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E’ fattibile il piano di Confindustria sull’energia?

Cosa ha detto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, sui prezzi dell'energia e le difficoltà dell'automotive nella sua relazione all'assemblea annuale dell'organizzazione.

Nella sua relazione all’assemblea annuale di Confindustria, svoltasi stamattina a Bologna, il presidente Emanuele Orsini ha ribadito la richiesta di un disaccoppiamento dei prezzi dell’energia elettrica da quelli del gas naturale, in modo da garantire bollette meno care alle aziende e tutelare la competitività dei settori cosiddetti “energivori”, come la siderurgia.

“Le nostre imprese”, ha detto Orsini, “continuano a subire un sovraccosto energetico che supera il 35 per cento del prezzo medio europeo e che arriva anche a toccare punte dell’80 per cento, nel confronto con i maggiori paesi europei”. Stando a uno studio di Confindustria, ad aprile il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso in Italia è stato di circa 100 euro al megawattora, molto più alto rispetto alla Germania (77,9 €/MWh), alla Francia (42,2 €/MWh) e soprattutto alla Spagna (26,8 €/MWh).

“I consumi industriali italiani rappresentano il 42 per cento del fabbisogno elettrico nazionale (125 TWh) e per le imprese il prezzo dell’energia viene calcolato in base al costo dell’elettricità prodotta con il gas. La produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta il 45 per cento dell’elettricità messa in rete, ma non concorre alla formazione di un prezzo più competitivo per l’industria”, ha aggiunto.

LA PROPOSTA DI CONFINDUSTRIA PER ABBASSARE LE BOLLETTE

Per abbassare le spese per l’energia elettrica alle imprese, Confindustria propone il disaccoppiamento in bolletta tra prezzo del gas e prezzo delle rinnovabili.

“L’Autorità dell’Energia ha calcolato che gli incentivi alle rinnovabili ammontano, fino ad oggi, a 170 miliardi di euro. Incentivi pagati da famiglie e imprese attraverso le loro bollette”, ha detto Orsini. “Dopo tutti gli incentivi per le rinnovabili, noi non possiamo più accettare di continuare a pagare l’energia al prezzo vincolato a quello del gas. Per questo dobbiamo entrare subito nella logica del disaccoppiamento”.

È POSSIBILE IL DISACCOPPIAMENTO DEI PREZZI DI ELETTRICITÀ E GAS?

Non è chiaro, tuttavia, come dovrebbe realizzarsi nel concreto questo disaccoppiamento. Non solo in Italia, ma a livello europeo il prezzo dell’elettricità non viene determinato dalla fonte utilizzata per generarla – come le rinnovabili o il gas, appunto – bensì dall’ultima centrale ad avere accesso alla rete ogni ora. Questo ordine di accesso è basato sul costo marginale: ha la priorità, cioè, l’energia prodotta con i costi marginali più bassi. Gli impianti eolici e fotovoltaici hanno costi marginali praticamente nulli, visto che il vento e il sole sono gratis; una centrale a gas, invece, ha un costo marginale molto più elevato, che è dato dal prezzo del combustibile fossile.

Nel concreto, in Europa l’ultima centrale per ordine di accesso alla rete è quasi sempre una centrale a gas, che con la sua produzione stabile è in grado di soddisfare la domanda in qualunque ora.

Non è possibile, per l’Italia, abolire il sistema del prezzo marginale perché una manovra del genere richiederebbe una riforma di tutte le borse dell’Unione europea, che funzionano allo stesso modo. È possibile però ridurre la quota del gas nel mix di generazione elettrica, in modo che le centrali alimentate con questo combustibile rappresentino la fonte marginale per un minore numero di ore durante la giornata. È possibile inoltre incoraggiare la firma di power purchase agreement tra i produttori e i compratori di energia elettrica, ovvero dei contratti di lungo termine a prezzi fissi e più vantaggiosi. È possibile, infine, introdurre il nucleare, che non ha bisogno – a differenza  dei parchi eolici e fotovoltaici – di essere costantemente affiancato da impianti dall’output stabile come quelli a gas.

A proposito di rinnovabili e nucleare, Orsini ha detto che il governo dovrebbe evitare di delegare la politica energetica alle Regioni, le quali pongono “ostacoli di ogni tipo proprio alle rinnovabili. E bisogna”, ha aggiunto, “accelerare il ritorno al nucleare con i piccoli reattori modulari, molto meno invasivi e più sicuri delle centrali di vecchia generazione e capaci di fornire quell’elettricità di continuità che serve all’industria e che le rinnovabili intermittenti non possono fornire”.

CONFINDUSTRIA CONTRO GLI ONERI DI SISTEMA E L’ETS

Oltre al disaccoppiamento, Confindustria propone di ridurre le spese per gli oneri generali di sistema non solo nelle bollette degli utenti in bassa tensione, ma anche a quelle delle piccole e medie imprese industriali (in media tensione).

Orsini ha invitato anche a “battersi in Europa per sospendere l’Ets, visto che consumo ed emissione di CO2 pesano a loro volta in bolletta elettrica tra i 25 e i 35 euro a MWh”. Ets sta per Emissions Trading System, vale a dire il sistema comunitario per lo scambio delle quote di emissione di anidride carbonica.

Infine, Confindustria ha proposto lo snellimento e l’accelerazione delle procedure dell’Energy Release e della Gas Release. L’Energy Release, semplificando, è un provvedimento che consiste nella cessione alle aziende di energia elettrica a prezzi calmierati da parte del Gestore dei servizi energetici; in cambio, queste aziende si impegnano a costruire degli impianti rinnovabili. Il Gas Release, similmente, è uno strumento per la fornitura alle imprese di gas naturale a prezzi regolamentati, più convenienti di quelli di mercato.

IL PENSIERO DI MELONI CONTRO IL CARO-ENERGIA

“Il governo è perfettamente consapevole dell’impatto che i costi energetici hanno sulle famiglie e sulle imprese, soprattutto su quelle di piccole e medie dimensioni. E lo sappiamo anche perché dall’inizio di questo governo abbiamo stanziato circa 60 miliardi di euro, l’equivalente di due leggi finanziarie, per cercare di alleviare i costi”, ha dichiarato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo intervento all’assemblea di Confindustria.

“È evidente”, ha però specificato Meloni, “che continuare a cercare di tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione”.

La presidente ha poi anticipato che il governo sta “lavorando a un’analisi del funzionamento del mercato italiano per comprendere se eventuali anomalie nella formazione del prezzo unico nazionale possano essere la causa di aumenti ingiustificati, perché sarebbe inaccettabile se ci fossero speculazioni sulla pelle di chi produce e crea occupazione”.

COSA HA DETTO ORSINI SULLE AUTOMOBILI

Relativamente all’automotive, un altro comparto tradizionale italiano (ed europeo) in sofferenza, Orsini ha chiesto alle autorità europee di rivedere l’impianto del Green Deal affinché segua il principio della neutralità tecnologica: il divieto all’immatricolazione di vetture con motore termico, ad esempio, porterebbe con sé il rischio “di cedere quote di mercato sempre maggiori ai concorrenti cinesi”, molto avanti nel comparto della mobilità elettrica.

“Non possiamo indebitare i costruttori europei costringendoli ad acquistare le quote di CO2 da Byd e Tesla. Tutto questo per rispettare i vincoli europei che ci siamo autoimposti. È una vera pazzia. Non vogliamo buttare via gli investimenti miliardari fatti per trasformare il diesel in un motore pulito e performante. Come non vogliamo costringere gli automobilisti ad usare auto elettriche di altri continenti”, ha detto Orsini.

Rivolgendosi al governo italiano, invece, il presidente di Confindustria ha chiesto l’introduzione di strumenti di supporto alla filiera automotive.

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