In occasione della presentazione del WEO 2024, la IEA ha sottolineato la necessità di maggiori investimenti nelle infrastrutture elettriche per supportare la crescente penetrazione delle fonti rinnovabili (FER). Lo ha fatto inserendo una valutazione sui costi che merita di essere riportata: “Per far sì che l’energia pulita continui a crescere a ritmo sostenuto, sono necessari investimenti molto maggiori in nuovi sistemi energetici, in particolare nelle reti elettriche e nell’accumulo di energia. Oggi, per ogni dollaro speso in energia rinnovabile, 60 centesimi vengono spesi in reti e accumulo, evidenziando come le infrastrutture di supporto essenziali non stiano tenendo il passo con le transizioni verso l’energia pulita. Una decarbonizzazione sicura del settore elettrico richiede che gli investimenti in reti e accumulo aumentino ancora più rapidamente rispetto alla generazione pulita e che il rapporto di investimento si riequilibri a 1:1”
La stabilità della rete e la necessità di avere l’elettricità quando serve e non quando viene prodotta, sono due requisiti imprescindibili: quando la rete era “passiva” e monodirezionale, alimentata da fonti di energia dispacciabili, era ragionevolmente facile ottemperare a queste due richieste. Ma con la crescente penetrazione delle FER non dispacciabili, eolico e FV tra tutte, il mantenere queste due caratteristiche diventa sempre più difficile e costoso. Ma quanto costoso?
Per anni, valutando la competitività delle rinnovabili, si è parlato prima di grid parity, costo di produzione paragonabile al prezzo dell’elettricità dalla rete, e poi di generation parity, costo di produzione paragonabile al costo di produzione di fonti “tradizionali”.
È invalso quindi l’uso pressoché esclusivo di un parametro come il LCOE (levelized cost of elecricity) per il confronto tra diverse tecnologie di generazione.
Questi confronti non tengono però in considerazione l’aumento dei costi per adattare la rete alla crescente penetrazione delle FER, nonché della necessità di avere l’elettricità’ quando serve e non quando c’è il sole e/o il vento: considerando anche questi costi addizionali, ma necessari, si potrebbe definire “parità del valore” col KWh tradizionale. Per venire incontro a questa esigenza, diversi ricercatori hanno proposto parametri più estesi del LCOE, come il System LCOE, che considera i costi aggiuntivi necessari all’adattamento del sistema elettrico.
Valutare questi costi, per poter quindi finalmente parlare di value parity, non è facile perché essi dipendono da molteplici fattori quali la magliatura della rete presa in considerazione, la penetrazione della potenza rinnovabile in questione, la variazione oraria della domanda, gli accumuli già disponibili e quelli aggiuntivi necessari, la localizzazione degli impianti rispetto ai maggiori centri di domanda, ed altri ancora.
Quanto affermato dall’IEA semplifica i calcoli ed offre una valutazione per cui questi costi devono essere dello stesso ordine dei costi delle FER stesse. Ciò comporta, in prima approssimazione, che il costo del KWh prodotto da alcune FER non dispacciabili dovrebbe essere moltiplicato per due per un confronto “ad armi pari” col costo del KWh delle fonti in grado di produrlo e garantirlo quando viene effettivamente richiesto.
A fronte di tale maggiore equilibrio nel confronto, vi è il tema della allocazione dei costi, che riveste natura più politica in senso lato. Chi deve farsi carico dei maggiori costi per reti ed accumuli, resi necessari dalle caratteristiche delle FER? La scelta è tra tre opzioni:
- allocare i costi sui produttori di elettricità dalle stesse FER non dispacciabili che originano il problema, così da poter entrare sul mercato con un costo pieno del KWh;
- attribuire i costi al sistema, dunque alle bollette dei clienti finali che utilizzano l’elettricità comunque prodotta;
- socializzare i costi trasferendoli sulla fiscalità generale.
Quale che sia, una scelta consapevole e trasparente su questo è auspicabile, considerato che il problema esiste e la sicurezza del sistema dipende anche da questo.