La compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil sta cercando un acquirente per i suoi stabilimenti chimici in Europa, che faticano a reggere la concorrenza cinese e a sostenere l’impatto dei dazi americani. Non si tratta di un caso isolato: anche il gruppo saudita Sabic ha intenzione di procedere in questo senso, e nei mesi scorsi l’azienda olandese LyondellBasell ha effettivamente venduto quattro impianti nel Vecchio continente.
COSA FARÀ (FORSE) EXXONMOBIL
Stando alle fonti del Financial Times, ExxonMobil ha intenzione di vendere degli stabilimenti nel Regno Unito (dove possiede un impianto di etilene nella città di Fife) e in Belgio: l’operazione potrebbe fruttarle fino a 1 miliardo di dollari. In mancanza di un acquirente, potrebbe procedere alla loro chiusura.
LA CRISI DELL’INDUSTRIA CHIMICA EUROPEA
In Occidente l’industria chimica è in difficoltà per via della concorrenza cinese, che ha costi operativi più bassi, e della fiacchezza della domanda. Rispetto a quelli statunitensi, però, i produttori petrolchimici europei devono anche fare i conti con dei prezzi del gas naturale più alti e con l’impatto indiretto dei dazi sulle merci europee voluti da Donald Trump, che stanno riducendo ulteriormente la richiesta di prodotti chimici, utilizzati in pressoché ogni settore economico. Trump, peraltro – fa notare il Financial Times – ha in programma di imporre una tariffa del 15 per cento sulle importazioni di prodotti chimici dall’Europa.
LA VENDITA DI ESSO IN FRANCIA
La ritirata dal settore chimico organizzata da ExxonMobil si inserisce in una più generale riduzione della sua presenza in Europa, dove le attività sono complicate dagli alti prezzi dell’energia e delle quote di CO2 che le industrie sono tenute a pagare per compensare l’impatto delle loro emissioni.
Lo scorso maggio ExxonMobil ha fatto sapere di aver avviato delle trattative con il gruppo energetico canadese North Atlantic per la cessione della sussidiaria francese Esso: la vendita dovrebbe avvenire nell’ultimo trimestre del 2025 a un prezzo di 400 milioni di euro.
Esso ha problemi di redditività legati anche alla contrazione dei margini di raffinazione. La raffineria di Port-Jérôme-Gravenchon, che la compagnia statunitense si appresta a vendere, è la seconda raffineria di petrolio più grande della Francia e uno dei più vasti poli integrati della chimica in tutta l’Europa occidentale.