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Asia

Tutti i problemi della proposta di Draghi sul tetto al prezzo del gas

Le idee di Draghi sul tetto al prezzo del gas e le obiezioni di Sergio Giraldo, esperto di energia

È stata rimandata ad ottobre la discussione in seno al Consiglio europeo sul tetto al prezzo del gas, su cui tanto insiste il governo di Mario Draghi. L’Olanda, in particolare, avrebbe espresso dubbi sulla reale fattibilità del price cap all’italiana. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, non prima di aver consigliato a chi è interessato al tema di leggere con attenzione la segnalazione ARERA 252/2022/I/GAS del 13 giugno, fondamentale per comprendere la reale situazione.

Per grandi linee si è compreso che il tetto si applicherebbe soltanto al gas proveniente dalla Russia, il cui prezzo, come ha spiegato l’Autorità per l’energia italiana ARERA, è in gran parte indicizzato al mercato TTF. Gli acquirenti europei continuerebbero ad acquistare il gas russo al prezzo variabile indicizzato al TTF, ma nel caso in cui tale prezzo superasse una certa soglia, da variabile questo diventerebbe fisso e pari alla soglia stabilita (per esempio 60 euro a megawattora). Il tetto potrebbe anche cambiare nel tempo, a seconda delle condizioni di mercato. Ricordiamo che la Russia ha smesso di vendere gas a breve termine in Europa dall’aprile 2021 e dunque tutti i volumi che arrivano oggi in Europa attraverso i gasdotti dalla Russia sono relativi a contratti di lungo termine.

L’idea alla base del tetto al prezzo del gas è che l’Europa può costituire un monopsonio, poiché acquista circa l’80% del gas venduto dalla Russia via gasdotti. Nella teoria economica, in una situazione di monopsonio, di fronte a una applicazione di un prezzo più basso da parte del compratore, il venditore accetterebbe le nuove condizioni perché preferirebbe guadagnare un po’ meno piuttosto che non guadagnare affatto. Qui solleviamo la prima obiezione al ragionamento: l’Europa è davvero nelle condizioni di mettere tutto sul piatto e fare una scommessa di questo genere? Cosa succederebbe se la Russia dicesse di no e bloccasse i flussi immediatamente? Si tratta di un paese in guerra, che potrebbe bene rispondere alla sfida in modo strategico e non su un piano strettamente economico. Mosca sa che l’Europa si sta staccando dalle sue forniture e potrebbe decidere che gli incassi maturati sin qui possono bastare. La sensazione è che l’Europa stia sottovalutando la capacità della Russia di resistere e sopportare condizioni economiche avverse anche estreme.

Proviamo però a superare questa prima obiezione e supponiamo che le cose vadano come Mario Draghi vorrebbe. Ipotizziamo cioè che la Russia accetti l’imposizione di un prezzo massimo da parte del quasi-monopsonio europeo. Per avere senso e dare un sollievo concreto al compratore, il tetto dovrebbe essere abbastanza basso rispetto alle condizioni attuali, diciamo 60 euro a megawattora contro gli attuali 120. Cosa succederebbe sul mercato?

Poiché il tetto si applicherebbe solo al gas dalla Russia, il mercato TTF continuerebbe ad esistere così com’è. Qui la seconda obiezione: il prezzo che si forma tutti i giorni sul TTF è un prezzo fissato al marginale dal gas liquido (LNG). Poiché quello del LNG è un mercato mondiale in cui la domanda è trainata dall’Asia in forte crescita, il prezzo al TTF rimarrebbe, come è ora, legato a quello del LNG. Di per sé l’applicazione del tetto al gas russo non influirebbe sulla formazione del prezzo al TTF, che rimarrebbe alto.

Ma ignoriamo anche questo rilievo e proseguiamo. A questo punto, le aziende titolari dei contratti di importazione avrebbero in portafoglio gas russo a un prezzo fisso inferiore a quello di mercato. Tralasciando i problemi legati alle posizioni già acquisite da queste aziende, la terza obiezione è la seguente: cosa impedirebbe agli importatori di rivendere all’ingrosso il gas russo al prezzo del TTF, incamerando così una cospicua differenza? Cosa impedirebbe un arbitraggio che avvantaggia solo i titolari dei contratti di import rispetto al resto del mercato? L’unico modo per farlo sarebbe quello di obbligare gli importatori ad applicare condizioni economiche imposte nella rivendita del gas. Cioè gli stati dovrebbero entrare nei conti economici delle aziende importatrici, imponendo controlli per isolare contabilmente il flusso del gas russo, separandolo dal resto del portafoglio di contratti, ed imponendo un ulteriore prezzo massimo di rivendita di quel gas. La quarta obiezione che ne consegue è: per quanti passaggi tra operatori dovrebbero valere queste condizioni imposte? Chi controllerà, e come, che effettivamente si adempia? E come sanare l’asimmetria tra chi ha la disponibilità di gas russo e chi non ce l’ha? Il mercato di fatto risulterebbe soppresso, a tempo indefinito.

Altri ancora sarebbero i punti critici. Resta da capire per quale motivo insista su questo tema un governo come quello di Mario Draghi, che è certo capace di valutare le difficoltà emergenti dalla proposta. Difficile pensare che sia un modo di prendere tempo, sperando che i prezzi prima o poi scendano per effetto della distruzione della domanda. Dunque, perché? Per aziende e famiglie, ogni giorno che passa con prezzi così alti significa perdita di competitività e di potere di acquisto. In assenza di un’azione immediata, il dibattito di ottobre a Bruxelles rischia di svolgersi sulle macerie di un disastro economico fin troppo annunciato.

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