L’energia nucleare è una “risposta strategica” alla “necessaria transizione ecologica”, all'”instabilità internazionale”, alla “dipendenza energetica” dell’Italia e dell’Europa e alla “volatilità dei prezzi del gas”, peraltro molto più alti sul mercato europeo rispetto, ad esempio, a quello statunitense. Lo ha detto il ministro delle Imprese Adolfo Urso, nel suo intervento al convegno #NucleareFuturo, organizzato da Confindustria e tenutosi il 16 luglio alla Camera dei deputati. Quella nucleare, ha aggiunto, è “una fonte necessaria che si può produrre nel nostro paese, nel nostro continente”.
All’evento è stato presentato lo studio Lo sviluppo dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale: le potenzialità per l’industria italiana degli Smr e degli Amr, realizzato da Confindustria assieme ad Enea, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
COSA SONO GLI SMR E GLI AMR
La sigla Smr sta per small modular reactor, cioè “piccoli reattori modulari”: si tratta di impianti molto meno grandi e potenti delle centrali tradizionali, che promettono però di essere più economici e più semplici da costruire e installare grazie – appunto – alla loro struttura modulare. Gli Amr, invece, sono gli advanced modular reactor, i reattori modulari avanzati di quarta generazione, una tecnologia diversa da quella – la terza generazione avanzata – attualmente in commercio e utilizzabile anche per scopi diversi dalla generazione elettrica, come la produzione di calore.
IL RUOLO DI NUCLITALIA
Lo scorso maggio Enel, Ansaldo Energia e Leonardo hanno formalizzato la costituzione di Nuclitalia, la società che si occuperà dello studio delle nuove tecnologie per l’energia nucleare e dell’analisi delle opportunità di mercato nel nostro paese. La capacità nucleare italiana è stata dismessa dopo il referendum del 1987, una decisione confermata nel 2011; tuttavia, una filiera è ancora presente.
COSA DICE LO STUDIO DI CONFINDUSTRIA SU NORME E LEGGI PER RIPORTARE IL NUCLEARE IN ITALIA
Per prima cosa, per riportare l’energia nucleare in Italia è necessario definire un quadro legislativo e normativo.
“Per ridurre i tempi di implementazione del programma nucleare”, si legge nel rapporto di Confindustria, “è necessario predisporre un assetto normativo snello, che si appoggi su accordi internazionali e sia allineato ai più elevati standard di sicurezza e di protezione dalle radiazioni promossi dall’Unione tra i propri Stati Membri, sulla base dei quali sia possibile riconoscere in Italia la validità di titoli e disposizioni rilasciati in altri Paesi”.
“Strumentale alla corretta implementazione del quadro normativo”, prosegue lo studio, “è l’istituzione di una Autorità di sicurezza nucleare competente e dotata di una effettiva indipendenza nei processi decisionali regolatori”.
QUALI TECNOLOGIE
“Il rilancio di un programma nucleare in Italia si baserebbe sugli impianti più moderni disponibili, delle cosiddette Generazione III+ e Generazione IV inclusi quelli di piccola taglia”. Da questa frase, dunque, Confindustria sembrerebbe essere favorevole all’apertura di centrali nucleari tradizionali, di terza generazione avanzata e di grossa taglia, in Italia: si tratta di una tecnologia già disponibile a livello commerciale, a differenza degli Smr e degli Amr. Più avanti nel rapporto, però, si legge che “l’attenzione andrebbe concentrata sui sistemi di piccola taglia ad acqua e veloci a piombo”.
A detta della confederazione, comunque, è “opportuno sviluppare e implementare quanto prima una flotta di reattori nucleari in Italia, che in una fase iniziale contempli il ricorso a sistemi Smr, in virtù della maggior maturità tecnologia, affiancati appena disponibili da sistemi Amr per poter beneficiare delle loro caratteristiche peculiari, sinergiche e complementari a quelle dei primi”.
I BENEFICI PER IL SETTORE INDUSTRIALE
“L’introduzione del nucleare in Italia, al fianco delle fonti rinnovabili, consentirebbe di raggiungere gli obiettivi ambientali e di sicurezza energetica riducendo gli oneri economici per gli utenti finali, stabilizzando e irrobustendo la rete elettrica, avvicinando la produzione ai grandi centri di consumo, e riducendo il consumo di suolo”, spiega lo studio.
Il nucleare, come l’eolico e il fotovoltaico, è una fonte a zero emissioni di gas serra; a differenza delle due, però, non produce energia in maniera intermittente – a seconda cioè delle condizioni meteorologiche -, ma stabile e continuativa.
“Il settore industriale potrebbe trarre amplissimo beneficio dall’introduzione del nucleare nel mix energetico”, spiega l’organizzazione degli industriali, “essendo oggi il principale consumatore tanto di energia elettrica (impiegando quasi il 40% circa dei consumi nazionali totali), quanto di calore prodotto in cogenerazione (riservandosi oltre l’80% del consumo totale), nonché forte consumatore di gas (e in prospettiva di idrogeno) per la produzione diretta di calore, specialmente in alcuni dei processi produttivi hard-to-abate che richiedono temperature molto elevate”.
Il nucleare è considerato particolarmente utile al rilancio della manifattura perché la struttura di costo di questa fonte energetica è dominata dalla fase di costruzione dell’impianto, mentre le spese per la gestione e per il combustibile sono marginali: ciò, di conseguenza, rende “il costo di produzione minimamente soggetto a volatilità”, garantendo prezzi stabili e certi alle imprese utilizzatrici.
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LA FILIERA NUCLEARE ITALIANA
“Oltre 70 aziende nazionali hanno continuato a operare in ambito nucleare”, scrive Confindustria nel rapporto. “L’esistenza di questo presidio può, se opportunamente supportato, fungere da volano per l’espansione della catena del valore nucleare nazionale, concretizzando uno dei principali fattori abilitanti per il riavvio di un programma nucleare in Italia. Ampio interesse è stato riscontrato tra molte imprese associate a Confindustria ad estendere il proprio business nel settore nucleare, acquisendo le competenze necessarie alla progettazione e allo sviluppo di componenti e sistemi per applicazioni nucleare”.
L’IMPATTO SULL’ECONOMIA E SUI POSTI DI LAVORO
Secondo le stime di Confindustria, l’avvio di un programma nucleare in Italia porterebbe alla creazione di 117.000 nuovi posti di lavoro, tra diretti e indiretti. “Circa 39.000 di questi sarebbero occupati direttamente nella filiera nucleare, con profili che spaziano dai professionisti ai tecnici”.
E ancora: “investire sul nucleare nel nostro Paese potrebbe produrre un impatto economico complessivo superiore a € 50 miliardi/anno e attivare circa 120.000 nuovi posti di lavoro entro il 2050”.