che dal più grande impianto chimico del mondo quale è quello di Ludwigshafen trapelano preoccupazioni di tale portata, ha notato la Frankfurter Allgemeine Zeitung: “Le minacce possono sembrare esagerate, ma la verità è che quasi nessun settore può fare a meno di prodotti chimici, primo su tutti quello automobilistico”.

L’importanza delle case automobilistiche nel portafoglio dell’industria tedesca è nota, con i suoi oltre 800.000 lavoratori resta ancora oggi – nonostante gli strascichi del dieselgate e le conseguenze della transizione dai motori combustibili a quelli elettrici – il pilastro più importante del benessere economico della Germania. E negli stabilimenti di Volkswagen, Bwm, Audi o Mercedes-Benz nulla si muove senza prodotti chimici, utilizzati per vernici, tappezzerie, plastiche, batterie.

Naturalmente non sarebbe solo il settore automobilistico a essere investito dalla crisi, anche quelli farmaceutici e agroalimentare: senza gas, nel peggiore dei casi potrebbero esaurirsi i fertilizzanti e si potrebbe produrre meno cibo, avvertono da Basf. Un ulteriore colpo per un settore già sotto pressione, i cui aumenti dei prezzi già riversatisi sui consumatori nei supermercati stanno contribuendo all’innalzamento dell’inflazione.

I piani di emergenza del governo in caso di stop russo non forniscono molti dettagli pubblici. C’è scritto che alcuni clienti industriali possono essere estromessi dalle forniture in caso di emergenza, ma nulla di più specifico. Come scritto, questa mattina il ministro dell’Economia Robert Habeck ha oggi elevato il primo dei tre livelli di allerta.

Gli esperti della chimica avvertono che se il gas russo dovesse venire a mancare già dalle prossime settimane, le industrie del settore dovrebbero razionare la loro “allocazione” rimanente e distribuirla attraverso le singole catene del valore. Le materie prime ammoniaca e acetilene sono particolarmente critiche per la loro produzione – spiegano – il gas non viene utilizzato solo per il funzionamento degli impianti, ma anche in grandi quantità come materia prima.

Secondo l’associazione industriale di settore Verband der Chemischen Industrie (Vci), l’industria chimica rappresenta circa il 15% del consumo di gas in Germania: nessun’altra industria ne consuma altrettanto. Circa il 70% viene utilizzato per accendere i sistemi, il 30% entra direttamente nella produzione come materia prima. Nello stabilimento principale di Basf, le quote sono più o meno le stesse.

Nell’ambito della transizione energetica, alcune aziende hanno annunciato che convertiranno i propri impianti di produzione in elettricità da energie rinnovabili. Tuttavia, la tecnologia non è ancora matura. Inoltre, non è ancora chiaro come si possa coprire l’enorme aumento della domanda di elettricità che secondo le stime di Basf è destinata a triplicare.

Per questo tutti i rappresentanti dell’industria chimica, siano essi imprenditori o sindacalisti, si sono schierati al fianco di Olaf Scholz e del suo rifiuto di aderire a forme di embargo verso le fonti energetiche dalla Russia: un boicottaggio danneggerebbe più noi che Putin, hanno detto. Ma questo lascia anche intendere a che tipo di pressioni il cancelliere è sottoposto in questi giorni sul fronte interno.

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