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Francia Russia

Ecco come Macron al G7 ha lavorato sottobanco con l’Iran per favorire Total

Come si è mosso davvero il presidente francese Emmanuel Macron sul dossier Iran al G7 di Biarritz

 

Dopo l’arrivo a sorpresa del ministro degli Esteri iraniano, Mohammed Javad Zarif, al G7 di Biarritz domenica scorsa, potrebbero aprirsi nuovi scenari sui rapporti fra Teheran e Parigi, bruscamente interrotti dopo le nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti. E quello che si augura il presidente francese Emmanuel Macron, artefice dell’invito, ora che anche il presidente americano, Donald Trump, ha aperto a un incontro con l’omologo iraniano, Hassan Rouhani.

DOSSIER IRAN PER MACRON

Il bilaterale, secondo Macron, potrebbe avvenire già nelle prossime settimane. La Francia avrebbe tutto da guadagnare da un riavvicinamento Usa-Iran. In campo energetico, innanzitutto, con Macron che ha già ripreso nei giorni scorsi a parlare di petrolio con il governo di Teheran. Ed è facile immaginare il credito di cui la Francia godrebbe se l’embargo venisse ritirato. Total, il colosso petrolifero francese, è stato il primo operatore europeo a tornare in forze sul mercato iraniano dopo il ritiro del precedente embargo.

FRA TOTAL ED ENI

Se Eni ha limitato il suo interesse a una pre-selezione per l’aggiudicazione di alcune concessioni e non si concede rimpianti, Total è andata ben oltre: con un investimento di oltre un miliardo di dollari, nel 2017 ha fatto il suo ingresso con una quota del 50,1% nel giacimento di South Pars, il più grande e ambito del Paese islamico, per la fase di sviluppo numero 11.

LE MIRE DI TOTAL

Ma la permanenza è stata di breve durata e il 29 ottobre 2018, dopo aver tentato inutilmente di ottenere una deroga dagli Usa, Total ha cessato ogni operazione, lasciando l’Iran e cedendo la sua quota al gruppo cinese Cnpc, diventato cosi il primo operatore del giacimento super giant con l’80%.

IL CASO CINESE

Ma la controllata di Nioc Petropars, che detiene il restante 20%, non è soddisfatta della staffetta franco-cinese. E anche di recente il ministro dell’Energia, Bijan Namdar Zanganeh, si è lamentato della partnership di Cnpc, parlando di ambiguità e di scarso impegno dopo che i cinesi hanno chiesto, senza successo, di sospendere il progetto. «Se non faranno chiarezza, la loro quota verrà trasferita a Petropars», ha minacciato Zanganeh. South Pars è il progetto chiave della rincorsa iraniana sul mercato energetico mondiale.

LE PAROLE

Ovvio che le parole di Zanganeh vengano lette come un invito ad altre oil company a farsi avanti, perché Nioc da sola non è in grado di sostenere l’intera fase di sviluppo. La sponda che Total già intravede si spinge fino a una nuova tregua commerciale tra Usa e Iran, ma parte da elementi più concreti. Perché l’interesse per le riserve di gas e petrolio di Teheran non è mai venuto meno.

I DOCUMENTI

«Total continua a monitorare da vicino le misure che possano rappresentare un’eccezione alle sanzioni Usa», si legge nei documenti finanziari del gruppo. Ci si rifà a una determinazione del Dipartimento di Stato del 30 settembre 2010, che esclude dalla sanzioni alcune attività considerate storiche. Premesso che dal 2011 Total non ha più prodotto in Iran nemmeno una goccia di petrolio, la controllata Total Iran BV esiste ancora e mantiene una rappresentanza locale, con alcuni impiegati, il che comporta un pagamento annuale di circa 300 mila dollari in tasse all’amministrazione iraniana, versato rigorosamente in valuta locale sempre a causa delle sanzioni.

(estratto di un articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza; qui la versione integrale)

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