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Ttf

Gas, tutte le magagne del mercato olandese Ttf

Il mercato olandese Ttf del gas presenta almeno tre problemi. Ecco quali. L'analisi di Sergio Giraldo, manager nel settore energetico

 

Il Title Transfer Facility (TTF) è il mercato olandese dove vengono scambiati volumi fisici di gas. Questo piccolo mercato, nato nel 2003, è diventato col tempo il riferimento per l’intero continente europeo. Il prezzo che si forma al TTF è oggi l’indice a cui i contratti di fornitura all’ingrosso e a clienti finali con formule di prezzo variabili sono legati.

Tutti gli altri mercati europei (quello francese, tedesco, italiano) procedono in parallelo con il TTF con piccole differenze. Anche i contratti scambiati all’ingrosso fuori dall’Olanda a prezzo fisso, ad esempio in Italia, sono prezzati in base alle quotazioni correnti di quel mercato.

L’influenza del TTF sui vari mercati nazionali del gas è pressoché totale. Al mercato fisico si affianca un mercato finanziario, gestito dal colosso americano ICE, dove si scambiano futures che hanno come sottostante il gas scambiato al TTF e dove i prezzi sono simili ma i volumi molto più grandi.

L’Unione europea, nei suoi rapporti trimestrali sull’andamento dei mercati energetici, non ha mancato in questi anni di elogiare la nascita e lo sviluppo del TTF, considerato come un vanto. L’idea europea era infatti di sostituire gradualmente i vecchi contratti di importazione a lungo termine indicizzati al petrolio, ritenuti “contrari all’affermazione di una piena concorrenza dei mercati”, con contratti di breve termine soggetti a scambi intensi, in nome della libera concorrenza.

Il TTF presenta però una serie di problemi che nessuno si è mai curato di risolvere.

Primo problema: i volumi sottili. Lunedì scorso, il contratto relativo alle consegne per il mese di settembre al TTF ha raggiunto il prezzo di 285 €/MWh (+25%) con 24 deal (scambi) per volumi pari a 244.800 MWh, cioè circa 23 milioni di metri cubi. Briciole, davvero poca cosa, un’inezia rispetto ai volumi di gas consumati in Europa tutti i giorni. Si tratta di quantitativi ridicoli, eppure, muovendo così poco, è possibile influenzare tutti i mercati d’Europa. La mancanza di liquidità è un problema perché permette di alterare i prezzi anche con piccoli capitali ed espone quindi il mercato all’azione di puri speculatori finanziari. Questo nonostante ci siano ben due normative (EMIR e REMIT) che obbligano gli operatori ad inviare tutti i giorni ai regolatori (EMA e ACER) i dettagli di ogni singolo scambio, proprio per evitare comportamenti speculativi. Evidentemente, però, sinora tutto bene.

Secondo problema: sul mercato TTF non c’è un sistema di sospensione delle contrattazioni in presenza di alta volatilità. Se un titolo qualunque della borsa di Milano mostra variazioni di prezzo superiori al 10%, viene sospeso sino a che il mercato non ritorna equilibrato. Questo limite di variazione dei prezzi sul mercato TTF (e sul parallelo mercato finanziario ICE che tratta i future) non esiste. Ciò comporta che il prezzo possa oscillare anche del 50% in una stessa giornata, provocando rialzi (o ribassi) talmente repentini da essere devastanti. Ancora lunedì scorso, il future sul primo trimestre 2024 al TTF ha avuto un’oscillazione del 24% in meno di tre ore, pari a circa 50 €/MWh. Un’enormità.

Terzo e principale problema: offerta limitata. Il gas che circola in Europa proviene da gasdotti di fornitori di lungo periodo (Norvegia, Russia, Nord Africa) e da LNG che approda in Europa su navi metaniere di varia provenienza. L’Europa è grande consumatore netto, cioè l’Europa compra sempre. Il TTF è un mercato disfunzionale perché lì il meccanismo domanda-offerta per la fissazione del prezzo non funziona. Oggi, con prezzi così alti, l’offerta dovrebbe aumentare, proprio per approfittare dei corsi alti, facendo scendere i prezzi. Ma questo meccanismo su TTF è impossibile perché non esiste offerta addizionale. Non c’è altro gas fisico che possa arrivare sul mercato, soprattutto se si elimina il gas russo: i prezzi oggi possono salire all’infinito, perché non c’è offerta aggiuntiva che possa ottenere di farli scendere. Almeno sino a che non arriveranno grandi quantitativi di gas dai paesi “alternativi” individuati. O almeno sino a che non ci sarà un calo della domanda davvero importante, cioè di almeno 30 miliardi di metri cubi.

Considerati questi problemi, appare grave ed assurdo che una materia prima dal cui prezzo dipende una quota rilevantissima dell’intera economia continentale (produzione elettrica, chimica, metalmeccanica, nonché acciaio, carta, vetro e tanti altri) sia scambiata in questo modo, senza regole, senza controlli, senza freni. Il PIL europeo e il portafoglio delle famiglie sono appesi ad un mercato-giocattolo, una costruzione ideologica voluta dall’oligarchia di Bruxelles.

Riformare il TTF? Sì, si potrebbero introdurre meccanismi di controllo della volatilità con sospensione delle contrattazioni. EMA e ACER potrebbero condurre una indagine per valutare condotte speculative. Si potrebbe avviare un meccanismo di market making da parte di un pool di grandi operatori. Ma la verità è che sino a che l’Europa non sarà inondata da un mare di gas i prezzi resteranno alti. Questo non è un mercato in cui funzionano formule magiche alla Whatever it takes. Questa è la realtà del mondo fisico, che pretende il rispetto dei fondamentali.

(Estratto di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità)

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