Fa un salto di qualità la vicenda degli opachi rapporti tra l’Ue e le Ong, utilizzate strumentalmente per influenzare l’opinione pubblica a favore del Green Deal e di altri obiettivi. Fino a ieri si conoscevano solo gli importi e i beneficiari di tali somme; da qualche giorno, grazie ad un’indagine dei giornalisti tedeschi del quotidiano Die Welt si conoscono anche i dettagli tenuti scrupolosamente segreti.
Il sasso nello stagno è stato lanciato col titolo dell’edizione del fine settimana («La potente lobby ombra dell’UE»), seguito domenica dal
Il fatto è che da documenti riservati visionati integralmente dai giornalisti tedeschi risulta che la Commissione Europea abbia stipulato degli accordi, con contenuto mantenuto segreto e a fronte di lauti compensi, con alcune ONG per perseguire obiettivi in materia di decarbonizzazione e sostegno al Green Deal o sabotare accordi commerciali. In questi contratti segreti c’erano tutti i dettagli operativi per consentire alle Ong (utilizzate strumentalmente) il conseguimento degli obiettivi della Commissione.
Si arricchisce così di un altro inquietante capitolo la vicenda di cui già da qualche mese avevano riferito il quotidiano olandese De Telegraaf e in Italia il quotidiano La Verità. Ma ora emergono dei dettagli che aumentano il livello di allarme: la segretezza e le finalità più o meno inconfessabili.
Infatti è bastata una gola profonda negli uffici di Bruxelles, a cui Die Welt ha garantito l’anonimato, per descrivere un modus operandi estremamente grave. I giornalisti tedeschi hanno potuto visionare questi accordi il cui livello di segretezza era così elevato che potevano essere letti solo a video, non era possibile stampare nulla, così come cercare termini al loro interno. Ogni 30 minuti, le pagine scomparivano dal monitor e dovevano essere ricaricate, per rendere, di pro
Pur con queste difficoltà, a pagina 77 di un documento firmato lasera del 7 dicembre 2022 da funzionari della Commissione Europea a Bruxelles e che doveva restare segreto, i giornalisti del Die Welt hanno carpito dettagli clamoro
Tale attività nasce dal fatto che nel 2020 il Bundestag ha deciso l’uscita dal carbone entro il 2038. Tuttavia, i funzionari di Bruxelles ritenevano questa scadenza insufficiente. “La data del 2038 per l’uscita dal carbone non è compatibile con l’obiettivo di 1,5 gradi dell’Accordo di Parigi ed è quindi troppo tarda”, si legge in un accordo con l’ONG “Client Earth”. “Nel prossimo anno, pianifichiamo di continuare il nostro lavoro per contrastare il carbone in Germania, al fine di anticipare l’uscita del Paese dal carbone.”
Quando, solo pochi mesi prima, a fine settembre, 40 attivisti avevano occupato la centrale di Jänschwalde, in Brandeburgo e si erano incatenati a binari e nastri trasportatori, costringendo a spegnere metà dell’impianto, essi godevano già dell’appoggio dei funzionari della Commissione che, con quel contratto segreto, volevano incoraggiare altre iniziative simili.
Un totale di 15 milioni di euro all’anno in sussidi, messi a disposizione delle ONG dalla Commissione negli ultimi anni, con alcune singole organizzazioni che hanno ricevuto fino a 700.000 euro. In cambio, dovevano combattere contro i “nemici” della Commissione, tra cui energia fossile, glifosato e altri pesticidi e l’accordo commerciale Mercosur con il Sudamerica. Le campagne congiunte erano pianificate nei minimi dettagli. Un lobbismo occulto in perfetta regola.
La prima a segnalare l’irregolarità di questi accordi è stata l’influente eurodeputata della CSU Monika Hohlmeier che a Die Welt ha dichiarato che “l’acronimo ONG non deve essere una carta bianca per un uso arbitrario e incontrollato dei fondi pubblici”. Aggiungendo che “Attualmente, la trasparenza sull’uso dei fondi e sulle fonti finanziarie di alcune ONG non è adeguatamente garantita”. Le accuse sono chiare, con tanto di nomi e cognomi: “è deplorevole che, sotto gli ex Commissari Virginijus Sinkevič
Il caso della Ong Client Earth, è emblematico. Nel contratto con la Commissione c’era l’impegno a contrastare “determinate centrali a carbone” e, a tale fine, L’organizzazione avrebbe contestato le autorizzazioni amministrative per le emissioni e l’uso dell’acqua, fino a intentare cause contro le imprese del settore. Il fine ultimo era quello di far diventare estremamente oneroso e rischioso possedere e gestire una centrale a carbone. Il tutto pianificato di nascosto tra la Commissione e una Ong, alle spalle del governo e dei contribuenti tedeschi. Peraltro in totale spregio del principio della separazione dei poteri, perché il potere esecutivo ha usato denaro pubblico per influenzare le decisioni dei legislatori.
Stesso schema operativo, nel caso dell’accordo doganale Mercosur. A dispetto dell’attività condotta dal cancelliere federale Friedrich Merz e dalla Direzione Generale Commercio della Commissione a favore di questo accordo, la Direzione Generale Ambiente remava in direzione opposta. Per farlo, ha ingaggiato nel 2022 l’ONG Friends of the Earth con la quale il contratto stabiliva che come “risultato a medio termine, l’accordo Mercosur nella sua forma attuale sarà bloccato”. Per conseguire tale obiettivo, l’ONG doveva evidenziare le “conseguenze dannose per i diritti umani e l’ambiente” durante almeno “tre incontri con eurodeputati” e “due incontri con rappresentanti della Commissione”, inclusi quelli della “DG Trade”, la divisione per il commercio. Il tutto per la cifra di 700.000 euro.
L’elenco delle Ong beneficiarie di queste somme per finalità almeno opache è lungo. L’associazione Bankwatch ha ottenuto 422.000 euro, il European Environmental Bureau (EEB) e la Health and Environment Alliance (HEAL) 700.000 euro ciascuna. La Commissione specificava sempre esattamente cosa dovevano fare. HEAL, ad esempio, doveva combattere il glifosato e i PFAS, sostanze chimiche di lunga durata, alcune tossiche. Come prova del lavoro, erano richiesti 50-80 tweet e incontri con 4-6 eurodeputati prima delle votazioni su normative chimiche.
In un altro caso, la Commissione Europea si è affidata all’ONG European Federation for Transport and Environment (T&E) per imporre le auto elettriche come veicoli aziendali nell’UE. Nel 2023, l’ONG ha ricevuto 700.000 euro nell’ambito del programma LIFE, secondo Table Media, che cita accordi concreti. Alla voce “risultati attesi” nel contratto si legge: “T&E organizzerà almeno cinque incontri con deputati per discutere le nostre raccomandazioni per il prossimo mandato”.
Giovedì Die Welt ha pubblicato la risposta della Commissione, giunta poche ore dopo l’uscita dell’articolo, che è, come al solito, quella di fare finta di non capire. Infatti da Bruxelles sostengono che “non esistono contratti segreti con le Ong”, ma “accordi di finanziamento integrati da programmi di lavoro”. Ma a Bruxelles non possono non sapere che quando c’è una prestazione e una controprestazione, per definizione, c’è un contratto. I cui contenuti non si capisce perché debbano essere così segreti da essere posti dietro un muro informatico non banale. Perché questa scarsa trasparenza?
Ma in Germania la marea sta montando con le prime reazioni, raccolte dal quotidiano Tagesspiegel che domenica ha ripreso larghi tratti dello scoop del Die Welt e ha raccolto il parere di Günter Krings, vice presidente del gruppo parlamentare della Cdu per gli affari legali. Krings ha dichiarato che le autorità pubbliche dispongono di numerosi strumenti di controllo amministrativo qualora ritengano che le normative ambientali non siano rispettate. “Se la Commissione Europea ha invece incaricato e pagato ONG per condurre campagne e azioni legali contro imprese industriali o agricoltori, ciò supera chiaramente il confine dello stato di diritto, le cui circostanze devono essere chiarite rapidamente e a fondo. Se le accuse fossero confermate, bisogna garantire che ciò non si ripeta mai più e, in ogni caso, hanno causato un grave danno all’immagine dell’UE.”
Obiettivi illegittimi perseguiti in modo poco trasparente, di fronte ai quali il “danno d’immagine” sembra essere l’ultimo dei problemi. Il grande rilievo sulla stampa tedesca, con l’intervento di importanti esponenti della Cdu, lascia intendere che la vicenda è appena agli inizi.
È bastato un piccolo squarcio nel velo che copre l’operato della Commissione per avere solo una prima pallida idea della qualità e delle finalità dell’istituzione a cui abbiamo incautamente affidato buona parte del potere esecutivo.