In una fase di profonda trasformazione del settore energetico globale, il petrolio sta affrontando un eccesso di offerta che abbatte i prezzi, portando benefici immediati ai consumatori ma creando seri problemi ai grandi paesi produttori.
Allo stesso tempo, il carbone continua a segnare nuovi record di consumo, dimostrando quanto sia ancora lontana una vera decarbonizzazione, nonostante il rapido avanzare delle rinnovabili.
Tra fattori geopolitici, scelte politiche e variabili climatiche, i due mercati raccontano storie contrastanti ma interconnesse.
COME VA L’OFFERTA DI PETROLIO
Il mondo del greggio vive oggi un momento di abbondanza senza precedenti. Come racconta Bloomberg, paesi come la Guyana – che solo pochi anni fa non estraeva nemmeno un barile – vedono ormai petroliere arrivare quasi ogni giorno per caricare greggio destinato a qualunque angolo del pianeta.
Allo stesso tempo, produttori storici come gli Emirati Arabi Uniti registrano flussi di esportazione ai massimi da anni. A questo si aggiungono le forniture russe, che nonostante le sanzioni continuano a trovare compratori, e l’aumento produttivo di Brasile, Canada, Argentina e Cina.
Risultato: un record di 1,3 miliardi di barili in transito per mare e un mercato chiaramente in surplus.
COME CALANO I PREZZI DEL PETROLIO
Il Brent ha perso circa il 20% del valore nel corso del 2025, scendendo intorno ai 60 dollari al barile: si tratta del più marcato calo annuale dalla pandemia.
Per i consumatori è una buona notizia. Negli Stati Uniti la benzina è scesa sotto i 3 dollari al gallone per la prima volta dal 2021, mentre in Gran Bretagna i prezzi medi di benzina e diesel sono ai minimi dal 2021.
L’agenzia di stampa sottolinea come questo ribasso agisca da vero e proprio “taglio fiscale” per le famiglie, aiutando anche politici come Trump, che in campagna elettorale aveva fatto della riduzione dei costi energetici un cavallo di battaglia.
Secondo Bloomberg Economics, ogni 10 dollari in meno nel prezzo del greggio può ridurre di 0,2 punti percentuali l’inflazione in paesi come Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.
Grandi trader come Trafigura prevedono che il Brent possa scivolare intorno ai 50 dollari a metà anno prossio.
GLI EFETTI SUI PRODUTTORI DI PETROLIO
L’eccesso di offerta previsto – fino a 3,8 milioni di barili al giorno nel 2026 secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia – mette invece in seria difficoltà le economie più dipendenti dal petrolio.
L’OPEC+ ha già deciso di sospendere ulteriori aumenti produttivi nel primo trimestre 2026.
Bloomberg mette in evidenza le difficoltà dell’Arabia Saudita: Riad, che per bilanciare i conti ha bisogno di prezzi vicini ai 90 dollari, sta emettendo debito a livelli record e valuta di ridimensionare alcuni progetti di Vision 2030.
Anche negli Usa, nonostante la politica pro-produzione di Trump, colossi come Exxon e Chevron stanno tagliando migliaia di posti di lavoro.
La geopolitica resta però una variabile imprevedibile: un’escalation in Ucraina o Venezuela potrebbe far rimbalzare i prezzi in qualsiasi momento.
IL NUOVO RECORD DEL CARBONE
Se il petrolio soffre l’abbondanza, il carbone dimostra invece una resistenza sorprendente.
Secondo il Financial Times, la domanda globale raggiungerà quest’anno le 8,85 miliardi di tonnellate, in aumento dello 0,5% rispetto al 2024 e toccando un nuovo massimo storico.
Le rinnovabili hanno pure fatto un passo avanti importante: nella prima metà del 2025 l’elettricità prodotta da fonti pulite ha superato per la prima volta quella da carbone, grazie soprattutto al boom del solare. Eppure la transizione resta lenta e irregolare.
LE PERFORMANCE DEL CARBONE
L’incremento di circa 40 milioni di tonnellate registrato quest’anno è dovuto in gran parte agli Stati Uniti, dove alcune centrali hanno ottenuto esenzioni da norme ambientali e il carbone è tornato competitivo rispetto al più caro gas naturale.
In Europa, invece, venti deboli e una minore produzione idroelettrica hanno frenato il calo della domanda, limitandola a un modesto 2%.
Il quotidiano della City evidenzia come in Cina – di gran lunga il maggiore consumatore mondiale di carbone – la domanda resti sostanzialmente stabile grazie agli ingenti investimenti in eolico e solare, ma potrebbe risalire se la crescita della richiesta elettrica superasse le attese o se le rinnovabili rallentassero.
GLI SCENARI
L’IEA prevede che la domanda di carbone entri in una fase di plateau e scenda del 3% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2025, con un progressivo phase-out nelle economie avanzate e uno spostamento del baricentro verso Asia, dove India e Indonesia continuano a fare affidamento sul carbone per sicurezza energetica e processi industriali.
Il Ft però avverte: previsioni passate dell’IEA si sono spesso rivelate troppo ottimistiche, e variabili come il meteo, le scelte politiche cinesi o la velocità di sviluppo delle rinnovabili introducono ancora grandi incertezze.
Petrolio e carbone, dunque, dipingono un quadro complesso: da un lato un mercato in difficoltà economica, dall’altro un altro che resiste ostinatamente.




