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Comuni Appennino Frane Asmel

Come proteggere i comuni a rischio frane?

L’Italia sempre a rischio frane. Cosa chiede al Governo l'Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali 

L’Appennino meridionale si estende per circa per 70 chilometri quadrati. Interessa 7 Regioni e 1.662 Comuni: tutti ad alto rischio idrogeologico. Uno stato di calamità naturale perenne che angoscia milioni di persone. D’altra parte l’Italia ha l’80% delle frane di tutta Europa e il 91% dei Comuni è in pericolo. Da quanto sentiamo dire che bisogna intervenire, investire risorse, aggiornare (quando non prepararli ex novo) i piani di risanamento? Se n’è tornato a parlare nella prospettiva del Recovery Plan del governo. 75 miliardi di euro per il green, ha detto Conte, con una parte per il dissesto dei territori. Per colmare ritardi di anni, che non assolvono nessuna parte politica.

In ogni parte d’Italia i ritardi hanno provocato lutti e tragedie. Vicende burocratiche miste a furberie, rimaste nella memoria collettiva nazionale. Spesso anche di più della tristissima perdita di vite umane. Ma se il potere centrale si muove poco, le organizzazioni territoriali si difendono e attaccano. L’Asmel (Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali) con 3.300 enti locali aderenti, nei giorni scorsi ha firmato con il Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale un accordo per la messa in sicurezza dei territori. Vogliono creare piani di investimento, misure concrete, stabilire tempi certi per le opere necessarie. Se non è una supplenza alla burocrazia centrale ci manca poco. I due enti lavorano ad un modello articolato a forte caratterizzazione ambientale. Se funzionerà, lo si potrà sperimentare in altre zone d’Italia non meno vulnerabili della parte centro meridionale.

“I Comuni –dice Francesco Pinto, Segretario Generale Asmel – devono essere al centro delle scelte delle opere da realizzare. Ma oggi sono chiamati a meri adempimenti slegati da ogni pianificazione dei fondi, calata dall’alto senza alcun appiglio alle esigenze del territorio”. È la constatazione di un deficit organizzativo, che trascura poi una verità assai semplice: i sindaci sono coloro che conoscono i territori. Di questi tempi, poi, mentre riconosciamo il loro impegno contro l’epidemia Covid 19, ci viene ricordato che in quanto a frane, smottamenti, crolli ,il governo li ignora. Bisogna intendersi, perché quando sono bravi e concreti, i primi cittadini difendono patrimoni naturali e storici mortificati da speculazioni e inefficienze di cui come italiani siamo campioni. Davanti all’intesa appena firmata per un bel pezzo d’Italia impareremo anche a non giudicare questi enti territoriali volenterosi, come strutture superflue, ma necessarie a svuotare il politichese della sostenibilità.

“L’Accordo firmato con Asmel – ha detto Vera Corbelli, segretario dell’Autorità del Bacino – rafforza e potenzia una rete per favorire una più rapida risposta in termini di sicurezza del territorio”. Va certamente bene. Ma se ci pensassero di più anche nei Ministeri ed enti collegati, nessuno se ne dispiacerebbe. Poi le attestazioni di solidarietà o di cordoglio si fa sempre in tempo a spedirle. L’Italia tutta è a rischio idrogeologico, costellata da bellezze e attività umane. Ci prepariamo ad un inverno malinconico a lungo bloccati in quartieri e borghi che vorremmo più tutelati. Quanto ai soldi del Recover Plan, di cui dicevamo, per ora nulla è certo. Ci aspettiamo una corsia finalmente accelerata per mettere insieme terra, acqua, alberi, case. Né più, né meno, l’ambiente in cui viviamo. Paurosamente dimenticato da decenni.

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