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Libia Iraq

Che cosa fa Eni in Libia. Tutti i numeri su petrolio e gas

Che cosa fa Eni in Libia e quali sono le prospettive. L'approfondimento di Alessandro Sperandio

La situazione in Libia rischia di precipitare. Il bombardamento aereo sull’aeroporto di Tripoli sferrato dall’esercito del generale Khalifa Haftar sta isolando, di fatto, l’uomo forte della Cirenaica nella sua offensiva verso la capitale.

A livello internazionale si sono sollevate una serie di voci – da quella dell’inviato Onu Ghassan Salamé al segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, fino ai paesi Ue con l’Alto rappresentante Federica Mogherini – che hanno sollecitato a fermare gli attacchi e proseguire verso una tregua.

Intanto, l’Italia ha deciso di non fuggire dal Paese nordafricano: prima l’ambasciatore Giuseppe Buccino Grimaldi, poi lo Stato maggiore della Difesa con una nota hanno confermato l’intenzione a rimanere nel paese dove sono forti i nostri interessi soprattutto nel settore energetico, con Eni, ma non solo.

QUANTO VALE ENI IN LIBIA

“Eni attualmente non ha personale presente”, si scrive da giorni. Questo perché, come si legge su Il Messaggero di domenica scorsa, “in realtà la gestione delle operazioni Eni in tutto il paese libico avviene da Malta, a dovuta distanza dai pozzi gestiti nel deserto (in Tripolitania nei campi di al Wafa ed el Feel al confine con l’Algeria) e da quelli offshore, comunque lontani da Tripoli. È lì, a Malta, che si trova l’ufficio a cui fanno ritorno regolarmente i manager Eni dopo le missioni a Tripoli”.

IL CONFRONTO CON TOTAL IN LIBIA

Va ricordato che, in Libia, Eni “ha un ruolo decisamente centrale, ben più di quello della concorrente francese Total. Non solo perché il Cane a sei zampe è presente dal 1959. Ma perché la società italiana, in tandem con la società nazionale Noc, rappresenta il 70% della produzione nazionale libica – ha aggiunto il Messaggero -. Gli ultimi dati di produzione di Eni in Libia parlano di 270-280 mila barili al giorno, mentre nel 2017 si era toccato il record di 384 mila barili al giorno. Ed è il gasdotto Greenstream a raccogliere il gas naturale proveniente dai due giacimenti di Bahr Essalam e Wafa e farlo arrivare in Sicilia a Gela”.

LA PRODUZIONE ENI IN LIBIA

Non solo. La produzione libica dell’Eni “vale circa il 15% della produzione del gruppo italiano. Circa un terzo del gas naturale prodotto dal gruppo è libico. E non è comunque poco per un colosso che fattura 77 miliardi”.

I NUMERI DI ENI NEL PAESE: 6 I CONTRATTI IN CORSO

Più nel dettaglio, come spiega il gruppo guidato dall’ad, Claudio Descalzi, l’attività è condotta nell’offshore mediterraneo di fronte a Tripoli e nel deserto libico per una superficie complessiva sviluppata e non sviluppata di 24.673 chilometri quadrati (12.336 chilometri quadrati in quota Eni).

IL SETTORE ONSHORE PER ENI IN LIBIA

L’attività di esplorazione e sviluppo è raggruppata in 6 contratti. A livello onshore abbiamo l’Area A, comprendente l’ex Concessione 82 (Eni 50%); l’Area B, ex-Concessione 100 (Bu Attifel) e il Blocco NC 125 (Eni 50%); l’Area E, con il giacimento El Feel (Elephant) (Eni 33,3%); l’Area F, con il Blocco 118 (Eni 50%); e l’Area D, con il Blocco NC 169, nell’ambito del Western Libyan Gas Project (Eni 50%).

L’OFFSHORE DI ENI IN LIBIA

Nell’offshore Eni è presente nell’Area C, con il giacimento a olio di Bouri (Eni 50%) e nell’Area D, con il Blocco NC 41, parte del Western Libyan Gas Project. Nella fase esplorativa, Eni è invece operatore nelle Aree Contrattuali onshore A e B e offshore D.

IL RECENTE PASSATO DI ENI IN LIBIA

Nel recente passato, sottolinea la stessa compagnia “la Libia è stato uno dei Paesi maggiormente esposti a rischio politico per Eni. Da circa un paio d’anni le attività petrolifere Eni nel Paese marciano con una certa regolarità con episodi di disruption sempre più rari, benché non del tutto assenti. Nonostante i recenti sviluppi positivi – si legge sul sito dell’azienda -, il management ritiene che la situazione geopolitica della Libia continuerà a costituire un fattore di rischio e d’incertezza per il prossimo futuro. Le attività Eni in Libia sono regolate da contratti di Exploration and Production Sharing (EPSA) che hanno durata fino al 2042 per le produzioni a olio e al 2047 per quelle a gas”.

PRODUZIONE DI IDROCARBURI ATTESA IN CALO NEL MEDIO TERMINE

Eni era dunque preparata a possibili escalation di tensioni nel paese, come si legge anche nella relazione finanziaria 2018: “Nella seconda metà del 2018 il riaffiorare delle tensioni interne ha influito in maniera negativa sul contesto operativo e sulla domanda domestica di gas con ricadute sulla produzione equity di Eni che è risultata inferiore alle aspettative interne. Il management ritiene che la situazione geopolitica della Libia continuerà a costituire un fattore di rischio e d’incertezza per il prossimo futuro. Alla data di bilancio, la Libia rappresenta il 16% della produzione d’idrocarburi complessiva di Eni; tale incidenza è prevista ridursi nel medio termine”.

L’ESPLORAZIONE DI ENI NEL PAESE

Prima del verificarsi degli ultimi scontri nel paese, l’Eni era attiva anche nell’attività esplorativa in Libia (prolungata fino al 2019). Lo ricorda la stessa azienda sul suo sito evidenziando, tra l’altro, un esito positivo delle esplorazioni “nell’area contrattuale D con una nuova scoperta a gas e condensati” situata in prossimità dei campi in produzione di Bouri e di Bahr Essalam.

LO SVILUPPO DEGLI ASSET

Nel corso del 2018, si legge nella relazione finanziaria del Cane a sei zampe, “le attività di sviluppo hanno riguardato l’avvio produttivo del progetto offshore Bahr Essalam fase 2 (Eni 50%), il cui completamento è previsto entro il secondo trimestre 2019 (il programma di sviluppo prevede la perforazione di dieci pozzi, di cui sette com-pletati e avviati in produzione nel 2018, nonché l’upgrading delle facility esistenti per incrementare la capacità produttiva); il potenziamento degli impianti di trattamento gas nell’area di Mellitah (Eni 50%) e Sabratha (Eni 50%); e l’avvio di un programma di ottimizzazione della produzione del giacimento di Wafa (Eni 50%). Il progetto prevede attività di drilling e la realizzazione di nuove unità di compressione gas. In particolare, sono state avviate nel 2018 attività di infilling: un primo pozzo a gas è stato completato nel novembre 2018 e un secondo pozzo nel marzo 2019. Il completamento è atteso nel corso del 2019”.

GLI ACCORDI RECENTI CON NOC E BP

Come si legge sempre nella relazione finanziaria 2018, Eni aveva inoltre finalizzato un accordo in Libia con la National Oil Corporation e BP per rilanciare l’esplorazione nel Paese. Nell’ambito di tale accordo è stato assegnato a Eni il ruolo di operatorship e una quota del 42,5% nell’Exploration and Production Sharing (EPSA) di BP nel Paese, in particolare nelle aree contrattuali onshore A e B e nell’area offshore C.

“L’accordo – si legge nella relazione finanziaria dell’azienda – prevede il rilancio delle attività di esplorazione e sviluppo in sinergia con le infrastrutture Eni presenti nell’area per accelerare la messa in produzione delle riserve. Inoltre l’accordo rafforza la partnership nell’ambito di iniziative di sviluppo sociale attraverso l’attuazione di programmi specifici di istruzione e formazione”, come quelli siglati con un MoU nel 2017 che hanno previsto la ristrutturazione della clinica presso l’area di Jalo; la realizzazione di una pipeline per l’impianto di desalinizzazione per fornire acqua potabile alle comunità dell’area. Ma anche iniziative in ambito sanitario e di accesso all’acqua e all’energia nelle aree produttive di Bu Attifel ed El Feel e programmi di formazione in ambito medico e nel settore oil&gas.

IL GASDOTTO GREENSTREAM HA PORTATO NEL 2017 4,76 MILIARDI DI METRI CUBI IN ITALIA

L’attività di gas di Eni si esplica, infine, attraverso il gasdotto GreenStream per l’importazione del gas libico prodotto dai giacimenti di Wafa e Bahr Essalam operati da Eni. Come evidenzia la stessa azienda, “Il gasdotto, composto da una linea di 520 chilometri, realizza l’attraversamento sottomarino del Mar Mediterraneo collegando l’impianto di trattamento di Mellitah sulla costa libica con Gela in Sicilia, punto di ingresso nella rete nazionale di gasdotti. La capacità del gasdotto ammonta a circa 8 miliardi di metri cubi/anno. L’approvvigionamento di gas naturale in Libia nel 2017 è stato pari a 4,76 miliardi di metri cubi”.

QUANTO RENDONO GLI IDROCARBURI ALLA LIBIA

Insomma, la situazione nel paese rischia di complicarsi notevolmente considerando anche che il Fezzan, il sud del paese, è sostanzialmente nelle mani di Haftar e lì sono presenti il giacimento di Sharara, il più grande di tutta la Libia, gestito dalla Noc in collaborazione con la spagnola Repsol, la francese Total, l’austriaca Omv e la norvegese Equinor e di el-Feel, dove opera Eni.

I due giacimenti producono rispettivamente 315mila e 80 mila barili al giorno, quasi la metà dell’attuale produzione nazionale. “A questo volume va aggiunto l’intero bacino della Sirte, e dei suoi due grandi terminali (Ras Lanuf e El-Sider) controllato dal governo della Cirenaica – scriveva qualche giorno fa il Sole 24 Ore -. La cui capacità produttiva rappresenta i due terzi di quella nazionale. Nel territorio controllato dal governo di Tripoli restano assets petroliferi – come i giacimento offshore di Bouri e di al-Jurf – capaci di produrre poco più di 100mila barili al giorno. Oltre al giacimento di gas naturale di Wafa”.

In sostanza, “in un paese che vive di greggio controllare i giacimenti è fondamentale. Anche perché rispetto agli anni più difficili (2014-2016) a produzione è tornata a risalire. E così anche le rendite. L’anno scorso sono balzate a 26 miliardi di dollari (nell’anno peggiore furono 5 miliardi)”, ha rammentato sempre il quotidiano di Confindustria.

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