Altro giro, altra corsa. Altre divisioni, interne al governo, altre proteste e nuove decisioni da prendere. Questa volta, al centro della querelle è il gasdotto EastMed, opera già approvata dai precedenti governi, finanziata in parte dall’Europa e che dovrebbe approdare (come la Tap) in Puglia.
La Lega si è detta favorevole alla realizzazione dell’infrastruttura ma il M5S, che ha già deluso le aspettative degli elettori sulla Tap e che potrebbe presto deluderle sul fronte Tav, prende tempo e per ora quanto meno nicchia. E c’è chi dice che abbiano un peso nella maggioranza le posizioni anti-francesi (il progetto è gradito a Parigi, tanto che la società è al 50% di Edison controllata dal gruppo statale francese Edf).
Risultato: il governo ha rinviato una decisione. Ma andiamo per gradi per ricostruire e approfondire il dossier
IL PROGETTO
Partiamo dall’inizio. EastMed prenderà avvio a circa 170 chilometri dalla costa meridionale di Cipro, sarà lungo 2 mila chilometri e trasporterà il gas estratto dai giacimenti israeliani e ciprioti nel Levante fino ad Otranto (circa 30 chilometri più a Sud di Melendugno, approdo della Tap), passando per Creta e la Grecia. Vanterà il tratto sottomarino tra i più estesi al mondo, 1.300 chilometri e avrà un costo totale superiore ai 6 miliardi di euro.
L’infrastruttura avrà la capacità di trasportare fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
I LAVORI
I lavori per la realizzazione del progetto, affidati ad Igi Poseidon, dovrebbero (meglio, sarebbero dovuti) iniziare nel giro di pochi mesi per concludersi in 5 anni.
I SOCI
Igi Poseidon SA è una joint venture al 50-50% tra la società greca DEPA SA ed Edison (gruppo Edf controllato dallo Stato con circa il 70%). La società – si legge sul sito – è impegnata nello sviluppo di progetti di infrastrutture per il gas nell’Europa sudorientale e sta attualmente promuovendo l’interconnessione Grecia-Bulgaria (IGB), il gasdotto Poseidon e il gasdotto del Mediterraneo orientale (EastMed).
L’OK DI BRUXELLES
Anche l’Unione europea aveva dato il benestare. Bruxelles, che crede nell’infrastruttura, ha già investito 100 milioni di dollari in uno studio di fattibilità per il progetto (che presenta importanti sfide tecniche dovute alle profondità dell’opera).
ITALIA AVEVA GIA’ DETTO SI’
Per l’Italia, è stato l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, nell’aprile del 2017, a mettere la firma per dire “Sì” al progetto, ma già nel 2011 la società IGI Poseidon ottenne il decreto di autorizzazione unica del ministero dello Sviluppo Economico che approvava il progetto definitivo e autorizzava la costruzione e l’esercizio dell’opera nella città di Otranto.
LA FIRMA DEFINITIVA
Entro la fine di marzo sarebbe dovuta esserci la firma dell’accordo definitivo tra Italia, Cipro, Israele e Grecia, ma il BelPaese prende tempo. Anzi, torna indietro.
SI RICOMINCIA
Come rivelano oggi Secolo XIX e La Stampa, dopo una lettera inviata da una trentina di associazioni ambientaliste al premier Giuseppe Conte, al Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio e al Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, l’esecutivo ha rinviato la firma, in attesa di una nuova valutazione di impatto ambientale.
OBIETTIVO ELEZIONI?
Che dietro questa attesa si nasconda la volontà di attendere le elezioni? Ad ipotizzarlo è anche un diplomatico che lavora per uno degli altri Paesi coinvolti: “Il governo italiano non ci ha fornito motivazioni concrete. La nostra impressione è che ci siano ragioni elettorali dietro questo stop e non un ripensamento sul merito. Ma non sappiamo ancora se dopo le elezioni qualcosa si sbloccherà”, ha detto il diplomatico al giornalista Marco Bresolin del quotidiano La Stampa.
LA LEGA DI SALVINI VUOLE EASTMED
Certo è che a voler prender tempo e a tentennare sulla realizzazione dell’infrastruttura è in particolare il M5S. Invece Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’Interno, come raccontato Start Magazine, aveva promosso l’opera e chiesto alle aziende italiane di investirci in occasione della sua visita a Gerusalemme, durante la quale ha incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu.
“C’è l’ipotesi di un gasdotto che aiuterebbe l’Italia e che da Israele potrebbe arrivare fino al Sud Italia. Chiederò alle nostre aziende e imprenditori di cooperare e collaborare”, aveva affermato il leader della Lega. “Avere maggiori forniture di gas e una gas e bolletta più bassa è una priorità. Credo in questo progetto, conto che vada avanti con partnership e investimento italiani. Non c’è alcun tipo di impatto ambientale, non vedo perché debbano sorgere ostilità. Sono in corso i lavori per la Tap, questo gasdotto andrebbe ad aggiungersi”.
MENO RUSSIA, PIU’ INDIPENDENZA
La costruzione del gasdotto avrebbe certamente importanti ripercussioni geopolitiche. L’opera cambierà gli equilibri dello scacchiere energetico mondiale, con l’Italia e l’Europa in generale sempre meno dipendente dalla Russia, secondo alcuni osservatori.
I PERCHE’ DELL’EVENTUALE NO
Fa notare un addetto ai lavori italiano: “Roma non ha un interesse smodato a pompare il gas israeliano nella pipeline, visto che ha già dato l’ok al Tap in cui sarà pompato anche gas russo, ha appena siglato con Algeri nuovi accordi e ha aperto la porta al rigassificatore per l’Lng statunitense. Inoltre Eni sta estraendo gas per l’Egitto con il quale ha in progetto di farne un vero hub anche come produttore di gas liquefatto”. Anche queste sarebbero le ragioni alla base dell’eventuale stop governativo.