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Europa Gas

Tutti gli errori dell’Europa su gas, price cap e CO2. Parla Tabarelli

Sul gas e sull'energia, l'Europa dimentica le questioni concrete per concentrarsi sui tecnicismi. L'analisi di Davide Tabarelli, economista e presidente di Nomisma.

 

Se la suona e se la canta l’Europa sull’energia, con il Consiglio di lunedì che, come i capponi di Renzo verso Azzeccagarbugli, litiga su tecnicismi, per dimenticare le questioni concrete, più spinose, come il fare rigassificatori, usare più carbone, evitare il collasso del nucleare francese e razionare la domanda.

C’è voluto quasi un anno per arrivare ad un accordo a 180 euro per megawattora, molto più basso dei 275 proposti un mese fa e 9 volte la media di 20 euro di lungo termine. Il tetto è alto per definizione e solo raramente deve entrare in vigore il meccanismo di sua applicazione, inutile confonderlo, come abbiamo fatto finora, con la soluzione del problema. Litigare tutti questi mesi è stato solo una perdita di tempo.

Non sarà facile applicarlo, perché si forma su una borsa a termine fortemente finanziarizzata, gestita fuori dall’Ue, a Londra, all’Intercontinental Exchange, l’Ice. La borsa ha già fatto sapere che non accetterà imposizioni di questo tipo e che potrebbe decidere di chiudere o di spostare la consegna fisica fuori da Amsterdam. Se dovesse accadere, allora verrebbe meno la funzione del prezzo quali indicatore per il mercato europeo. Inoltre, l’obiettivo è di applicare i limiti solo ai “futures”, ai contratti a termine, quelli scambiati nelle borse istituzionalizzate come Ice, tuttavia più di due terzi degli scambi sono fuori, sull’Over the Counter, sull’Otc, a cui non si applicherebbero i massimi.

Intanto, il Qatar fa la voce grossa sull’inchiesta sui fondi nel parlamento europeo, mentre noi ci accapigliamo su dove fissare un tetto che faremo comunque fatica ad applicare. Occorre, invece, più attenzione alle regole semplici dell’economia, che si applicano molto bene a quanto accaduto al mercato del gas in Europa. È venuto meno il 40% dell’offerta con il taglio russo e serve rimpiazzare questo ammanco, oppure ridurre la domanda, solo così possono scendere i prezzi.

Sul primo versante ci sono prima di tutto dei lunghi tempi tecnici, nel senso che servono anni per ricostruire un sistema di approvvigionamento simile a quello dalla Russia. La tecnologia dei rigassificatori galleggianti è una sorta di innovazione che ci è venuta in soccorso, perché in un anno, a volte anche meno, un terminale si riesce a realizzare. In Germania, sta entrando in funzione il primo dei sei in programma, nei Paesi Bassi ne hanno allacciati già due, in Italia siamo a zero; sarà già un buon risultato se ne avremo uno prima del prossimo inverno. Di produzione interna in Europa meglio non parlarne, come dimostra il caso italiano, dove si è ancora sul trend di calo.

Sul lato della domanda si continua a dare sostegno ai consumatori finali, ma così le loro richieste non frenano, o calano poco, come invece sarebbe necessario per riportare i prezzi a valori più normali. Servirebbe fare di più sui combustibili alternativi, come ha fatto la Germania, che è tornata ai massimi sui consumi di carbone, ma nel resto d’Europa non c’è molta capacità, mentre è critica la situazione del nucleare francese, lo zoccolo duro di tutto il sistema elettrico europeo.

(Estratto di un articolo pubblicato su La Stampa; qui la versione integrale)

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