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Energia, chi gioca in Parlamento contro le imprese

Spunta un tetto per i crediti d’imposta che abbattono i costi energetici che ora il ministro Giorgetti vorrebbe eliminare. Ma il problema è che i soldi per gli aiuti sono finiti. Cosa succede in Parlamento con i crediti di imposta alle imprese energivore. L'analisi di Giuseppe Liturri

Doccia fredda sulle speranze delle imprese italiane di mitigare, almeno in parte, l’incremento dei costi di energia e gas nei primi due trimestri del 2022. Dopo che nella notte tra giovedì 30 giugno e venerdì 1 luglio era spuntata una “manina” che aveva aggiunto – durante l’esame in Commissione del Decreto Legge “Aiuti” (n. 50 del 17 maggio) – all’articolo 2 il comma 3-ter, secondo il quale “gli aiuti sono concessi nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato in regime de minimis”, sembrava che ci fosse ancora il tempo per rimediare.

L’effetto della norma è quello di far finire i crediti di imposta a favore di imprese energivore e gasivore (ma non solo) sotto la tagliola di un tetto di €200.000 per il triennio 2020-2022 che peraltro viene normalmente assorbito anche da altre misure agevolative. Insomma, un sostanziale stop al beneficio, con immaginabili conseguenze sui conti delle imprese, che non hanno tardato a farsi sentire con Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, secondo il quale è “inaccettabile che il decreto aiuti tagli o in alcuni casi azzeri il credito di imposta precedentemente concesso alle imprese danneggiate dal caro gas ed energia”, aggiungendo che “dal Governo assicurano che si sia trattato di un errore a cui verrà posto rimedio nel prossimo DL”.

Ci permettiamo di dubitare che si sia trattato di un errore. Infatti su tutti i crediti di imposta concessi finora aleggiavano le nubi della disciplina degli aiuti di Stato che oggi prevede unicamente l’ombrello fornito dal nuovo Quadro Temporaneo “Ucraina” del marzo scorso. Finora da Bruxelles non c’è stata alcuna comunicazione ufficiale circa la copertura di quell’ombrello anche a beneficio dei crediti di imposta oggi in discussione. Allora se qualcuno nottetempo ha introdotto il tetto del “de minimis”, ci permettiamo di ipotizzare che le trattative con la Direzione Concorrenza di Margrethe Vestager non stessero andando proprio nel verso giusto ed allora ha predisposto una effimera rete di salvataggio.

Da venerdì 1 fino a tutto mercoledì 6, ci si attendeva una correzione di rotta da parte del governo che avrebbe potuto, nel corso della discussione in aula, consentire l’approvazione di un emendamento correttivo. Invece le speranze sono cadute poco dopo le 14 di mercoledì, quando il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha annunciato la richiesta del voto di fiducia. Quindi il testo uscito dalle Commissioni è confluito in un articolo unico su cui oggi la Camera ha votato la fiducia, con voto finale sul testo calendarizzato per lunedì prossimo. Considerato che poi il decreto passerà al Senato per una conversione lampo blindata entro la scadenza del 16 luglio, i margini di intervento sono praticamente nulli.

È incerto pure quali siano i crediti d’imposta soggetti al tetto, proprio per l’infelice costruzione della norma. Infatti, l’articolo 2 riguarda modifiche ai crediti di imposta per le imprese gasivore (25%, art. 5 D.L. 17), per le imprese diverse da quelle energivore (15%, art. 3 D.L. 21) e per le imprese diverse da quelle gasivore (25%, art. 4 D.L. 21). Non è citato il credito di imposta per le imprese energivore (art. 4 D.L. 17) che, stando al tenore letterale, sarebbe escluso dal tetto. Non si capisce quale logica possa esserci, ma almeno un credito su quattro sembra salvo.

Aleggia il mistero anche sull’origine dell’ormai famigerato comma 3-ter che è stato introdotto da un emendamento (2.52) a prima firma dell’Onorevole Maurizio Lupi, poi riformulato dal governo con gli altri sette di identico contenuto. Com’è possibile che una norma di tale importanza sia potuta passare inosservata ai proponenti degli emendamenti, sia pure al termine di una seduta fiume conclusasi alle 4 del mattino? Chi si prende la responsabilità politica di giocare con i bilanci delle imprese italiane?

Il Decreto “Aiuti” è rimasto in esame presso le Commissioni della Camera per circa 40 giorni e si è sobbarcato pure l’onere di incorporare le norme del D.L. 80 del 30 giugno, alla cui conversione il governo ha rinunciato in partenza. È diventato così ancora più consistente rispetto al già corposo contenuto di 58 articoli con cui è arrivato alla Camera.

Per intenderci, si tratta del decreto che contiene il contributo una tantum di €200 per lavoratori dipendenti e pensionati e che oggi incorpora pure l’azzeramento degli oneri di sistema sulle fatture di energia elettrica e gas anche per il terzo trimestre e il bonus sociale per gli stessi costi. Mentre non reca traccia della proroga dei crediti di imposta soggetti al contestato tetto che, ad oggi, restano fermi ai primi due trimestri del 2022.

Di rilievo, c’è il prestito di 4 miliardi a favore del Gse per finanziare il riempimento rapido degli stoccaggi di gas. Sul fronte del superbonus e della cessione crediti, c’è la conferma della proroga fino al 31/12/2022 per i lavori nelle unità immobiliari singole ed una timida riapertura alla cessione, anche retroattiva, dei crediti di imposta da parte delle banche ai loro clienti con partita IVA.

Spicca anche il piano per la gestione dei rifiuti di Roma Capitale, tra cui il termovalorizzatore, che il M5S – a dispetto dei tanti mal di pancia, veri o presunti – sembra aver dovuto accettare.

Sulla questione del tetto “de minimis” è intervenuto già ieri il Ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, dichiarando che “il Mise ha già chiesto al Mef di correggere urgentemente la norma del limite sul de minimis sul tetto dell’energia. Bisogna correre urgentemente ai ripari”. Volontà ribadita oggi pomeriggio al Senato quando, rispondendo ad un’interrogazione a risposta immediata, Giorgetti ha aggiunto che “colgo anche l’occasione per ribadire l’intenzione di provvedere e rimediare all’introduzione del de minimis rispetto al riconoscimento del credito d’imposta alle imprese”. Strano governo quello in cui un ministro inserisce una norma e l’altro chiede di cancellarla. Ed in mezzo ci sono decine di migliaia di imprese.

Ora è finito tutto sotto la pietra tombale del voto di fiducia e restiamo in attesa che dal Mef diano seguito alla richiesta di Giorgetti. Prendere o lasciare.

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