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Eolico Offshore

Perché la Corte dei conti Ue ferma il vento all’eolico offshore

Secondo la Corte dei conti europea, la Commissione non ha valutato gli effetti ambientali dell'eolico offshore. Ecco cosa succede ora. L'articolo di Sergio Giraldo.

La Corte dei conti europea avverte: le energie rinnovabili offshore sono essenziali per la transizione ecologica, ma la Commissione europea non ha valutato adeguatamente i potenziali effetti sull’ambiente delle pale eoliche in mezzo al mare. Inoltre, secondo la Corte, le implicazioni socioeconomiche dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore non sono state studiate in maniera sufficientemente approfondita. Un’altra tirata d’orecchi, l’ennesima, agli azzeccagarbugli di Bruxelles.

GLI OBIETTIVI EUROPEI SULL’EOLICO OFFSHORE

Gli obiettivi dell’Unione europea in tema di energia eolica prodotta in mare sono molto sfidanti o, come si dice a Bruxelles, ambiziosi. Si tratta di installare 61.000 megawatt (MW) di capacità produttiva entro il 2030, quando al momento siamo fermi a poco meno di 16.000. In sette anni, dunque, si dovrebbero installare in media 6.500 MW ogni anno di nuova potenza elettrica.

L’obiettivo di potenza installata al 2050, poi, è oltre ogni record possibile: 340.000 MW. Ad oggi ne mancano solo 324.000. Anche ipotizzando che davvero al 2030 ci possano essere 61.000 MW di capacità installata, vorrebbe dire che tra il 2030 e il 2050 in Europa bisognerebbe installare comunque ancora 14.000 MW di capacità eolica offshore ogni anno.

DOVE ANDRANNO LE TURBINE MARINE?

Probabilmente, però, nessuno sa dove, visto che le aree geografiche marine in cui ha senso mettere le torri per l’energia eolica non sono poi così tante. Le energie rinnovabili offshore possono essere generate dal vento (con turbine fissate al fondale e galleggianti), dagli oceani (sfruttando il moto ondoso o le maree) e da pannelli fotovoltaici galleggianti. Attualmente, in Europa esiste praticamente solo la tecnologia eolica. Di tutti i paesi dell’Unione, la Germania conta la maggiore capacità offshore (8.100 MWa fine 2022, prevalentemente nel Mare del Nord), seguita da Paesi Bassi (3.200 MW), poi Danimarca e Belgio (entrambi attorno ai 2.300 MW).

In Italia ci sono alcuni progetti in fase di sviluppo in alcune aree marine. I campi di energia eolica hanno senso se insistono su aree geografiche in cui esiste una ventosità media significativa, in grado di far muovere le pale eoliche per un certo numero di ore all’anno e ricavare così energia elettrica da vendere all’ingrosso per rientrare degli investimenti e avere un profitto. In Italia le aree marine idonee non sono molte, mentre il Mare del Nord, molto ventoso, è già parecchio affollato e lo sarà sempre di più.

L’IMPATTO AMBIENTALE DELL’EOLICO OFFSHORE

In merito all’impatto ambientale, la Corte del Lussemburgo afferma che la creazione di grandi impianti eolici in mare può avere effetti negativi pesanti sulla biodiversità. Secondo la strategia della Commissione per lo sviluppo dell’eolico offshore, questa richiederà meno del 3% della superficie marina europea. Quindi, in teoria, l’impatto ambientale sarebbe contenuto. Però, gli impianti sono dati in concessione per un periodo massimo di 40 anni, dunque vi possono essere effetti di lungo periodo sull’ambiente marino nel quale insistono le torri eoliche. Tra gli effetti negativi, le collisioni di uccelli con gli impianti e la variazione delle rotte di transito degli stessi. La variazione della qualità dell’acqua dovuta al rilascio di contaminanti, l’effetto di spostamento della fauna marina dovuto al rumore subacqueo e alle fondazioni delle torri eoliche. Poi il degrado del fondale marino e il cambiamento dei modelli migratori a causa delle modifiche al campo elettromagnetico. La Corte conclude che non vi sono ancora analisi sufficienti per valutare l’impatto negativo sull’ambiente marino. La Corte ritiene che, date le attività umane esistenti in mare e la portata del previsto dispiegamento delle rinnovabili offshore, l’impronta ambientale sulla vita marina possa essere significativa e non sia stata presa sufficientemente in considerazione dalla Commissione e dagli Stati membri.

L’IMPATTO SOCIALE

Riguardo alle implicazioni sociali dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore, la Corte afferma che né la Commissione né gli Stati membri si sono preoccupati di tenere conto dei possibili effetti di uno sviluppo così imponente.

È la stessa Ue a dire nel documento COM(2020) 741che le energie rinnovabili offshore saranno sostenibili solo se non avranno un impatto negativo sulla coesione sociale. È vero che il settore può dare lavoro a migliaia di persone, ma nessuno a Bruxelles si è preoccupato di verificare l’impatto sulla pesca, sia in termini economici che di occupazione. Inoltre, l’accettazione dei grandi parchi eolici in mare da parte delle popolazioni costiere non è scontata. Anzi, in Francia lo sviluppo di diversi campi eolici è stato frenato e contestato da residenti, pescatori e persino ONG ambientaliste, più realiste del re (per una volta, però, non a torto).

La Corte conclude che gli obiettivi sono molto ambiziosi e irrealistici, che non c’è stata una adeguata valutazione dell’impatto sociale di un così violento sviluppo delle rinnovabili offshore e che l’impatto degli impianti sull’ambiente marino non è stato né analizzato né fronteggiato in qualche modo.

Ancora una volta, la Corte con sede in Lussemburgo mette il dito nella piaga e mostra, dati alla mano, il pressapochismo con cui a Bruxelles si procede, tra slogan, ideologia e dannosi estremismi.

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