Il gigantesco giacimento di Zohr, nel mare egiziano, è stato avviato dall’Eni in soli 2 anni e mezzo
Zohr, il più grande giacimento di gas mai scoperto nel Mediterraneo, è entrato in produzione il 20 dicembre 2017, in tempi record: meno di 2 anni e mezzo dalla scoperta, avvenuta ad agosto 2015. Forte di potenziale di oltre 850 miliardi di metri cubi di gas in posto (circa 5,5 miliardi di barili di olio equivalente), il giacimento rappresenta un fiore all’occhiello per Eni e, soprattutto, una scommessa vinta: è la più grande scoperta di gas mai effettuata in Egitto e nel Mar Mediterraneo, sarà in grado di soddisfare parte della domanda egiziana di gas naturale per i prossimi decenni ed è la dimostrazione del successo del Dual Exploration Model, adottato dalla società dal 2013.
Nei giorni scorsi sono stati effettuati gli ultimi test, prima dell’avvio della produzione. Il giacimento, che si trova nel blocco di Shorouk, nell’offshore dell’Egitto a circa 190 chilometri a nord di Port Said, porta il gas a terra grazie a 220 chilometri di linee.

Eni, ricordiamo, possiede una quota di partecipazione nel progetto Zohr del 60% nella concessione Shorouk, Rosneft il 30% e BP il 10%. La società è co-operatore del progetto attraverso Petrobel, detenuta pariteticamente da Eni e dalla società di stato Egyptian General Petroleum Corporation (EGPC), per conto di Petroshorouk, a sua volta controllata da Eni e da Egyptian Natural Gas holding Company (EGAS).
Non solo Zohr
Il progetto egiziano è solo uno dei 7 progetti record di Eni, avviati alla produzione grazie a Dual Exploration Model di Eni, adottato dalla società dal 2013. Questo approccio si basa su un principio semplice: mentre si accrescono le riserve di idrocarburi attraverso i successi esplorativi, si trae vantaggio dalla monetizzazione anticipata ottenuta attraverso la cessione di quote di minoranza, mantenendo comunque il controllo e l’operatorship dell’asset. Conducendo in parallelo le fasi di esplorazione, di appraisal e di sviluppo, il time-to-market è più rapido e c’è una riduzione dei costi per la messa in produzione delle scoperte e un cash flow anticipato. Questa combinazione vincente ha permesso alla società di generare tra il 2014 e il 2017 circa 9 miliardi di dollari dalle attività di esplorazione.







