skip to Main Content

Acciaio Ucraina

Quanto peserà la guerra in Ucraina sull’acciaio

Tutte le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina sulla produzione di acciaio, anche in Italia. L'analisi di Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity.

 

Il conflitto in Ucraina ha aggravato la già complessa situazione della produzione di acciaio in Europa, con problemi alla filiera dovuti ai nuovi stop alle importazioni di materie prime di ghisa, di cui l’Ucraina è grande esportatore, e di brame di acciaio.

AUTONOMIA RIDOTTA

“Non c’è grande disponibilità di questi materiali, l’autonomia dei Paesi importatori è già ridotta e il problema riguarda sia l’Ucraina che la Russia, per ragioni diverse”, ragiona, in un colloquio con AGI, Gianclaudio Torlizzi, direttore generale della società di consulenza finanziaria T-Commodity.

MERCATO DELL’ACCIAIO IN SOFFERENZA

“La guerra ha ulteriormente complicato un mercato che già soffriva per ragioni strutturali. Gli stop alla filiera sta pesando sulle acciaierie, comprese quelle italiane, perché’ il livello delle scorte è molto basso e l’autonomia è ridotta”.

Oggi, come conseguenza della situazione in Ucraina, ArcelorMittal ha alzato il prezzo del laminato a caldo di 180 euro a tonnellata a 1.150 a tonnellata, “solo un esempio delle conseguenze di una situazione che si sta aggravando ora dopo ora”, spiega Torlizzi.

LA SITUAZIONE IN UCRAINA E IN RUSSIA

“Da un lato per l’Ucraina lo stop alle forniture è legato principalmente al blocco dei porti e sta provocando carenze sia di ghisa che di brame d’acciaio. Per la Russia, invece, i problemi sono legati soprattutto alle conseguenze del blocco di alcune banche russe dal circuito Swift, con l’impatto sulle lettere di credito delle società”.

LE CONSEGUENZE IN ITALIA

Le conseguenze si sentono anche in Italia, dove “Acciaierie in Italia ha bloccato le vendite, non con un intento speculativo, ma perché non sanno quando avranno materia prima per produrre nuovo acciaio”, aggiunge l’esperto.

COSA FARE

Ora si sta cercando di ovviare al blocco dell’import di materie prime, “andando su altri mercati, come il Brasile, ma un po’ come per quanto riguarda l’energia, pensare di poter fare a meno da domani dei Paesi coinvolti nel conflitto è velleitario. Questa situazione, che si va a sommare ad altri fattori storici di tensione, ripropone la necessità di tutelare il siderurgico”, aggiunge Torlizzi.

Per farlo, ragiona l’esperto, servono due azioni principali: un piano energetico ad hoc e la protezione dei produttori italiani: “Il primo passo verso piano siderurgico nazionale deve essere legato a piano energetico diversificato, ma deve anche passare per la tutela della materia prima siderurgica, togliendo il rottame dalla Turchia che beneficia di leggi molto più lasche sull’ambiente, lontane dai nostri tentativi di tutelare l’impatto ambientale della produzione. Inoltre è fondamentale ridare dignità produttiva a Ilva e Piombino. Si tratta di condizioni fondamentali per arginare i pericoli legati a queste improvvise carenze”, conclude l’analista.

Back To Top