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Cosa c’è nel nuovo bando di gara per l’ex Ilva

Dopo il fallimento delle trattative con Baku Steel, il ministero delle Imprese ha pubblicato un nuovo bando di vendita per Acciaierie d'Italia: si cerca un investitore privato disposto ad acquisire l'ex Ilva, anche a pezzi. Ecco le novità e il ruolo del governo.

Il governo ha pubblicato il nuovo bando per la vendita di Acciaierie d’Italia, la società in amministrazione straordinaria che gestisce gli impianti dell’ex Ilva a Taranto, Genova e Novi Ligure, tra gli altri.

LA DECARBONIZZAZIONE DELL’EX ILVA DI TARANTO DIVENTA UN OBBLIGO VINCOLANTE

La novità principale rispetto alla procedura precedente, quella del luglio 2024, è che la decarbonizzazione dello stabilimento pugliese – il più grande d’Europa – non è più un’opzione, ma un obbligo vincolante.

I soggetti interessati all’acquisizione, si legge nel comunicato diffuso dal ministero delle Imprese, “dovranno impegnarsi allo spegnimento delle aree a caldo alimentate a carbone [gli altiforni, ndr] nel più breve tempo possibile, alla realizzazione fino a un massimo di tre forni elettrici per coprire l’intera capacità produttiva autorizzata e al pieno rispetto delle prescrizioni contenute nella nuova Aia”, cioè l’Autorizzazione integrata ambientale: si tratta, in breve, di un provvedimento che consente a un impianto dall’elevato potenziale di inquinamento di operare, ma solo se rispetta precise condizioni di protezione ambientale.

L’Aia per l’acciaieria di Taranto è stata rilasciata il 25 luglio scorso, ha una validità di dodici anni e riguarda una capacità produttiva annua fino a sei milioni di tonnellate.

IL FALLIMENTO DELLE TRATTATIVE CON BAKU STEEL

La pubblicazione di un nuovo bando di gara è la conseguenza del deterioramento delle trattative con l’azienda azera Baku Steel, che aveva presentato un’offerta per l’acquisizione di Acciaierie d’Italia da circa 1,1 miliardi di euro ponendo però diverse condizioni, tra cui l’installazione di una nave rigassificatrice a Taranto, sgradita alle autorità locali.

LE ALTRE NOVITÀ DEL NUOVO BANDO

Nel bando appena pubblicato – ufficialmente “Lettera di procedura II” – rimane il “principio inderogabile” della tutela occupazionale. Una novità, invece, è quella relativa all’acciaieria di Cornigliano, a Genova, dove “potrà essere prevista” la realizzazione di un forno elettrico.

Inoltre, rispetto al bando di un anno fa, stavolta l’offerta vincolante per Acciaierie d’Italia dovrà prevedere l’acquisto dell’intero magazzino e includere una nuova versione del piano industriale che specifichi il numero di dipendenti che verranno mantenuti e l’impegno per la continuità aziendale.

Infine, il bando permette sia l’acquisizione dell’intero complesso di Acciaierie d’Italia, sia l’acquisto degli asset al nord, di quelli al sud o di singoli rami dell’azienda. A parità di condizioni, però, saranno privilegiate le offerte “che meglio garantiscono la continuità produttiva e la tutela occupazionale”.

– Leggi anche: Urso sta preparando lo spezzatino di Acciaierie d’Italia?

TEMPI E CONDIZIONI

Le offerte andranno presentate entro il 15 settembre. I commissari di Acciaierie d’Italia daranno la priorità, nella valutazione, a quelle che prevedono la costruzione di un numero maggiore di forni elettrici, un periodo più breve per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e un volume di produzione più elevato (entro i sei milioni di tonnellate di acciaio all’anno autorizzato con l’Aia).

IL RUOLO DEL GOVERNO

Il governo ha fatto sapere che darà il proprio supporto per la costruzione degli impianti di riduzione diretta del ferro, un processo che, in combinazione con l’uso dei forni elettrici, garantisce una produzione siderurgica a emissioni più basse rispetto al ciclo tradizionale in altoforno. Mentre gli altiforni utilizzano il carbone coke, infatti, la riduzione diretta impiega il gas naturale o – in prospettiva – l’idrogeno verde, un combustibile pulito ottenuto con l’elettricità generata da fonti a zero emissioni.

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha detto che la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto permetterà all’Italia di “conseguire la leadership nella siderurgia green in Europa”. Al momento, però, l’idrogeno verde ha costi altissimi e non è chiaro in che modo il nostro paese possa garantirne una produzione sufficiente a soddisfare la domanda energetica di un’acciaieria.

Il supporto del governo alla decarbonizzazione di Acciaierie d’Italia, comunque, si esprimerà anche attraverso Dri d’Italia, la società che si occuperà di costruire gli impianti per la riduzione diretta del ferro. Dri d’Italia è partecipata interamente da Invitalia (dunque è controllata dal ministero dell’Economia), e – come spiegato da Urso – “ha già in dotazione 1 miliardo di euro del fondo di coesione nazionale, a cui si aggiungerebbero altre risorse private”.

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