Mercoledì i prezzi europei del gas naturale sono saliti ai livelli più alti degli ultimi quattro mesi dopo che la società petrolifera austriaca OMV ha fatto sapere che le forniture del gruppo statale russo Gazprom potrebbero venire interrotte. È stata una comunicazione allarmante per l’Austria, dato che negli ultimi otto mesi più dell’80 per cento delle importazioni gasifere del paese erano riconducibili proprio a Gazprom.
COSA È SUCCESSO TRA L’AUSTRIA E GAZPROM
Le forniture tra la Russia e l’Austria sono regolate da un contratto a lungo termine con scadenza nel 2040. La loro possibile interruzione è dovuta alla “sentenza di una corte straniera ottenuta da un’importante compagnia energetica europea”. OMV non ha fornito maggiori dettagli, se non che se a causa di questa sentenza non dovesse riuscire a pagare Gazprom – i pagamenti, a quanto pare, dovranno andare all’anonima “compagnia energetica europea” -, allora probabilmente Gazprom sospenderà i flussi.
Secondo l’autorità austriaca di regolazione dell’energia, E-Control, un’interruzione delle forniture russe potrebbe portare a un aumento “di breve termine” dei prezzi del gas. L’autorità ha tuttavia assicurato che l’Austria dispone di forniture adeguate fino al 2026, grazie alle possibilità di diversificazione (via Norvegia, Italia, Germania e gas liquefatto, principalmente) e ai livelli elevati di stoccaggio.
La dipendenza dell’Austria dalla Russia per il gas risale agli accordi firmati con l’ex-Unione sovietica e si è prolungata nel tempo per via della maggiore economicità del combustibile russo via tubo rispetto a quello liquefatto via nave; i contratti a lungo termine firmati con Gazprom, inoltre, davano alle imprese austriache certezze sui costi dell’energia.
LE CAUSE CONTRO GAZPROM
OMV non ha rivelato il nome della “importante compagnia energetica europea” coinvolta nella sentenza contro Gazprom. Sappiamo però che in diversi paesi europei – in Italia, Germania, Bulgaria, Finlandia e Repubblica ceca, ad esempio – gli ex-clienti di Gazprom hanno presentato richieste di risarcimento contro la società russa per il mancato rispetto degli obblighi contrattuali.
CI SONO RISCHI PER L’ITALIA?
L’eventuale interruzione dei flussi di gas russo verso l’Austria non si ripercuoterà sull’Italia, ha fatto sapere Snam, la società che gestisce la rete nazionale dei gasdotti.
Questo perché – stando ai dati aggiornati ad aprile – la maggior parte degli approvvigionamenti italiani, circa il 65 per cento del totale, provengono dalle tubature posizionate a sud della penisola e dal gas liquefatto: nello specifico da Mazara del Vallo per il 27 per cento, da Melendugno per il 13 per cento e da Gela per il 3 per cento; il GNL, invece, ha una quota del 21 per cento. Alla diversificazione delle forniture si somma il contributo degli stoccaggi, che nei primi quattro mesi del 2024 hanno coperto circa il 20 per cento della domanda di gas.
Le forniture di gas provenienti da nord hanno dunque un peso marginale. Da gennaio ad aprile scorso, infatti, i flussi arrivati in Italia dal punto di ingresso di Tarvisio – e provenienti dall’Austria, dalla Slovacchia e dall’Ucraina – sono valsi il 7 per cento.
Nel 2023 la Russia è stata l’origine del 5 per cento circa del gas naturale importato in Italia; nel 2020 e nel 2021 la quota era molto più alta, intorno al 35 per cento. Il 31 dicembre prossimo scadrà l’accordo di transito del gas tra l’Ucraina e la Russia, che non verrà rinnovato.