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Eolico Offshore, Simone Togni Anev

Cosa spira sull’eolico offshore. Parla Togni (Anev)

Conversazione di Energia Oltre con Simone Togni, Presidente di ANEV, l’Associazione nazionale energie del vento, sullo stato dell’arte dell’eolico offshore in Italia e le mosse del governo sulle energie rinnovabili

“Malato di gigantismo. Se il settore dell’energia eolica è in crisi la colpa è anche dell’enorme, rapidissima crescita delle dimensioni (e quindi della potenza) degli impianti”. Si apriva così un’analisi del Sole 24 Ore del weekend sulle problematiche dell’eolico offshore a livello globale. In tutta risposta, l’associazione italiana ANEV(Associazione Nazionale Energie del Vento) ha diramato un comunicato per allontanare “visioni troppo ottimistiche o troppo riduttive o sensazionalistiche”. Per fare un punto sulla questione, allora, abbiamo interpellato il Presidente Simone Togni, rieletto alla guida di ANEV la scorsa estate.

Presidente, cosa c’è di vero e di non vero nell’analisi che voi come associazione avete contestato?

Il tema vero è che sulla tecnologia dell’eolico offshore, in particolare per il settore italiano, si chiacchiera un po’ troppo in libertà. E’ un’applicazione – quella offshore – di una tecnologia – quella eolica – che vede criticità industriali, infrastrutturali e relative alla parte di logistica estremamente complesse. Banalizzarle attraverso i ragionamenti fatti ci sembra rischi di inquinare il discorso proprio quando si sta decidendo come supportare la crescita di questo settore, come sviluppare una filiera nazionale in Italia.

Dire che la taglia media degli aereogeneratori mette in crisi l’industria mondiale del settore è verosimile ma nella realtà è un qualcosa di diverso. Le aziende che stanno sviluppando macchine per impianti di grande taglia stanno investendo miliardi di euro per arrivare a economie di scala e per rendere il settore efficiente. Ci riusciranno tra qualche anno. Ciò che lascia perplessi, poi, è stato accomunare la situazione di una azienda mondiale dell’eolico [Siemens Gamesa, ndr] che ha avuto un problema su macchine per l’onshore, un qualcosa di totalmente diverso e di circostanziato, sul quale si sta già intervenendo. Inoltre, tutti gli effetti di criticità indicati come i tempi lunghi di posa dei cavi, delle materie prime, sono tutte cose vere ma già risolte nei processi di sviluppo del nostro Paese. Se prendiamo l’obiettivo dei 6 gigawatt citato da altre associazioni è chiaro che non lo raggiungeremo mai. Ma prendiamo il Pniec, che al 2030 prende un dato di 2,5GW, e che secondo noi è sì ancora un po’ ottimistico ma possibile già a tecnologie attuali.

Non serve, quindi, fare sensazionalismi. Questa è la problematica. Serve equilibrio, conoscere le questioni e dire che al 2030 gli obiettivi sono raggiungibili ma occorre un quadro normativo stabile sin da oggi, iniziando a lavorare tutti nella stessa direzione. Come? Realizzando le infrastrutture portuali, la rete che Terna sta già realizzando, consentendo alle industrie del settore per realizzare i nuovi aereogeneratori tramite ricerca e sviluppo. Di tutto questo parleremo il 19 e 20 dicembre in quattro sessioni alle quali interverranno anche i ministri dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso, delle Infrastrutture Matteo Salvini e della Ricerca Anna Maria Bernini.

Cosa pensa ANEV del lavoro di questo governo sulle rinnovabili?

Il primo anno è passato, molte cose si sono fatte: sono stati avviati processi come il FER 2, FER-X, il decreto aree idonee, le semplificazioni. Ma alcuni iniziano a soffrire ritardi preoccupanti sui quali ci aspettiamo un’accelerazione, come per il FER 2 e il FER-X. Mentre sul decreto aree idonee ci sono criticità significative da risolvere: l’idea di mettere una fascia di rispetto di 3km solo per l’eolico, lo abbiamo dimostrato, non consente di rispettare gli obiettivi.

In secondo luogo, il fondo da 200 milioni di euro pagato dagli operatori e destinato alle Regioni, oltre al 3%, avrebbe senso se venisse concepito come un premio non per fare il proprio lavoro ma per qualcosa di extra.

Infine, non comprendiamo come funzioni l’attività dei fondi per la Commissione Via, pagati dalle aziende. Ci piacerebbe che fossero tutti per la commissione e che venga fatta un’operazione di trasparenza su dove vanno questi soldi.

Tornando al quadro sull’eolico offshore, qual è lo stato dell’arte in Italia anche rispetto agli altri paesi europei?

Nel Mediterraneo, l’eolico italiano offshore è floating, cioè galleggiante. Che sconta un ritardo tecnologico rispetto a quello tradizionale, più economico. Crediamo che il governo si debba concentrare su queste nuove soluzioni tecnologiche, vicine all’industrializzazione, sia per dare risposte positive alla transizione energetica ma anche per sviluppare l’industria nazionale. Concentrarsi sulla riduzione delle criticità anziché fare chiacchiere da bar sarebbe molto più strategico.

Pubblicato su Energia Oltre

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