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Perché il mercato dell’idrogeno sta crollando

Nonostante il forte entusiasmo iniziale e il sostegno pubblico, il mercato dell'idrogeno pulito non è riuscito a partire e le aziende stanno cominciando a sospendere o cancellare i loro progetti: gli acquirenti non sono disposti a spendere tanto per un combustibile "sostenibile". Numeri e dettagli.

L’aumento dei costi, l’incertezza normativa e soprattutto la carenza di acquirenti ha portato alla cancellazione o alla sospensione, nel 2025 finora, di quasi sessanta grandi progetti di idrogeno low-carbon, cioè a basse emissioni di CO2: con questa espressione si intende sia la variante “verde”, ottenuta con l’elettricità da fonti rinnovabili, sia quella “blu”, prodotta dal metano ma catturando gran parte delle emissioni con dei macchinari appositi.

Stando ai dati raccolti da S&P Global, i progetti in questione, se ultimati, avrebbero avuto complessivamente una capacità produttiva annua di 4,9 milioni di tonnellate, che equivale a più di quattro volte tanto la capacità installata globale di idrogeno “pulito”.

LE AZIENDE CHE ABBANDONANO I PROGETTI

Tra i progetti abbandonati o sospesi ci sono anche quelli di due grosse compagnie petrolifere, la britannica Bp e la statunitense ExxonMobil: la prima ha rinunciato agli investimenti negli impianti in Oman, nel nord-est dell’Inghilterra (a Teesside, nello specifico) e in Australia; la seconda, invece, ha sospeso un sito produttivo in Texas che sarebbe potuto essere uno dei più vasti al mondo.

Ma l’elenco delle aziende rinunciatarie prosegue: come riportato dal Financial Times, negli ultimi diciotto mesi anche le compagnie petrolifere Equinor (norvegese) e Shell (britannica), il gruppo siderurgico ArcelorMittal e la società elettrica svedese Vattenfall hanno cancellato o posticipato i loro progetti sull’idrogeno.

IL PROBLEMA DELL’IDROGENO PULITO È CHE COSTA TROPPO

Il problema delle varianti di idrogeno verde e blu è che sono parecchio più costose sia dei combustibili fossili, sia della tipologia “grigia”, quella derivata dal metano ma senza la cattura delle emissioni rilasciate durante il processo. Non essendoci domanda per l’idrogeno low-carbon – gli acquirenti non sono disposti a pagare tanto per un prodotto più “sostenibile” -, i produttori non sono incentivati a investire nell’efficienza produttiva, che porterebbe a un abbassamento dei prezzi dell’offerta: l’esito di questo circolo vizioso, dunque, è la cancellazione o la sospensione dei progetti.

Dal 2000 a oggi risultano cancellati, inattivi o bloccati oltre trecento iniziative sull’idrogeno low-carbon, secondo Wood Mackenzie.

L’EUFORIA PER L’IDROGENO SI È GIÀ SGONFIATA?

L’idrogeno low-carbon viene spesso presentato come una soluzione alla decarbonizzazione delle industrie difficili da elettrificare, come la siderurgia e l’aviazione, perché è in grado – almeno in teoria – di sostituire i combustibili fossili. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, alla fine del 2024 erano stati annunciati oltre 2600 progetti sull’idrogeno pulito nel mondo, specialmente in paesi ad elevato potenziale solare ed eolico come l’Australia.

Stando all”Hydrogen Council, un ente di rappresentanza composto da tante compagnie petrolifere come ExxonMobil e Saudi Aramco – che utilizzano l’idrogeno grigio nei loro processi di raffinazione degli idrocarburi, per esempio -, sono stati investiti più di 110 miliardi di dollari in circa cinquecento progetti sull’idrogeno a livello globale.

IL PROBLEMA DELLE INFRASTRUTTURE

Al di là di annunci e potenzialità teoriche, l’idrogeno pulito – quello verde, in particolare – ha un problema concreto con i costi di produzione. È stato per via dei costi elevati se, lo scorso giugno, ArcelorMittal ha cancellato i piani di conversione all’idrogeno delle acciaierie di Brema e Eisenhuttenstadt, in Germania: un progetto che la società ha ritenuto sconveniente nonostante gli aiuti pubblici da 1,3 miliardi di euro.

Oltre ai costi, c’è un problema con le infrastrutture, ad oggi in larga parte assenti. L’idrogeno, infatti, può essere trasportato su lunghe distanze ma è complicato da conservare: sia perché il rischio di fughe è elevato, sia perché richiede temperature molto basse e cisterne ad alta pressione.

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