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Energia Nucleare Luna

Energia nucleare sulla Luna, che può fare l’Italia?

Conversazione di Enrico Ferrone con lo scienziato Mariano Tarantino, direttore della divisione Sicurezza e Sostenibilità Nucleare di Enea, sullo stato dell’arte delle tecnologie nucleari da poter inviare sulla Luna

La notizia è ormai ufficiale: il Fission Surface Power Project della Nasa ha completato con successo la sua fase di progettazione iniziale, per la creazione di una fonte di energia stabile per le future colonie lunari. E forse marziane.

Il programma è partito nel 2022, quando l’ente ha stanziato 15 milioni di dollari in tre contratti a partner industriali per la definizione di piccoli reattori nucleari a fissione da posizionare sulla Luna. Il progetto, guidato dal direttorato Space Technology Mission mira a utilizzare una fonte di energia nucleare sicura, pulita e affidabile sulla superficie lunare, particolarmente necessaria durante la difficile notte lunare.

Una soluzione scontata se realmente si immagina di voler lavorare sul nostro satellite naturale e non calpestare un suolo di regolite esclusivamente per esibire il potere tecnologico dei Paesi o immaginare una insostenibile sovranità territoriale.

A quanto si apprende, i reattori americani sono stati ideati con specifiche flessibili e utilizzabili anche a fini commerciali; avranno un limite di peso inferiore a sei tonnellate metriche e una capacità di generare 40 kilowatt di potenza, sufficienti per supportare l’utenza di habitat lunari, rover, sistemi di backup e missioni di ricerca per dieci anni senza l’intervento umano, con rigorose misure di sicurezza per assicurare un buon funzionamento in generale. La Nasa fa sapere che una volta perfezionati i requisiti della progettazione di un sistema a basso rischio, il completamento della Fase 2 è prevista per il 2025. Il lancio dei primi elementi sarebbe indicato per i primi anni 2030.

Per quanto se ne stia parlando da tempo, noi vediamo in queste comunicazioni un giro di volta significativo dell’era spaziale: due alte tecnologie che si incontrano. Lo spazio ormai maturo per guadagnarsi da vivere deve produrre energia. E quindi superare nuove frontiere se vuole restare sul mercato e non rappresentare solo “un pezzo di storia” da tramandare alle prossime generazioni di studiosi.

Abbiamo sentito il parere di un esperto sullo stato dell’arte delle tecnologie nucleari da poter inviare sulla Luna: lo scienziato Mariano Tarantino, direttore della divisione Sicurezza e Sostenibilità Nucleare di Enea.

Ingegner Tarantino, è possibile tecnicamente installare una centrale nucleare sulla Luna?

Il nostro obiettivo è dimostrare la fattibilità di uno Space Nuclear Reactor che tra il 2030 ed il 2035 possa essere una realtà. Ma per un proposito così ambizioso devono essere modificati tutti i paradigmi di sistema usati fino ad ora. Quando immaginiamo una centrale nucleare sulla Terra, pensiamo subito ad un grosso impianto. Questo è il primo punto da scardinare. Le dimensioni devono essere drasticamente ridotte e si dovrà poter trasportare ogni sua parte. Insomma, per realizzare una centrale nucleare sulla Luna si deve pensare a moduli di piccolo ingombro, compatti e naturalmente di alta affidabilità, assemblati sulla Terra e portati già pronti in loco, per poi essere collocati in un punto prestabilito, probabilmente un cratere e avviati al funzionamento. Per far questo si studiano nuove tecnologie, nuove soluzioni e nuovi materiali.

I materiali da impiegare sono uno degli aspetti più innovativi dell’intera configurazione da realizzare sul nostro satellite naturale. Quanto tempo occorre per montare un sistema così complesso in un ambiente per molti aspetti ostile?

Indubbiamente la tempistica dipende da quello che si vuole realizzare e dalla potenza dell’impianto. Il montaggio finale dovrà essere completamente automatizzato. E questa è un’altra sfida.

Ma un impianto nucleare può funzionare senza l’atmosfera terrestre e con una gravità così diversa da quella del nostro pianeta?

La reazione di fissione nucleare di per sé non risente di alcun effetto gravitazionale. Perché è una ‘interazione forte’ che avviene a livello dei nuclei degli atomi. Dove interviene la gravità è sul raffreddamento del reattore nucleare, che sulla Terra avviene con acqua, gas, metalli liquidi o per conduzione attraverso i solidi; ma anche qui la gravità non ha un ruolo. Per la Luna si sta studiando una soluzione completamente innovativa. Per il momento la strada più convincente sono noccioli (la parte che contiene il cosiddetto combustibile nucleare) di dimensioni compatte, senza fluidi in movimento, che per conduzione trasmettono potenza a tubi di calore, tecnologia già ampiamente utilizzata per i satelliti e già adottata sui mezzi spaziali. Quanto all’atmosfera, gli impianti nucleari non sfruttano fenomeni di combustione e dunque non necessitano di aria esterna per produrre energia. Per lo smaltimento della potenza termica in ambiente, l’assenza di aria e di acqua si compensa sfruttando l’irraggiamento, lo stesso meccanismo con cui il sole riscalda la Terra.

Come si immagina il trasporto del combustibile necessario per alimentare una centrale sulla Luna?

Il trasporto di materiale nucleare avverrebbe in moduli incapsulati. In caso di una qualunque anomalia o di un fallimento del lancio all’interno dell’atmosfera, le capsule sono progettate per ricadere senza rischio di frangersi, lasciando intatto il contenuto. Stiamo studiando inoltre se tutta la carica si può stivare in un unico lancio o in più segmenti.

Una volta esauste, come si smaltiscono queste sostanze?

È una questione su cui si sta studiando una decisione adeguata: così come portare il materiale sulla Luna ha un costo, anche lo smaltimento esterno al corpo celeste impone un piano di spese. Una delle soluzioni potrebbe essere rappresentata dallo stoccaggio dei residui da alienare in un ambiente opportunamente protetto dalla regolite. L’operazione non rappresenterebbe un pericolo per gli abitanti “saltuari” della Luna: del resto le radiazioni cosmiche, già presenti nello spazio, inducono una radiazione di fondo ben più alta che non sulla Terra, schermata dall’atmosfera e dal suo campo magnetico.

Ecco, a proposito di sicurezza, che accade se un impianto nucleare si guasta sulla Luna?

Dobbiamo far chiarezza. Non ci sono le condizioni fisiche che possano portare ad una reazione nucleare a catena incontrollata. È la fisica che lo afferma. In caso di qualunque défaillance, che non potrà mai essere dell’intensità di un’esplosione nucleare, i meccanismi di sicurezza agiranno sul sistema evitando qualsiasi rischio. La collocazione dell’impianto in un sito sicuro e protetto naturalmente, garantirebbe inoltre la sicurezza anche in caso di rilascio di materiale radioattivo. Inoltre, come sappiamo, sulla Luna gli astronauti sono già provvisti di tutte le protezioni necessarie per proteggersi dalle radiazioni cosmiche.

Ing. Tarantino. Ma l’Italia può fare la sua parte in una progettazione così complessa?

L’Italia non è un Paese nucleare, manca di alcuni tasselli fondamentali come le tecnologie associate al ciclo del combustibile. Di conseguenza se vogliamo traguardare il 2030-2035, dobbiamo guardare ai progetti europei e internazionali. È doveroso però specificare che in Italia abbiamo competenze sulla progettazione nucleare e nel nostro Centro di Ricerche di Bologna abbiamo realizzato un polo di progettazione e analisi sui sistemi nucleari innovativi di rilievo internazionale. Nel nostro Paese, inoltre, deteniamo una expertise di rilievo nello sviluppo di tecnologie per lo spazio: la collaborazione fra ENEA e ASI si muove nella giusta direzione, con l’Italia che potrà giocare un ruolo importante nella progettazione e realizzazione di uno Space Nuclear Reactor.

Si conclude così il colloquio con Mariano Tarantino. Dalle sue parole si comprende che l’Italia ha promosso studi avanzati nelle applicazioni spaziali dell’energia nucleare. È una nuova porta che si apre sulla ricerca e sulle applicazioni di una scienza affascinante, piena di pregiudizi che rappresenta la sopravvivenza del futuro non solo sul nostro pianeta ma anche in quei nuovi continenti extra-atmosferici che si andranno ad esplorare.

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