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Pnrr BEI

Come dibattono (e si dividono) gli Stati Ue sulla spinta della Bei alle energie rinnovabili

L'approfondimento di Alessandro Sperandio

 

La scelta da compiere è di quelle storiche per la Bei, la Banca europea per gli investimenti. E naturalmente è fondamentale per i paesi europei che la sostengono: impiegare tutte le risorse a favore delle rinnovabili con l’obiettivo di allineare i target dell’istituto con quelli dell’agenda 2030 dell’Onu e con quelli dell’accordo di Parigi, oppure continuare a finanziare anche le fonti fossili?

TUTTO RIMANDATO A OTTOBRE

Il primo round di discussioni è andato in scena la scorsa settimana a Zagabria, registrando un nulla di fatto: “Le deliberazioni dettagliate sul nuovo progetto di politica di prestiti energetici dovrebbero riprendere alla prossima riunione del Consiglio di amministrazione che si terrà a Lussemburgo il 15 ottobre”, ha scritto la Bei in una nota. “Nelle prossime settimane forniremo ampi chiarimenti e assicurazioni per garantire un pacchetto equo ed equilibrato di sostegni per tutti gli Stati membri durante la transizione energetica e continueremo la discussione in ottobre”, ha aggiunto sempre nella nota Andrew McDowell, vicepresidente della Banca europea per gli investimenti con supervisione responsabilità per l’energia.

NON TUTTI I PAESI UE SONO ALLINEATI SULLA DECISIONE

La Banca europea per gli investimenti è la più grande banca pubblica internazionale del mondo e negli ultimi 5 anni ha erogato oltre 49 miliardi di euro per investimenti nel settore energetico. Il problema principale che si pone di fronte alla scelta tra rinnovabili e fossili, è dato dal fatto che non tutti i paesi europei sono allineati sulla stessa lunghezza d’onda ma il prossimo 13 ottobre durante l’Ecofin e poi nel corso del Board of Directors del 15 ottobre della Bei dovranno comunque trovare una quadra, Italia compresa che con il suo 16% di quota all’interno della Bei, è uno dei maggiori contributori dell’istituto assieme a Germania, Francia e Regno Unito. “La più grande banca multilaterale del mondo negli anni ha finanziato con centinaia di miliardi di euro progetti energetici, buona parte legati a carbone, petrolio e gas. Per fare un esempio: in Italia, anche per progetti come i gasdotti sono arrivati in un decennio 108 miliardi. Nel solo 2018 abbiamo usufruito di 8,5 miliardi di nuova finanza, pari allo 0,5% del Pil, fondi che hanno sostenuto 77.500 Pmi e 897mila posti di lavoro”, si legge su Affari&Finanza di Repubblica.

IN BALLO DECINE DI MILIARDI DI EURO PER LA BEI

“Per l’Italia parteciperà la dottoressa Gelsomina Vigliotti. La funzionaria dovrà riportare le indicazioni del governo, quelle che già nell’Ecofin, quando i ministri si incontreranno, dovrebbero emergere. Se Francia e Spagna hanno già lasciato intendere di appoggiare la scelta della Bei e il Regno Unito sembra astenersi, Germania e Italia ad oggi appaiono come le più indecise – si legge su Repubblica -. Questo perché in ballo ci sono decine di miliardi di euro di finanziamenti che, a partire dal 2021, per progetti non solo di gasdotti o legati all’importazione di prodotti petroliferi, non arriverebbero più. Una scelta non semplice per un paese ‘a tutto gas’ come il nostro”.

ITALIA E SPAGNA IMPANTANATE SUL RUOLO DEL GAS

Secondo quanto ha ricostruito Ansa la scorsa settimana, infatti, tra i motivi del rinvio vi sarebbe proprio il ruolo del gas naturale. “Paesi come Italia e Spagna vorrebbero vedere continuare i finanziamenti su una fonte fossile che rilascia meno Co2 per unità di energia prodotta e può essere utile come fonte di transizione. Altri come la Francia sono contrari. La discussione sarà probabilmente anche parte dell’Ecofin informale”, ha evidenziato l’agenzia.

IL LIVELLO DI INVESTIMENTI PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA EUROPEA SALIRÀ A 520-575 MILIARDI ANNUI

Nella bozza di 41 pagine sulla prossima politica di finanziamenti della Bei, passata attraverso una serie di consultazioni online avviate nel marzo scorso, l’istituto si propone di “raddoppiare i miliardi di euro della decade 2011-2020 (229 miliardi) passando a 396 miliardi l’anno per il periodo 2021-2030. E per gli anni successivi il livello di investimenti per la transizione energetica europea salirà a 520-575 miliardi annui. Bei si pone dunque come capofila per il finanziamento delle fonti rinnovabili che entro il 2030 in Europa dovranno fornire almeno il 32% di energia al Vecchio continente”, si legge ancora nella bozza.

COSA DICE LA BOZZA DI4 DOCUMENTO DELLA BEI

La Banca intende “rafforzare il dialogo con gli Stati membri per esaminare in che modo i suoi servizi di prestito e di consulenza possano essere più efficaci nel sostenere i piani energetici e climatici nazionali. Analogamente, al di fuori dell’Unione, alla luce dei contributi determinati a livello nazionale, le attività della Banca si concentreranno sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e degli obiettivi dell’accordo di Parigi”, scrive la Bei. Non solo. “La decarbonizzazione dell’approvvigionamento energetico per raggiungere gli obiettivi del 2030 richiede almeno il raddoppio dell’attuale capacità di produzione di energia rinnovabile nell’UE. In stretta collaborazione con la Commissione europea e altri partner, la Banca si adopererà per sostenere l’integrazione del mercato dei progetti di energia elettrica rinnovabile e una maggiore cooperazione regionale. È inoltre necessario sostenere altri tipi di energie rinnovabili (riscaldamento rinnovabile), la produzione e l’integrazione di gas a basse emissioni di carbonio (come l’idrogeno) e di combustibili a basse emissioni di carbonio. La Banca rafforzerà i suoi servizi di consulenza tecnica e finanziaria ai promotori di progetti e alle autorità pubbliche che cercano di aumentare i programmi di investimento. Infine, cercherà di sostenere lo sviluppo di un approvvigionamento interno sostenibile di materie prime critiche necessarie per la trasformazione”, conclude il documento.

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